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TRISTE POLEMICA QUELLA SULLA CONCORDIA
Triste polemica quella sulla destinazione della Concordia. Triste, soprattutto, perché è fatta su un “cadavere” da cui, comunque, qualcuno, se ci saprà fare, potrà ancora trarre cospicui profitti, trasformandolo in prezioso “concime”. Per questo, nonostante da ben due anni (questo sarà il terzo), paghi tasse “lievitate”, senza per altro, riuscire, a causa della Concordia (almeno così mi si dice), ad affittare due monolocali a Campese, non scendo in dispute personali o di campanile.
Sulla base di questa premessa, “strafottendomene” del fatto d’essere del tutto inesperto in materia e nutrendo, per diffidenza strutturale, maturata in quasi sessantanni d’esperienza giornalistica, seri dubbi sull’obiettività delle opinioni di chi sostiene di trarle asetticamente dal parere degli esperti (spesso solo sedicenti), di cui la cronaca s’avvale e “sguazza”a sostegno delle diverse tesi, a volte letteralmente antitetiche le une rispetto alle altre, cercherò semplicemente di dire “cose di buon senso”, in un ottica di connotazione istituzionale.
Ebbene, per far questo, parto dal comunicato, sostanzialmente “ipocrita”, diffuso dal Presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, non appena s’è diffusa la notizia che la Concordia verrà “mandata” a Genova, per essere demolita. Comunicato che, appunto, dopo aver “minacciato” di fare il “diavolo a quattro” se la destinazione preannunciata, difforme dagli interessi della Toscana, verrà confermata, pur tuttavia, alla fine – relata refero – dice testualmente “Per noi, al primo posto stanno le ragioni dell’ambiente [al riguardo, “non ci piove”, sono tutti d’accordo, n.d.r.] sulle quali è lo Stato che deve farsi sentire e deve farsi valere”.
Ed è in questa ventilata minaccia di fare “come si dice a Roma”, “sfracelli” (fatte salve – in cauda venum! – le “blandizie”, che è, comunque, lo Stato ad evere l’ultima parola) che tanto mi ricordano quelle rivolte, dal padre della Monaca di Monza, alla giovane “sirocchia”, che non intendeva “prendere i voti”, acciocché si piegasse ai suoi desiderata, che sta tutta la “discrasia” istituzionale che, da tempo, s’è creata nel nostro Paese, con il “varo” delle Regioni (prima causa, tra l’altro, del “sesquipedale” debito pubblico), la non soppressione speculare delle Province, come la logica avrebbe imposto, ed una falsa interpretazione della Democrazia in termini localistici.
Democrazia per la quale, in totale disdoro dell’interesse generale, ognuno accampa il diritto di decidere se una cosa si può fare o non fare e, comunque, nel caso la si debba fare, sempre in casa d’altri (vedasi al riguardo, anche solo il problema delle discariche e della “Variante ferroviaria di valico”), alimentando, anno dietro anno, “episodi” di vera e propria guerriglia impeditiva, con il risultato di portare a termine i lavori in tempi lunghissimi, costringendo in tal modo la Comunità a sostenere costi del tutto sperequati ed impensabili rispetto al resto del mondo.
Nella fattispecie, infatti, il Presidente della Regione, avendo “le sue gatte da pelare” con la crisi economicpo-produttiva di Piombino, onde “intercettare” i tempi di trasferimento della Concordia, s’è affrettato a stanziare decine e decine di milioni di Euro, acciocché Piombino potesse allestire, a stretto giro d’una manciata di mesi, un bacino di ricovero, atto ad accogliare e smantellare il conteso relitto.
Ha pensato, insomma, senza, tra l’altro, por troppa attenzione a quanto sarebbe costato “disfare” colà la Concordia, di cogliere l’”attimo fuggente”, dotando Piombino d’un moderno ed adeguato bacino di carenaggio funzionale alle acciaierie.
E questo, senza che, preliminarmente, si siano fatti bene i conti di quanto sarebbe costato smantellare a Piombino la Concordia al cospetto di altre realtà imprenditoriali (nazionali ed internazionali), parimenti interessate all’operazione.
