Cari lettori, da buona affezionata dell’Isola del Giglio , spesso e volentieri vado a vedere sul sito di Giglionews le WEB-CAM con cui posso idealmente sentirmi presente sull’isola . Tempo fa mi è caduto lo sguardo sull’articolo della pagina centrale, dove curiosamente LEGAMBIENTE ARCIPELAGO TOSCANO rimette in gioco l’ormai  famoso progetto della “ discordia “ di riforestazione dell’Isola del Giglio .

A tal proposito, ammetto di non aver seguito morbosamente l’intrigata storia , e tale disinteresse è dovuto al fatto che non avrei mai creduto che un’idea così lontana dagli scenari attuali di protezione ambientale, potesse essere presa in così seria considerazione, soprattutto per i presupposti di Legge, sia Regionale, sia Nazionale che Europea: tuttavia essendo i miei interessi profondamente legati allo studio della natura, ed essendo inoltre l’autrice della carta della vegetazione dell’Isola del Giglio (tesi di dottorato presso il dipartimento di biologia vegetale di Firenze seguita dal Prof. Arrigoni, presentata all’Isola del Giglio il 1 luglio 2005 alla presenza del Sindaco e dell’Assessore all’Ambiente del Comune dell’Isola , nonché della Regione Toscana , Assessorato all’Ambiente , nonché della Provincia di Grosseto e della Provincia di Livorno, con i rispettivi Assessori , per la prima del Turismo, per la seconda dell’ Ambiente ), mi sento moralmente spinta ad esprimere un mio parere.

Le fotointerpretazioni aeree da me eseguite su materiale pregresso (1968) e materiale attuale, evidenziano in modo chiaro (quantitativamente calcolato mediante l’utilizzo di matrici georeferenziate) come quest’isola negli ultimi 35 anni abbia subito un sostanziale trend positivo di rinaturalizzazione.

Il confronto tra la carta della vegetazione attuale e la carta della vegetazione pregressa, effettuato con le procedure precedentemente indicate, ha permesso di calcolare la variazione percentuale delle superfici occupate da ogni tipologia vegetazionale permettendo di verificare quanto è rimasto uguale rispetto al passato e le eventuali percentuali cedute o acquisite da altre tipologie vegetazionali.

Analizzando i dati ottenuti appare con molta evidenza il decremento delle aree occupate dalla gariga e dalla macchia, con un guadagno da parte della macchia alta che è aumentata dell’11%, della lecceta  (+2,7%) e una diminuzione delle aree a seminativo.

La sintesi eseguita tra i dati quantitativi e quelli qualitativi indica un cambiamento di uso del territorio, passato in questi decenni da una gestione prevalentemente agricola ad una gestione turistico-ricreativa. Tale fenomeno sembra aver favorito un dinamismo vegetazionale ricostituivo di aspetti ecologicamente più evoluti, caratterizzati da un maggior livello di biomassa.

Inoltre penso che chiunque si interessi ed ami la flora e la vegetazione mediterranea sappia che la sua bellezza ed importanza sta nell’alto tasso di biodiversità che la caratterizza,  e nell’equilibrio  raggiunto con la convivenza millenaria con l’uomo

In particolare per quanto riguarda la natura insulare riporto l’introduzione che scrissi in occasione della presentazione della Carta, che sintetizza i più salienti aspetti di questo patrimonio:
“Le Isole sono da sempre considerate da ricercatori e scienziati “laboratori a cielo aperto”.

La loro estensione, per natura circoscritta, e le barriere geografiche naturali concorrono a creare un ecosistema particolare per gli organismi che la abitano. L’insularità si manifesta principalmente con la presenza di specie e sottospecie endemiche, ovvero esclusive delle isole in quanto diversificatesi da analoghe forme continentali, e da una notevole frequenza di fenomeni di immigrazione da parte di alcune specie e di estinzione da parte di altre. L’alto tasso di biodiversità concorre in modo non trascurabile ad arricchire il nostro patrimonio naturalistico, il quale, non bisogna dimenticare, ci offre quotidianamente  benefici e supporti allo sviluppo economico e sociale.

La particolarità di un tale ecosistema, in quanto sistema chiuso, ha il proprio limite nella estrema vulnerabilità a ciò che viene “da fuori”.

I presupposti per difendere un equilibrio così fragile sono la conoscenza del patrimonio esistente e la sua divulgazione.”

Sono sicura che queste poche righe non verranno interpretate come un’accusa o un attacco personale (dai quali francamente vorrei tenermene fuori), confidando che il primo presupposto per qualsiasi intervento sia la conoscenza del territorio dove ci si muove.

Dott.ssa Valeria Pancioli
Università di Firenze