Angiolino, l'ultimo dei "Luna Chiara"
Era un giorno di primavera del lontano 1954 quando mio fratello Carlo si propose di dare al Giglio un’orchestra composta di soli gigliesi.
Da quel momento Angiolino, Ilio e Vasco presero l’abitudine di frequentare assiduamente la nostra abitazione di via Regina 3, a Giglio Castello, per prepararsi al debutto. In casa, avevamo un radiogrammofono con occhio magico (tra i pochissimi presenti in quegli anni sull’isola) che rappresentava per il gruppo, l’unica fonte sonora da cui ascoltare e apprendere i motivi musicali italiani e stranieri per poi eseguirli con i loro strumenti.
Le prove dei pezzi musicali da esibire, composti di circa trenta “canzonette” (come familiarmente le definiva il quartetto) erano molto complesse per le tipologie dei vari ritmi (beguine, mambo, rumba, tango, calipso ecc.) e per l’interpretazione “sincopata”, cioè con il timbro che doveva caratterizzare ogni singolo brano.
Carlo alla fisarmonica, i due fratelli Landini (Angiolino e Ilio) uno alla batteria, l’altro alla tromba e Vasco al sax contralto. I vari spartiti musicali in chiave di violino provenivano dall’acquisto presso la ditta Olmi di Grosseto, mentre le versioni per gli strumenti in Mi b. oppure in Si b., erano adattate da Carlo o da Vasco. Quasi ogni sera gli elementi del nuovo gruppo musicale si riuniva davanti a quel “Totem” elettrico per imparare a interpretare le “canzonette” che poi avrebbero dovuto suonare in pubblico. Angiolino non aveva ancora una batteria (che acquistò più tardi) ma in quelle prime prove, cercava di ritmare i vari brani con il tamburello e con uno dei piatti della locale banda musicale, prestati all’occorrenza da “barroccio” (Doriano Rossi) e da Andreini detto “caciaio”.
Con l’arrivo della batteria composta di una gran cassa con pedale, gran piatto, tacco in legno, boccale in lamiera; di un tamburo e di altro pedale per muovere la coppia dei piatti laterali, Il povero Angiolino fu preso dallo sconforto davanti a tale rompicapo e dovette faticare non poco per prendere confidenza con quella razza di strumento il quale, richiedeva quasi contemporaneamente l’uso delle mani e dei piedi, oltre che una notevole sensibilità di orecchio musicale e di occhio, per decifrare in tempo i cenni di Carlo, capobanda del gruppo.
Al quartetto fu assegnato il nome “Luna Chiara” scritto in bianco con sfondo azzurro sui tre leggii in compensato su cui erano posati gli spartiti musicali. Come ogni orchestra moderna, degna di quel nome, fu dotata di un amplificatore a valvole, con microfono a “alta sensibilità” (che poi non funzionava quasi mai) gestito da Benedetto Bancalà, entrato a far parte del gruppo come membro attivo dell’orchestra.
“L’uscita pubblica” cioè il debutto, se ben ricordo, fu fissata per il giorno 15 settembre 1954, durante la festa di San Mamiliano (patrono dell'isola) che insieme ai tre giorni di Carnevale, rappresentava per gli abitanti l’unica possibilità di intrattenimento danzante dell’anno. La vecchia orchestra locale, composta di soli clarinetti e ottoni e con un limitato repertorio di valzer, mazurke e marcette, depositaria musicale assoluta di ogni festa che si svolgeva nel paese, difese tenacemente il privilegio di occupazione dell’unica sala da ballo presente sull’isola, quella dei Lombi e impedì, di fatto, alla nuova formazione musicale, di esibirsi in pubblico. Nel tardo pomeriggio vi fu una lunga riunione, proprio a casa nostra, con Elia, madre dei Landini, con i miei genitori Amina e Ottorino Brandaglia, con il M° Ivo Baffigi, e con il gruppo di Luna Chiara al completo, per trovare una soluzione. Verso le ore 20,30, essendo ancora indecisi sul da farsi, Angiolino con voce sostenuta esordì dicendo “Andiamo con il mambo, avanti con il sincopatooooo” poi, mazzette in mano e tamburello a tracolla, si avviò verso la strada scandendo il ritmo di una canzonetta, cui si aggiunse il suono degli altri orchestrali che l’avevano frettolosamente raggiunto.
Fu dato così inizio all’esecuzione di quei nuovi ritmi musicali, che per la prima volta nella storia del Giglio, furono suonati lungo le vie del paese. Man mano che il quartetto avanzava lungo i vicoli del Castello, gli abitanti increduli e sorpresi, iniziarono a seguirlo e più il corteo s’ingrossava, più si svuotava la famosa sala dei Lombi. Gran parte dei castellani, insieme agli operai della miniera e ai portolani, si riversarono in massa verso l’unico spazio disponibile, dove si era posizionata l’orchestra: la “Pista del Compa' Gigi” fino a riempirla all’inverosimile.
Fu così che quella sera di tanti anni fa, per merito di Luna Chiara, gli abitanti dell’Isola del Giglio lasciarono alle spalle il loro mondo antico per entrare definitivamente nella modernità!
Grazie infinite Angiolino! Per il tuo contributo generosamente offerto alla tua orchestra e per quanto hai dato a noi tutti, con la tua costante presenza nella banda musicale Enea Brizzi. Adesso che hai raggiunto Carlo, Ilio, Vasco e Benedetto, potrai suonare il tuo tamburello e la tua batteria per i beati del cielo.
Mario Brandaglia
Mi rivolgo a Mario per il bell'articolo scritto. Quanti bei ricordi hai suscitato in me, e nello stesso tempo quanta tristezza nel pensare a queste persone che ci hanno lasciato. Un abbraccio Giovanni Natali
Mario che racconto o meglio, che ricordo stupendo Con il tuo scritto hai fatto rivivere un mondo antico rendendolo vivo ed emozionante.Grazie