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A Papa Wojtyla
A Sebrenica, come ho scritto qualche giorno fa, ai tempi del papato di Karol Wojtyla ed alla faccia dell’O.N.U., venne, sistematicamente, perpetrato, da “abborraciate” formazioni paramilitari, di matrice cristiana, un vero e proprio genocidio (circa 10,00 furono i trucidati ufficialmente accertati) a carico della minoranza musulmana della città e dei dintorni.
Tant'è che, recentemente, la corte suprema europea dell’Aja, ha emesso un giudizio, pesantissimo, contro le truppe olandesi dell’organizzazione internazionale, colà schierate, con compiti d'interposizione, che non fecero nulla per scongiurare il massacro.
Su questa falcidie razzista, ho scritto ben due “compisizioni” di doloroso sdegno, siccome, in altre occasioni, ho “trattato”, in versi, anche sulle pagine di questo stesso palinsensto, delle stragi compiute dai fondamentalisti islamici, contro persone, inermi, d’altre religioni, in varie parti dell’Europa e del mondo, addirittura, sollecitando Papa Bergoglio, che, ammiro profondamente, a proclamare una vera e propria crociata contro i fondamentalismi islamici.
Ebbene, mentre la prima composizione titolata “Sebrenica”, è uscita qualche giorno addietro, l’altra, titolata “A Papa Wojtyla”, esce oggi quale inedita “rampogna” contro un Vescovo di Roma, ormai fatto santo, che, ai tempi di quei massacri, a mio parere, non fece tutto quel che avrebbe potuto, per impedire quel genocidio, siccome, Pier Paolo Pasolini, a suo tempo, per un fatto infinitamente meno grave, ossia, la morte d’un “baraccato”, finito sotto un tram ai mercati generali di Roma, che conduceva vita miserrima, in un tugurio, ubicato accanto al Vaticano, ritenne politicamente, socialmente e moralmente colpevole, Papa Pio XII, perché peccatore non è tanto chi, magari senza rendersene conto, fa del male, bensì, chi, potendo, invece, fare del bene non agisce di conseguenza per impedirlo, lasciando che atri lo compiano.
A PAPA WOJTYLA
Perché mai questo Papa, di razza slava, che gira tanto il mondo, a portare la parola di Dio anche a chi non la chiede, anche a chi non crede; che ogni giorno ci costringe, dagli schermi del Paese, alla pena di vederlo e sentirlo salmodiare al vento; che ci fa pure tanta tenerezza, per l'incerto, tremolante incedere, con cui si conduce, incespicando, perché non si reca in Kosovo? Perché, invece, di procedere, la notte del Venerdì Santo, per le vie dell'Eterna città, non percorre, a ritroso, come un pastore di uomini, passo dietro passo, famiglia dietro famiglia, vittima dietro vittima, vecchi, donne, bambini che fuggono disperati, affamati, stremati, violati e spogli, la terribile “via crucis” dei profughi albanesi, sequestrati, scacciati, scannati dai Serbi? Perché, invece di parlare ai sordi, non interpone
la sua autorevole figura, la sua mistica esistenza, la sua parvente santità, il suo vecchio corpo, malandato e prossimo alla fine, tra vittime e carnefici, tra despoti e schiavi, offrendosi in sacrificio, per fermare il massacro? Chi mai terrebbe coraggio, arrischiando d'aver contro il mondo intero, ogni etnia, ogni fede, ogni uomo credente o libero, di fermare, colpire, insultare, respingere, ferire, magari, addirittura, uccidere questo figlio di Dio in terra, per farlo desistere dalla salvezza d'un popolo, d'una nazione, che anela solo alla libertà ? Perché, invece d'implorare chi non è in grado, per la durezza del suo cuore, d’udire neppure le trombe di Gerico, non interrompe, con il martirio, con il suo martirio, l'Olocausto? Perché, invece, di mandare a Milosevic eminenti e colti prelati, ricchi di pinguedini e sorrisi, non gli scaglia contro furenti maledizioni, siccome avrebbe fatto il suo Cristo, che scacciava i mercanti dal tempio e preconizzava l'Inferno a chi soperchiava gli inermi, a chi recava scandalo ai bimbi? Questa è la posta in giuoco, Wojtyla! La sola e tragica, che, da sempre, si ripete! La sola, che uomini, animali feroci t'impongono: vincere o morire per una causa ch’è sacra da sempre: la salvezza del gregge dal lupo, la certezza d’una vita comune, libera e condivisa, per milioni di negletti. Null'altro! Ogni gesto, che non sia questo, se non è insipienza, è solo viltà,
di fronte al mondo, ossia la complicità penosa di chi, mentre i carnefici sgozzano gli “agnelli” e mozzano loro le teste, facendone strame, invece d'agire subitamente e direttamente contro questi scellerati, prende tempo per meditare e mediare, predisporre inutili diplomazie, indugiare, colpevolmente, nella falsa speranza d'un miracolo, che non verrà. D'un miracolo che, per millenni, da quando Mosè
fendette il mare, e sempre che questo sia veramente accaduto, mai più ha soccorso un popolo. Questo è il tuo delitto, Wojtyla! Ed additare la guerra come un male assoluto e irredimibile, quale segno di diaboliche malvagità, la guerra che, per uomini liberi, è l'unica difesa con cui rispondere
e contrastare l'empietà di chi impone il crimine, come sistema
e costume di vita, è solo una tragica ipocrisia che grida scandalo al cospetto di Dio.
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