Cari amici, la polemica sul rimboschimento di un’area percorsa dal fuoco dell’Isola del Giglio, che ha coinvolto botanici, Verdi, Comune, Regione e Parco Nazionale è finita addirittura sulle pagine del settimanale "Diario della settimana" diretto da Enrico Deaglio, ecco il testo che contiene spunti di riflessione importanti sul concetto di autoctono e di introduzione delle specie vegetali nelle nostre isole e che sottoponiamo alla vostra attenzione:

II delirio delle appartenenze
Quando l'aggettivo autoctono si fa pianta e scattano le discussioni di Pia Pera

Il concetto di autoctono gioca brutti scherzi. Ne ho avuta conferma chiacchierando con Lisa Cameron Smith, agronomo forestale. Con un progetto, so¬stenuto da finanziamento europeo, di educazione ambientale che avrebbe coinvolto le scuole, si accingeva a riportare la vege¬tazione in un'area incendiata dell'isola del Giglio.
Si trattava di spargere semi di specie autoctone col metodo delle palline d'argilla. Funziona così: in una betoniera privata dell'elica i semi vengono mescolati con argilla progressivamente inumidita, per proteggerli da uccelli e roditori. Quando le condizioni atmosferiche si rivelano favorevoli, germinano da dentro la pallina, radicando velocemente.
Divulgato da Masanobu Fukuoka, e messo in pratica nelle zone più aride della Grecia da Panos Manikis, questo sistema ha dato ottimi risultati in Spagna, Giappone, India, Yemen, Etiopia, Zimbabwe, Honduras del Nord. Si utilizzano miscugli dei semi più vari lasciando fare alla natura: si svilupperanno solo quelli davvero capaci di badare a se stessi. Purtroppo, col pretesto che non erano trascorsi cinque anni dall'incendio, il progetto è stato bloccato da un referente dei Verdi, preoccupato non della necessità di intervenire prima che pioggia e vento erodessero il terreno, ma che tra i semi ve ne fossero alcuni a suo parere non au¬toctoni. Concetto controverso al punto di risultare inutilizzabile: basti riflettere quant'è esiguo il numero di piante di uso alimen¬tare, boschivo o ornamentale, davvero nazionali.
Si chiede Francesco Sala dell'Università di Milano a proposito della vite ansonica del Giglio, portata dalla Sicilia dove era arrivata dalla Grecia, e poi inselvatichitasi: «Come la consideriamo? Autoctona perché è al Giglio da qualche millennio? Oppure no perché l'ha introdotta l'uomo?». Inoltre in condizioni climatiche soggette a rapido mutamento, parrebbe più sensato dare il benvenuto a specie forestiere, capaci di sopporta¬re le nuove condizioni, anziché ostinarsi con autoctone, molte delle quali potrebbero rivelarsi non più in grado di far fronte ai mutamenti.
Ultima triste nota: la stessa Lisa si è sentita rimproverare di non avere la flora del Giglio nel suo Dna: una metà dei suoi geni è inglese, solo il resto toscano!