Tornando, alla vexata quaestio, quindi, per parte mia, ritengo che si debba tenere conto esclusivamente di alcuni fatti oggettivi:
1) che più è lungo il tragitto di trasferimento del relitto, più aumentano le probabilità che la “variabile” meteoriologica incida pericolosamente sull’operazione, aumentando (nell’ipotesi peggiore) i rischi d’inquinamento;
2) che non possano essere certo né la “Costa Crociere”, né tantomeno le società d’assicurazione, a decidere, dove e come debba essere smantellato il delitto (mentre, infatti, alla Costa Crociere, quale responsabile oggettiva del disastro, non può essere attribuito alcun diritto in merito, le assicurazioni, in base a quanto contrattualizzato con la società di navigazione, possono solo accampare potestà risarcitorie circa le “richieste” dei soggetti danneggiati);
3) che lo Stato e solo lo Stato, attraverso il Governo, una volta sentita, quantomeno per rispetto, la Municipalità gigliese, che fin’ora è la sola ad aver subito disagi e danni diretti ed indiretti dal naufragio, e che pure è la sola ad essersi “adoprata” operativamente e solidarmente a favore dei naufraghi e delle potestà civili di soccorso, deve decidere, in base ai pareri, “giurati” e vincolanti, formulati dagli esperti all’uopo nominati, dove la “Concordia” debba essere portata per lo smantellamento e l’utilizzo del materiale di recupero.
Non altri hanno, a mio modesto parere, facoltà o diritto d’esprimersi o di far valere i propri punti di vista, se non in termini di semplici opinioni, neppure la Regione, neppure Piombino che avrebbe tutto da guadagnare dall’operazione, in quanto riceverebbe un buon viatico per la ripresa economica.
Per quel che attiene la Regione, poi, vorrei chiedere al Presidente Rossi semplicemente ed un po’ maliziosamente questo: al di là dall’aver comunque dato lavoro per l’allestimento d’un sito di carenaggio atto a ricevere relitti da smantellare, particolarmente “accogliente” e funzionale al futuro utilizzo del materiale di risulta per le acciierie di Piombino, letteralmente a due passi o come s’usa dire, in condizione d’avere, di fatto, in un unico contesto, “casa e bottega”, visto che i costi di smantellamento in quella località pare siano del tutto fuori mercato, quale progetto ha preliminarmente elaborato la Regione prima di deliberare le decine e decine di miliardi stanziati?
Gian Piero Calchetti
AL COSPETTO D’UNA FOTO DI 101 PERSONE, RIUNITE ATTORNO AD UN TAVOLO Gentile signora Melis, mi consenta una brevissima nota di dissenso in merito alla “chiusura” della sua, per altro “graditissima” ultima risposta. Per favore, rilegga, con un po’ di pazienza, tutto ciò che ho scritto in merito alle vicende della Concordia e vedrà che mai ho omesso (a dire il vero l’ho sempre fortemente sostenuta) la legittimità d’un diritto della Municipalità dell’Isola a “metter bocca” sui tempi e sulla destinazione del relito, perché, in quanto “danneggiata”, nel senso più ampio della parola, dal tragico evento (danno che, per altro, sussiste ancora) è e dev’essere, a tutti gli effetti, considerata parte in causa. Così pure, nel mio primo “intervento”, ho dato per lapallissiano che i tempi e lo spazio necessari al trasferimento del relitto, erano direttamente proporzionali ai rischi di inquinamento o sversamento di liquidi, eventualmente fuoriuscenti da quel “mastodonte”. Quanto ai millantati, sempre secondo il mio modesto parere, diritti di altri ad accampare, appunto, “diritti” decisionali, questo, per chi abbia occhi per vedere e sappia interpretare le cose che gli si parano davanti, si evidenzia anche solo a guardare la “pletora” di personaggi (emanazione di chi sa quante sedicenti potestà inviolabili, nonché tangibile espressioned’una volontà di spesa anche in tempi grami quali sono quelli che incombono sulla nostra sorte) che sta attorno al tavolo della foto, per così dire, di “prima Pagina” di “GIGLIO NEWS”, illustrativa d’una riunione (decisionale? Se non si “trattasse” di una vera e propria tragedia, mi verrebbe senz’altro da ridere!), convocata, com’è