Quasi 2 miliardi i costi per la vicenda Concordia
Il disastro della Costa Concordia costerà probabilmente oltre 2 miliardi di dollari ai proprietari della nave. Lo sostiene l'amministratore delegato di Costa Crociere, Michael Thamm, al giornale tedsco Bild am Sonntag. Costa Crociere è una controllata del colosso Carnival. "Finora - confessa Thamm - abbiamo speso un miliardo di dollari, che non includono i 100 milioni di dollari per lo smantellamento della nave e i danni all'isola del Giglio". "Se tutto andrà bene - aggiunge Thamm - completeremo questo salvataggio senza precedenti questo mese", aggiungendo che per il ciclo dei materiali ci vorranno almeno due anni.
Osservatorio, senza nuove carte non ci esprimiamo - "Abbiamo chiesto lunedì a Costa un'integrazione della documentazione" per quanto riguarda il rigalleggiamento e le operazioni da svolgere subito per il ripristino del fondale marino dell'isola del Giglio e non appena arriveranno i documenti richiesti ci impegniamo a esaminarli subito", ma "ragionevolmente serviranno 4 giorni" perché "senza l'Osservatorio non si può esprimere". Lo ha detto il presidente dell'Osservatorio sul rigalleggiamento della Costa Concordia Maria Sargentini a margine di una conferenza stampa indetta ieri dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. I documenti richiesti, ha spiegato, "devono chiarire una serie di esigenze e riscontri sulla fattibilità delle operazioni". Indipendentemente dalla richiesta di ulteriore documentazione, Sargentini ha spiegato che ieri l'Osservatorio è tornato a riunirsi a Firenze "per definire quale sarà il piano di monitoraggio specifico per le operazioni di refloating"
GLI ULTIMI ACCADIMENTI IN MERITO ALLA CONCORDIA Come volevasi dimostrare, e come avevamo “facilmente” anticipato, a prescindere dagli aspetti tecnici dell’intera operazione, la vicenda della “Concordia” ha catalizzato una serie di anomalie tutte italiane, che cercheremo d’elencare, sperando di non dimenticarne nemmeno una. Partiamo dalle più lievi, ovvero quelle che definirei “scontate” come costume e come prassi. Dalle prime informazioni, che abbiamo apprese, in diretta, mentre stavamo guardando un giornaleradio alla televisione (incapacità dei colleghi di fare bene il proprio lavoro, o tentativo di minimizzare, dietro ordine di chi sa chi, il tragico evento?) veniva fatto intendere, in un flash, che un imprecisato natante aveva avuto un piccolo incidente, tipo quelli, per intenderci, che ogni tanto avvengono quando si sdruscia una banchina o si arriva al molo d’attracco con un abbrivio non ben calcolato. E questo, mentre all’Isola del Giglio la gente, che aveva ben veduto e ben s’era resa conto della tragedia, già s’apprestava ai soccorsi. E questo mentre quello scellerato del comandante, che, non ostante avesse un equipaggio inadeguato ed incapace d’intendere i suoi ordini, perché non conosceva né la lingua italiana né l’Inglese (su questo, anziché fare il “pianto greco” per i danni subiti, che, tra l’altro, vedranno, com’è prassi, non la società armatrice, bensì le assicurazione fortemente impegnate, dovrebbe riflettere l’Amministratore delegato Michael Thamm prima di rilasciare, quasi chiedesse solidarietà, corrucciate interviste), s’attardava in sterili tentativi di salvare, come, al momento, non è dato sapere, ma solo supporre, la nave, determinando così la morte di oltre trenta persone, di cui una ancora “dispersa”. Non solo, il fellone, in disdoro d’ogni regola deontologica che presiede all’onorabilità ed ai dovere d’ogni comandante che la storia ricordi, si metteva in salvo tra i primi e s’attestava sopra uno scoglio a guardare le centinai di persone (passeggeri ed equipaggio) che aveva spudoratamente preceduto e che, a loro volta, cercavano scampo, calandosi con grandi difficoltà da un natante ormai irrimediabilmente inclinato. E qui, entra in scena, come un deus ex machina, d’antica memoria, la sequenza della “biscaggina” o “biscaglina” (da Biscaglia), in cui, con la massima spettacolarità dei toni e la perentorietà degli ordini, quali tutti hanno potuto ben sentire in viva voce, qualcuno (il Capitano di Fregata De Falco) con le “palle” e che sapeva il fatto suo, imponeva a Schettino (fascinosa “polena dei sette mari”, come l’avrebbe definito Pablo Neruda, impeccabile in brindisi ed inchini), un comportamento