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Memorie dalla ex-Jugoslavia
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Memorie dalla ex-Jugoslavia

Erano gli anni subito dopo la guerra in quella terra proprio dirimpetto all'Italia, la Jugoslavia, ed i segni di quello scontro fratricida, terribile e devastante sotto ogni punto di vista, erano davanti agli occhi di tutti: interi palazzi crivellati di colpi, brandelli di vita appesi per un mattone, scheletri in ferro làddove una volta esistevano delle costruzioni, delle famiglie, delle vite.

Noi, eravamo lì in veste di turisti subacquei, che, lasciata l’ormai più che nota Istria, acqua battuta da tutti i subacquei del nord Italia, avevano deciso di spingersi più a sud, sulle coste proprio di fronte alla costa tra Abruzzo e Marche, e dove i cartelli indicatori delle città, portano ancora due nomi, quello nella lingua madre, e quello in italiano.

Avevamo appena fatto un’immersione bellissima, in un posto sperduto, nel mezzo di quel grappolo di isolette che sono le Incoronate. Un posto, sott’acqua, dove il blu del mare, era interrotto da immensi ‘lampi di luce gialla’, che erano poi spugne enormi! A bordo della barca diving del nostro amico Borko, croato di Zagabria legatissimo al nostro paese, avevamo raggiunto Zlarin, un’isola all’epoca ancora non toccata dal turismo che avrebbe reso famosissime le isole e le coste della Croazia. Un puntino quasi invisibile nel mezzo di quel ‘caos’ di lembi di terra che dalle acque dalmate si ergono verso il cielo: si trattava, infatti delle ultime propaggini delle Isole Incoronate.

Eravamo in questo ristorante molto piccolo e a conduzione familiare. Pochi i tavoli, forse 3-4, poche le persone a mangiare il famoso polpo cotto nella ’peka’, una specie di campana con il coperchio, messa a cuocere sotto le braci. Finito il pranzo ci alziamo e raggiungiamo la cucina. A quel punto eravamo: 6 italiani, 2 olandesi, 1 croato, 1 macedone, 2 albanesi ed un bosniaco. Inizia una gara per decretare quale paese abbia le canzoni più belle. Non c’è partita, le nostre, battono tutte le altre. Ma vogliamo qualcosa di più. Una canzone che si conosca tutti, da cantare tutti insieme. Inizio a fischiettare le prime note di ‘Bella ciao’. Non arrivo alla fine della prima strofa, e vengo travolta da un turbinio di voci che intonano la ‘nostra’ canzone, nella nostra lingua, ma con le inflessioni ognuno nella propria lingua. Di lì a breve, tutta la cucina risuona delle note della più famosa canzone di guerra probabilmente di tutti i tempi.

‘Bella ciao’, non è nata come una canzone di guerra. Stranamente, lo è diventata dopo la guerra, quando è stata attribuita ai movimenti partigiani, sebbene, a quanto dicono gli storici, i partigiani in realtà non l’abbiano mai cantata. E’ una canzone che ti entra sottopelle, perché le è stato attribuito un potente significato simbolico, quello della libertà. ‘Bella ciao’ è la canzone della Resistenza, ma non necessariamente deve avere un colore, tanto che viene cantata in ogni situazione in cui si ha una Resistenza contro qualcuno, che sia un invasore o un dittatore, a prescindere dal colore.

‘Bella ciao’ è la canzone della libertà, quella libertà per la quale sono state sacrificate, e tuttora, vengono sacrificate vite umane, in ogni parte della terra. Non deve essere incasellata in un credo politico, perché è patrimonio di tutti coloro che credono in un ideale, quello della libertà. Negli anni, dicevo, è stata accostata ai partigiani, alla guerra di Resistenza.

Festeggiamo è il 25 aprile. Non è la festa della Resistenza. E’ la Festa della Liberazione dell’Italia da un invasore nemico, da un oppressore interno. Non deve essere una festa ‘colorata’ di politico a tutti i costi. La libertà non deve avere un colore, deve essere qualcosa che abbraccia tutti i colori dell’arcobaleno, che vada oltre l’inquadramento in un tipo di politica piuttosto che in un altro.

La libertà, è anche quella di poter scrivere queste parole, mentre al Governo c’è un partito che non è certo un fulmine di guerra per i festeggiamenti del 25 aprile. Questo dovremmo ricordarci, che il 25 aprile non è (solo) una vittoria politica, è una vittoria della libertà contro le ali tarpate, è quella vittoria che permette a più di 10 persone, di nazionalità diverse, in un posto sperduto della Croazia post bellica, di intonare le parole di ‘Bella ciao’ tutti insieme, e di assaporare un concetto, di sentirsi parte, in quel momento, di un’unica idea, chiamata, appunto Libertà.