di moda, acciocché appaia, si creda e non sia, che nel nostro Paese, la Democrazia è perfetta perché “tutti”, nessuno escluso, decidono sulle sue sorti alla stregua di quanto avveniva nell’”agorà” delle città stato dell’antica Grecia. Questo, cara signora non è un rimprovero a Lei – Per carità! Ci mancherebbe altro, soprattutto dopo le belle parole che mi ha rivolto per “Punta Campese e per “In Autunno”. – bensì, nel complesso, alla nostra società ed, in specie, alla nostra politica, così confusa, pulviscolare e diffusa, al punto che tutti credono di “cumannari” , in ossequio al “Cumannari è megghiu che futtiri”, come, dalla notte dei secoli, viene fermamente asserito in Sicilia. Ed, appunto, in ossequio alla saggia “Trinacraia”, mi permetto di concludere aggiungendo che lo spettacolo del tavolo assiepato di tante persone, è solo Buracrazia e Formalismo di facciata, nonché grave perdita di tempo, acciocchè sembri che, nel Paese Italia, rispetto al Passato, è tutto, appunto, Passato e tutto sarà, in futuro, diverso, rinnovato e migliore di ciò che è stato, mentre, invece, le “cose” continuano ad andare come al solito, in quanto, s’è semplicemente ralizzato ciò che s’augurava avvenisse, il principe di Salina, nel libro “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, al cospetto dell’apparente rivoluzione (vedansi, a conferma di questo, la sanguinosa repressione di Bronte) avvenuta, attraverso “I MILLE”, nel Regno delle due Sicilie; rivoluzione sancita, poi, da un plebiscito. Diceva, infatti, costui (cito a memoria): Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi!. Asserzione che, in fondo, corrisponde ad una legge tanto fisica quanto geometrica, perché, se compi un prercorso di 360° gradi, torni, immancabilmente, al punto da cui sei partito. E questo la storia mondiale delle rivoluzioni ben lo insegna. Grazie e tanti cari saluti signora Franca Melis! Gian Piero Calchetti
Gentile Sig.Calchetti le rispondo solo per spiegarle una cosa che mi premeva. Il mio secondo appunto era semplicemente riferito al fatto che secondo me, lei non doveva giustificarsi se avendo due monolocali dai quali poteva trarre un ritorno economico, visto che era soldi veri quelli che aveva ai suoi tempo investito. Quanto alla fretta di dire le cose, purtroppo le devo dare ragione, spesso mentre scrivo il mio pensiero ha già percorso molta strada in più, quando ritorno al presente una parte del mio pensiero è nascosta fra le righe, ma si sa le donne "sono più avanti anche in questo" ihihihihihihihih. Ho letto le sue due poesie, quella del faraglione mi ha fatto sorridere pensando ai due commenti letti, l'ipocrisia della gente ormai non mi fa più specie, vorrei conoscere una persona che non ha pensato che il Faraglione assomigli ad un fallo e tutte le battute che possono essere state dette in questi migliaia di anni, mentre nella sua poesia non vi è niente di pornografico o come si suol dire "sporco". Non è il genere di poesia che io amo, ma questo non mi porta certo a criticarla o squalificarla. La seconda dedicata più che ai bambini mi è sembrata un elogio a coloro che portano avanti sin dai primi giorni della loro vita i bambini. molto sensibile e credo che quella giornata le abbia lasciato un ricordo bello e ricco di emozioni, non avrebbe scritto quella poesia altrimenti. Comunque per chiudere lei parlando di sovranità territoriale, sulla quale legalmente e per leggi dello stato sembra che noi non abbiamo diritti sul tirreno che lambisce le nostre coste e le nostre isole dell'Arcipelago Toscano, desidero dissentire, no il Governo dovrebbe appoggiare le nostre richieste, al di la della proprietà che lei giustamente dice non essere di nessuno se non dello Stato stesso ma mi permetta almeno su questo faccia decidere a noi. In realtà un viaggio breve tutelerebbe tutto e tutti anche il Golfo del Leone. Cordialmente la saluto Franca Melis