da uomo, ordinandogli di rientrare nei ranghi, risalire sulla Concordia e disporre le operazioni di evacuazione generale del natante. Poi, alla stregua dei Fratelli Taviani, prende corpo, nella pienezza delle sue connotazioni, il classico “Kaos” italiano, ossia la Concordia diventa l’oggetto delle competenze, della confusione, della sovrapposizione, degli interessi e delle potestà (chi più ne ha più ne metta), di cento protagonisti, di varia caratura e specificità, tutti reclamanti diritti inconfutabili di gestione delle spoglie e della destinazione finale. Ancora non era stata rimessa in equilibrio statico che già si diceva ove il cadavere avrebbe dovuto essere smembrato e smantellato. Al riguardo, ha un bel dire l’ingenuo “interlocutore” del “Dite la vostra” di “Giglio News”, quando, dopo aver affermato tante cose giuste, se ne esce con una “castroneria”, asserendo che, in fondo, ha poco senso, anche dal punto di vista dell’inquinamento, perché “pari sono”, dividersi tra chi preferirebbe che il relitto finisse sul fondo del mare, a far da rifugio ai pesci, e chi, invece, alla fine (a parte i costi di smantellamento) lo vorrebbe sepolto in tante discariche, a far da pasto per vermi e scarafaggi. Sbaglia perché dimentica che, mentre nel primo caso, in termini economici, prescindendo dall’inquinamento, il saldo sarebbe pari a zero, nel secondo, le parti ricliclabil, l’acciaio soprattutto, consentirebbero un “ritorno” finanziario non indifferente. Comunque, in questo “guazzabuglio” di potestà reali o millantate, che sono state, di fatto o di diritto, “invitate” alla “veglia funebre” della Concordia ed al tavolo (per ben 101 persone), delle “decisioni supreme”, come avrebbe detto il Cavalier Benito Mussolini, al punto che anche Legambiente e Greenpeace, hanno potuto dire la loro, asserendo un ruolo strategico nonché precise funzioni ispettive di garanzia per la comunità, alla faccia dei compiti istituzionali che, in materia, spettano agli organi dello Stato, quando finalmente il Governo è riuscito a dirimere le contrapposizioni d’un verdetto che non era unanime, come pure avevamo previsto, non tutti hanno saputo accettare gli esiti dell’incruenta “Ordalia”. Per cui, come la storia di “Forbicino” racconta, ossia che l’assertore ad oltranza del fatto che il grano lo si tagli con le cesoie, una volta gettato nel pozzo per punizione, mentre stava affogando continuava, con l’indice e il medio delle mani, divaricati a V, a “significare” le forbici, la Regione Toscana la battaglia in favore di Piombino non l’ha data del tutto per persa, tantochè il Governatore della Regione, Enrico Rossi, ha indetto una conferenza stampa, da cui, a seguito dell’aggiornamento dei lavori del pletorico ”Osservatorio sul rigallegiamento della Costa Crociera”, presieduta da Maria Sargentini, è uscito un comunicato che, ridotto all’osso, dice: “Deve essere chiarita tutta una serie di esigenze e riscontri sulla fattibilità delle operazioni di Refloatig”. Questo, a nostro parere, indulgendo, in un certo senso, alla consuetudine di voler un po’ “malignare”, tipica quanto sostanzialmente doverosa d’ogni giornalista che si rispetti, non può significare altro che la Regione Toscana cerca di prendere tempo, acciocchè Piombino, traguardando il mese di Settembre (che la vedrebbe pronta a ricevere natanti della dimensione e del pescaggio della Concordia), possa tornare a dire la sua, ritenendo “recuperabile” la decisione del Governo, favorevole a Genova e da eseguire in tempi stretti. Non c’è da meravigliarsi di tanta tenacia. Il tentativo di Rossi di non demordere fino all’ultimo è semplicemente dovuta al fatto che di milioni di Euro per Piombino ne ha stanziati tanti. Milioni che, in quanto hanno innescato lavori ed aspettative, al momento, pesantemente mortificate, potrebbero determinare una grave ondata di reflusso, ovvero una specie di Tsunami, in chiave di consenso politico-partitico e di voti finora goduti dal Governatore. Dopo questo, c’è da ritenere che a Rossi non rimanga altro da fare, che accendere fuochi sul litorale e sacrificare qualche vitella meremmana in onore di Poseidone, implorando la divinità delle acque, figlia prediletta di Zeus, perché agiti il mare almeno fino a Settembre, in modo che quel tanto conteso “naviglio”, fino all’Autunno “non possa navigar” alla volta di Genova.