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"Imola, storie di subacquea e di mare": un racconto con il Giglio protagonista

L'Isola del Giglio è la coprotagonista di una storia, quella della Subacquea Imolese, che inizia diversi anni or sono, ma che, nonostante lo scorrere del tempo, vede rinnovare, anno dopo anno, il suo slancio vitale.

Questa avventura inizia a metà degli anni Sessanta, quando due ragazzi imolesi, Paolo Casadio Pirazzoli e Giampaolo Gulmanelli, accomunati dall'entusiasmo dei giovani e dalla passione per lo sport all'aria aperta, dopo aver conseguito il brevetto sommozzatori a Bologna, decidono di fondare un'associazione sportiva di subacquea, l'Imola Sub, e, poco dopo, acquistano un appezzamento di terra all'Isola del Giglio ove costruire una villetta bifamiliare, che sarà il primo "campo base" dei subacquei imolesi per le loro immersioni nelle acque dell'Arcipelago Toscano.

La storia narrata nel volume Imola, storie di subacquea e di mare a cura di Paolo Casadio Pirazzoli e Luca Gaiani, edito da Thèodolite Editore, inizia da qui.

Il Giglio riappare frequentemente nelle pagine di questo bel racconto corale (oltre ottanta i contributi) che raccoglie le voci degli affiliati delle associazioni di Imola Sub, fondata nel 1965 e di seguito affiancata nel 1994 da Imolamare, che ne ha poi raccolto il testimone.

Le due associazioni imolesi hanno costituito un tassello importante della storia della Subacquea nazionale: per lungo tempo Imola ha rappresentato infatti un centro di eccellenza che nulla aveva da invidiare a realtà molto più grandi.

Ma torniamo alle vicende ambientate all'Isola del Giglio. La villetta costruita da Pirazzoli e Gulmanelli a Campese diviene la base degli imolesi in trasferta, impegnati in immersioni e nel superamento delle prove per conseguire il brevetto: dal 1984 infatti gli esami si tengono, ogni anno, al Giglio. Una organizzazione rodata che consentiva di tenere gli esami in mare anche tre weekend al mese e ospitare in un appartamento d'appoggio in affitto chi desiderasse effettuare immersioni durante la settimana, oltre ad utilizzare una ulteriore struttura per la mensa, curata da esperte "cuoche" imolesi, e per l'attrezzatura subacquea.

Un intero racconto del volume è dedicato a Campese, agli inizi di questa avventura. I ricordi si affastellano: l'unico telefono pubblico, presso il ristorante di Beatrice Pini, il capocuoco dell'Hotel Campese che cucinò una grossa cernia pescata dai sub imolesi, con la sorpresa di un coniglio, appena divorato, nelle sue viscere. E ancora, il palio marinaro tra i rioni Saraceno, Chiesa e Moletto e il palio degli asini presso il Castello di San Mamiliano, che terminava sempre con una cena a base di coniglio alla cacciatora; la musica dell'orchestrina improvvisata che allietava le serate estive e il violino di Uto Ughi suonato dal balcone, divenuto un appuntamento imperdibile di ogni anno.

Senza dimenticare Aroldo Brizzi, unico tassista dell'isola con il suo pullmino Fiat 600, colui che, inconsapevolmente, ha propiziato il legame fra il Giglio e la Subacquea imolese, ospitando con generosità un sommozzatore imolese, rimasto in panne con l'imbarcazione presso le coste dell'isola durante una battuta di pesca. Campese si è fatta conoscere così.

E da lì, anno dopo anno, immersione dopo immersione, è continuata l'avventura. Tante cose sono cambiate nel tempo, ma il mare è sempre lì e il Giglio, ancora oggi, continua ad attendere i sub imolesi "con i suoi abitanti, i suoi fondali spettacolari e con il suo fascino impareggiabile".

Giorgio Bolognesi

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