Gentile e cara signora Franca Melis (visto che ho settantaquattro anni, mi permetta la “licenza” di poterla chiamare confidenzialmente), innanzi tutto la ringrazio per la gentilezza delle sue parole e per il duplice rimprovero che mi ha voluto rivolgere. Per quanto riguarda il primo, non so proprio che farci, in quanto l’uso del , come si diceva una volta, latinorum, di cui, per altro, non mi pare d’abusare, né d’indulgere in citazioni che non siano alla portata di tutti, fa ormai parte, dopo faticosi studi classici e più di 58 anni di giornalismo, del mio modo di scrivere. Provi, per favore, a leggere i miei versi (soprattutto quelli dedicati ai bambini ed intitolati “In Autunno”), pubblicati da “Giglio News” e vedrà che capirà meglio il mio scrivere, il mio sentire e come io vedo il mondo. Di più, dopo che li avrà letti, mi piacerebbe sapere la sua opinione, visto che solo per “Punta Campese” ne ho “ricevute” 2, per altro, assolutamente negative: una icastica “Povero Faraglione!” e l’altra addirittura tranchant. Per quel che, invece, attiene i miei due monolocali di Giglio Campese, evidentemente sono stato frainteso, perché anch’io ho rispetto del denaro investito e, stia pur certa, che anche a me piacerebbe trarre profitto (lecito) dall’oggetto dei miei sacrifici, abbinati a quelli di mio padre, dipendente della fabbrica-esplosivi della Montedison di Orbetello Scalo. In proposito, ogni volta che ne ho parlato, ho voluto semplicemente significare che, rispetto ai danni, ingenti, procurati alla municipalità ed alla popolazione residente ad Isola del Giglio, il mancato affitto, da ormai due anni (a dire il vero siamo quasi al terzo), delle mie due “parve” proprietà immobiliari era certamente da considerarsi, come si usa dire in termini giuridici, un vulnus collaterale ed, in quanto tale, secondario di fatto. Per il resto della sua gradita “interlocuzione” rispetto a quanto da me scritto, Le confesso di non averci capito un granché, perché Lei, forse, nella fretta di dire, tutto insieme, quello che “tiene dentro” in merito alla tragedia della Concordia, ha affastellato cose su cose, che, sinceramente non mi è riuscito dipanare. Perché, però, tra noi non si frappongano equivoci di sorta ed anche perché il suo nome ed il suo cognome mi ricordano una persona tanto cara, da tanto tempo scomparsa, voglio chiarirle, cercando di semplificare al massimo (se mi riesce e non è detto) i miei concetti, ciò che io penso del più che ormai voluminoso “Dossier Costa Crociere” e di ciò che avverrà tra poco tempo, e che già si preannuncia secondo le varie, diverse e molteplici prese di posizione. In primo luogo penso, come ho già accennato in una “nota” precedente, che né la Società di Navigazione, né le Società di Assicurazione, dovessero essere coinvolte in merito ai destini della nave, sia per quel che riguarda il ripristino di un assetto di navigazione, atto al trascinamento in località atta allo smantellamento, sia per quel che attiene la destinazione e l’utilizzo dei materiali di risulta. E questo vale anche per la Regione Toscana, perché il “Largo mare” come veniva definito una volta, appartiene a tutti ed a nessuno. Tant’è che mentre esistono innumerevoli dispute internazionali in merito alle potestà territoriali sui diritti esclusivi di pesca (al riguardo, basta prestare anche solo attenzione alle centinaia di pescherecci italiani , via via, sequestrati - quando non sono stati addirittura mitragliati, con morti e feriti di contorno – da navi da guerra dei paesi dirimpettai, in prossimità delle coste dalmate od africane), l’India a nostra mortificazione, tiene, ancorché in stato di semilibertà, sotto “occhiuto” controllo, in attesa di giudizio, due Marò, vittime d’un tragico equivoco. Ovvero quello per il quale, mentre l’Italia, asserendo che la nave su cui erano imbarcati si trovava in acque extraterritoriali, ritiene competente a giudicarli un tribunale internazionale, l’India, di parere specularmente opposto, reputa, invece, doveroso che i due vengano giudicati da una Corte locale. Ed ancora, siccome i danni non si subiscono per delega e gli eventuali sversamentii, a mare, di liquidi inquinanti, a meno che non avvengano sotto costa, con il movimento delle acque, si spargono e diffondono per aree e lidi i più ampi, vari ed impensati, non si capisce, quale mai diritto di “primazialità”, a parte la Municipalità e la cittadinanza di Isola del Giglio, possa accampare la Toscana, rispetto alla Liguria, alla Corsica ed, al limite, lo stesso Golfo del Leon, nella ipotesi in cui il destino della Concordia sia quello di Genova. Per questo ho, fin dall’inizio ritenuto che gli unici soggetti che avessero diritto a dire la loro erano e sono, tutt’ora, il Giglio ed il Governo, nella fattispecie del suo Commissario straordinario, in quanto danneggiati direttamente ed indirettamente dal tragico evento, sia in via istituzionale che in senso strettamente materiale, considerati i costi d’intervento, e non già quel coacervo di soggetti pubblici e privati d’ogni genere e specie (tutti con sedicenti interessi di varia ed “implapabile” natura da far valere) che, invece d’accontentarsi d’esprimere opinioni, accampano precisi ed irrinunciabili diritti sulle “spoglie” della Concordia. E’ questa una storia che si ripete e che sempre si ripeterà in questo Paese. Un Paese che non riesce mai ad emergere dalle pastoie del burocratismo, delle polemiche fini a sé stesse, dalle visione particolare, se non addirittura pulvisocolare delle potestà decisionali. Un Paese, in cui tutti millantano diritto di decidere, senza che la gente si renda conto che aver delegato ad organi specifici i poteri decisionali, a meno che questi non mettano a rischio e repentaglio diritti fondamentali ed inalianabili della Democrazia, a questi ed a questi solo è consentito decidere. Basta un esempio, sempre, naturalmente, secondo il mio punto di vista, a rappresentare quale deve essere la prassi comportamentale da adottare allorchè si verifichi un evento quale quello della Concordia. Per comodità, mi sia consentita un’assimilazione: il naufragio è tale e quale ad un’azienda in procedura liquidatoria. Ebbene, il tribunale, secondo legge, nomina un liquidatore, il quale per comodità funzionali, atte a portare a compimento le procedure liquidatorie, può anche avvalersi, con funzioni esclusivamente di servizio, di personale facente capo alla gestione della società in dafault, ma non certo affidare a questo personale deleghe decisionali sulle operazioni da compiere. Il liquidatore è, in assoluto, un “Autocrate” chiamato a gestire, nel rispetto della legge, ogni e qualsivoglia operazione ritenga opportuna, per salvaguardare, contestualmente e nei limiti del possibile, i creditori dell’impresa e, per quel che residua del patrimonio, i titolari dell’impresa stessa. Per questo, non capisco per quale ragione, fatta eccezione, appunto per l’Isola del Giglio che tuttora soffre sulla sua viva carne l’impatto della Concordia, si siano demandate le scelte sui destini della nave a Costa Criociere, alle Assicurazioni ed a tant’altri che, in sostanza, poco o niente c’azzeccano, Regione Toscana compresa. Comunque, cara signora (o signorina) Melis, non ostanti le innumerevoli prese di posizioni e gli accampati diritti fin qui enunciati, facendo a gara a chi la “spara” più grossa, attraverso il contributo di ragionamenti pindarici, frutto di potestà decisionali che non hanno né capo né coda, né soprattutto ragioni e radici strettamente giuridiche per far prevalere la parte di chi li proclama, fin’ora (mi consenta, un ultimo “Latinorum”, sono solo e soltanto una sottospecie di flatus vocis, che, come tale, per restare in argomento, al momento neppure “increspa le acque”. Vedrà! vedrà! nelle prossime settimane; ossia man mano che si farà sempre più prossimo il fatidico giorno in cui quel “mastodonte”, concepito nella più precaria insicurezza, dovrà lasciare l’Isola, contro cui, una notte, è venuto tragicamente ad infrangersi, per solcare, anche se a traino, il nostro bel mare, quali trombe marine e quali tempeste di pioggia, grandine e vento, intervallati da saette, verranno suscitate dai tanti “Giove Pluvio”, già in campo, per “indirizzarlo” da una parte o d’altra della tormentata costa italiana. Gian Piero Calchetti
Buon pomeriggio sig. Calchetti, lei mi ha anticipato di un paio di giorni sulla questione Concordia. Mi permetta però di farle due appunti, il primo è sulla sua notevole scioltezza e colta scrittura, che però lei mi capisce non ha tutti è dato di capire a meno che non si prenda un vocabolario latino-italiano e un dizionario della lingua italiana, per poterla seguire. Il secondo appunto è sulla giustificazione dell'essere proprietario di due monolocali che visto che sono stati comprati e pagati con soldi veri, se potessero essere una rendita non vedo perché non dovrebbe esserla. Tornando invece alla questione Concordia credo che sia non una triste polemica ma dovrebbe essere una vera presa di posizione dell'isola e della regione, che siano il Presidente e tutti i sindaci della costa toscana a imporre le loro scelte. Quella nave non può e non deve attraversare il l'alto Tirreno, passando a fianco di ben 3 isole, non voglio parlare di rischi inquinamento perché non sono né un ingegnere né un esperto di trasferimenti di navi in quelle condizioni, ma al di là di tutto sono un'abitante dell'isola, nata a Firenze, toscana non certo d'adozione, allora che sia la mia regione che ha subito il danno a decidere come e dove andare. Il 20 Luglio non è adatto a nessuno, abbiamo aspettato noi ora aspetterà chi di dovere che sia pronto Piombino. Oltre il danno la beffa? no mi dispiace l'isola non ci guadagna certo se la nave và Piombino non abbiamo interessi nascosti o mazzette da prendere decidendo noi dove và la nave, siamo solo preoccupati per i tempi troppo stretti 42 giorni in piena stagione estiva, con rischi anche se ridotti "spero" per cosa poi? per andare a Genova!. No a fine settembre con calma, nel frattempo Piombino è finito e accoglierà la nave. Una cosa non certo meno importante i soldi stanziati per l'adeguamento del bacino? Se la nave non dovesse andare a Piombino, non giustifichiamo che sarà per futuri smantellamenti, no se non fanno quel lavoro loro non ne faranno più e lo sappiamo bene tutti. Forse è su questo che tutti dobbiamo riflettere. franca Melis
Caro signor Marchetti, ancorché sia senz’altro disponibile ad accettare il “ramoscello d’olivo”, che lei sembra voler porgermi con la sua replica, pur tuttavia non posso esimermi, e non tanto perché io tenga la “coda di paglia”, da una breve e parziale controreplica, esclusivamente calibrata su quanto ha scritto in chiusura del suo primo “intervento”. Quindi, anche se, pro bono pacis, mi dichiaro ben disposto a riporre le armi, pur tuttavia, una cosa, una soltanto, anche dopo il “ridimensionamento” dei significati della sua “minipolemica”, non posso tacerla. Nella fattispecie trattasi (al momento, non c’avevo fatto caso, perché il sottoscritto, con un po’ d’albagia, ritiene d’essere, alla stregua di quanto recitano i Vangeli, sostanzialmente affine all’asserzione liturgica che dice omnia munda mundis) di quanto ha inteso significare con l’ultimo periodo del primo suo scritto, quando ha testualmente affermato :” “E’ pur vero che la cucina italiana è di gran lunga superiore a tutte le altre e pertanto abbiamo un appetito smisurato forse anche solo nel chiedere affitti o pigioni varie” . Ebbene, poiché ora mi si sono spalancati gli occhi, non posso tacere quanto quella frase (con ogni pobabilità diretta alla mia persona e se così non è, mi scuso preventivamente per aver pensato male, ancorché Andreotti abbia, a suo tempo detto che: “A pensar male, è probabile che si faccia peccato, ma, a volte, ci si azzecca”) mi abbia rattristato. Rattristato al punto che non posso non puntualizzarle i termini del mio “investimento” in due monolocali in quel di Campese. Ho realizzato un sogno che, fin da bambino, mi premeva nella mente e nel petto. Ossia quello di comprarmi qualcosa al mare, un mare vero, assai bello ed accogliente come quello del Giglio, che, di tanto in tanto, avevo occasione di vedere solo per qualche ora, in quelle occasioni, per fortuna assai rare, in cui mio padre, lavoratore e dipendente della Montecatini Esplosivi di Orbetello Scalo, veniva nell’isola, come Delegato di fabbrica, a presenziare i funerali di qualche addetto alle miniere, conducendomi con sé (Veo, del bar dello scoglio, era un suo caro amico). Quanto agli affitti ed alle pigioni, potenzialmente “esigibili”, poi, mi lasci anche dire che, qualche anno fa, con l’aiuto di un esperto in materia finanziaria, mi sono fatto i conti, allo scopo di vedere quanto mi rendevano i due monolocali, al netto di spese di condominio, lavori di routine (al mare, frequenti), tasse ed imposte, avendo, come base di calcolo il prezzo di quanto “sborsato” (per altro con l’ausilio della liquidazione di mio padre) per entrarne in possesso. Ebbene, pur ralasciando d’addentrarmi in particolari quali quelli relativi al fatto che tutti gli acquirenti hanno seriamente rischiato, a vantaggio esclusivo della banca finanziatrice dei lavori della SIRMET, di trovarsi come Don Falcuccio, con una mano davanti ed una di dietro, non posso tacerle che il risultato di questo calcolo (al netto di eventuali rivalutazioni immobiliari, oggi del tutto inesigibili), sfiorava il 2% degli importi relativi all’investimento iniziale. Ben meno, cioè, di quanto avrei potuto ottenere investendo nel Debito pubblico dello Stato od in altra specie di Obbligazioni garantite. E poi, non ho mai chiesto alle agenzie a cui mi sono affidato, preventivi di sorta. Bensì, mi sono limitato, a consuntivo dell’avvenuta locazione, ad incassare, senza lamentarmi, quel che mi veniva “girato”: cifre, per altro, assai modeste, percepite alla luce del sole e regolarmente denunciate anno per anno. Per favore, non replichi e non me ne voglia! Distinti saluti! Gian Piero Calchetti
Vede Sig. CALCHETTI con il mio post volevo solo aggiungere un pizzoco di peperoncino senza insultare nessuno, questione di stile. Prendo atto che lo si è voluto leggere diversamente, peccato.
E BRAVO SIGNOR MARCHETTI! In verità, ben poco ho capito, forse a causa della mia “tarda eta”, o forse perché, per quindici anni, ho fatto il volontario in seno ad un’associazione che si occupa di Alzheimer (evidentemente malattia contagiosa, a differenza di quel che a livello medico si asserisce), di quella specie d’invettiva che mi ha voluto “gentilmente” rivolgere. Pazienza! Il mondo e vario e per questo e’ bello! Anzi, è bello proprio perché c’è posto per tutti. Dalle poche cose che scrive (per il resto ha solo riportato, virgolettato un pezzo di quello che ho scritto io e che, evidentemente le procura fastidio), Lei conosce solo una statistica di confronto in merito ai costi di una grande opera pubblica (la TAV spagnola) trascurando, semplicemente, non solo che il mio “discorso”, se mi consente il termine un po’ sopra le righe, era di carattere generale e la citazione della “Variante di valico”, specificamente riferita alle solite operazioni d’impedimento localistico o falsamente ambientalistico, messe immancabilmente in campo in occasione di qualsivoglia operazione il Paese intraprenda. Non solo, nonostante Lei sembri ignorarlo, lo sanno tutti che, in Italia, al cospetto del mondo, per varie e specifiche ragioni (non ultime quelle dei ritardi realizzativi, determinati dalle “sollevazioni” locali e dalle “inframettenze” delle molteplici potestà, che fanno capo ad una suddivisione e visione “burocratica” dello Nazione) i costi d’ogni opera realizzata siano, in termini di tempo e di denaro spesi, pressoché il doppio rispetto a quanto avviene altrove. Mi consenta, inoltre, una digressione, per meglio darle contezza dei danni che, così facendo, si reca al Paese. Anche solo a voler ignorare, non ostante le “pezze al culo” ed i milioni di disoccupati, soprattutto giovani, che ci ritroviamo, il costo maggiorato dell’energia, che siamo costretti pagare per la mancanza sostanziale del “nucleare”, al cospetto, per altro, d’una realtà territoriale che, al Nord, ci vede letteralmente circondati dalle Centrali di altri Paesi, pensì un po’ a cosa avverrà prossimamente se, per una qualsisia ragione, anche indipendente dalla nostra volontà, ci venisse a mancare il gas che, attraverso l’ìUcraina, arriva in Italia dalla Russia. Ebbene, non saremo neanche in grado di fruire del soccorso degli Stati Uniti, che, per altro, tacendo sui tempi necessari ad attuare questo ambizioso progetto, si sono dichiarati disponibili a fornire l’Europa attraverso navi container di gas “liquidizzato”. Non lo saremo perché, fatti salvi i tempi di attuazione, manchiamo, di fatto, a causa di specifiche “sollevazioni” localistiche ed ambientalistiche, di Centrali atte a ritrasformare, da stato liquido a stato gassoso,le eventuali forniture americane d’energia. Mi consenta, infine, visto che, da quanto scrive, mi pare traspaia che Lei s’atteggi a paladino d’un “sistema” di governo della “cosa pubblica” in cui ciascuno, prescindento dalle strutture dello Stato, di volta in volta, democraticamente elette e costituite, possa accampare, non solo il legittimo diritto d’esprimere la propria opinione e di protestare quanto vuole, ma anche quello, extra legem, di mettere in campo, onde contrastare quanto deliberato nelle sedi a ciò istituzionalmente deputate, operazione d’impedimento fisico e materiale, d’invitarla a riflettere su dati, assai importanti, di recente rilevazione. Ovvero sulla rilevazione delle centinaia e centinai di opere pubbliche lasciate a metà, se non addirittura abbandonate per sempre. Opere pubbliche che, in buona percentuale, sono state impedite, nel più ampio coacervo di ragioni corruttive politico-economiche (di cui l’EXPO ed il MOSE costituiscono l’ultimo esempio), da motivazioni di “specie” sostanzialmente localistica. Opere per le quali Renzi vorrebbe che ai politici corrotti o malavistosi fosse esemplarmente “comminato”, in aggiunta alla galera, un DESPO definitivo e preclusivo d’ogni ulteriore e qualsivoglia impegno in politica. Opere che il Governo intenderebbe portare a termine, onde alleviare un poco il “monte” di disoccupazione, giovanile e non solo, che ci affligge. In conclusione, signor Marchetti, mi consenta una malizia. Spero di sbagliarmi, ma dalle poche cose che mi pare d’aver capito in merito a quanto scritto circa i costi della TAV spagnola. Non sarà anche Lei, uno di quelli che, mentre una volta, per darci ragione d’aver intrapreso una guerra terribile e piena d’efferatezze, di cui non ci ritenevamo d’essere colpevoli, asserivano, con una buona dose di faccia tosta, che, però, gli “Italiani sono brava gente”, oggi affermano imperterriti che ”Italiano - di qualunque cosa si tratti - è sempre e comunque bello”? Mi lasci dire, infine, che in un’economia globalizzata, da cui ci derivano costi e benefici, e di cui, non ostante la Lega Nord, affermi il contrario, non è proprio possibile fare a meno, una visione autarchica del “bel fare” degli Italiani al cospetto del resto del mondo, è letteralmente un “non senso”, frutto di demagogia e d’inganni. Gian Piero Calchetti
Giornalista eh? Ne avesse azzeccata una. "Democrazia per la quale, in totale disdoro dell’interesse generale, ognuno accampa il diritto di decidere se una cosa si può fare o non fare e, comunque, nel caso la si debba fare, sempre in casa d’altri (vedasi al riguardo, anche solo il problema delle discariche e della “Variante ferroviaria di valico”), alimentando, anno dietro anno, “episodi” di vera e propria guerriglia impeditiva, con il risultato di portare a termine i lavori in tempi lunghissimi, costringendo in tal modo la Comunità a sostenere costi del tutto sperequati ed impensabili rispetto al resto del mondo." Provi ad informarsi quanto è costata a chilometro la TAV in Spagna (dove risulta essere dotati di bocca per alimentarsi pure la) e quanto è costata qualla poca realizzata in Italia senza ostruzioni e guerriglia, ci rifletta sopra e provi a riscrivere qualcosa di più consono. Aiutino, sembra 9 a 30. E' pur vero che la cucina italiana è di gran lunga superiore a tutte le altre e pertanto abbiamo un appetito smisurato forse anche solo nel chiedere affitti o pigioni varie.