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A CHE VALE IL NATALE?
Cos’è mai il Natale per la gente che “vale” e per quella più “frale”? Un event’ astrale che, preannunciato, s’è, al fine, avverato, con una cometa, che porta alla meta, in terra di Giuda, deserta ed ignuda, nell’ora “compieta”, pastori e re magi, che, di veglie e disagi , sia stanchi che paghi, recan seco la “manna” alla spoglia capanna, ove giace ‘na mamma, che, pur immacolata, ha, da poco, sgravata, la “grazia” d’un bimbo tra un asino e un bue, e un padre ramingo, che, tutto solingo, se ne sta sulle sue?
Ovvero l’avvento, con questo piccino di “stampo” divino, incarnato nell’uomo (che, pagò ‘l tormento, da “prence” del Trono, d’essere crocifisso), del solo “strumento”, qual sola manleva pe’ uscì dall’abisso, in cui fu gettato Adamo con Eva, avendo assaggiato seppur’ inibito il frutto proibito?
Oppur per la pace e la misericordia, la giustizia verace, la savia concordia, l’amore per gli altri, il perdono per tutti, sia per gli “scaltri” che pei farabutti, “financo” ad offrire a chi abbia l’ardire di colpirti in volto, seppure stravolto, l’altra tua guancia, e dar giusta “mancia” a chi nulla possiede, se non te la chiede?
Tutto questo è nei voti! Altrettanto è l’impegno! Ma chi è più indegno, d’un uomo d’ ingegno, che, appagato, non noti, che non vale un Natale che sia bello e sfavilli, se, poi, niente gli cale che, nel mondo reietto, più d’un sia costretto a mangiar larve e grilli; che non serve un Natale, col presepe e l’abete, più le gran luminarie, con le preci “plenarie”, e le Messe cantate, se le tante promesse, ancorché desuete sono tosto rimesse; che non serve il Natale, se perdura la guerra, se ogni dove t’assale, od ovunque t’afferra la falange più “sgherra”, con mortale guerriglia, se la strage t’artiglia qualsivoglia famiglia, se chi scampa l’orrore, d’ogn’ efferatezza, o difenda l‘onore dell’atavica fede, ben sperando salvezza dove ancor’ essa riede, attraversa quel mare, che, se, fu vanto nostro, oggi non è che un mostro, che anziché traghettare, lo fa spesso annegare?
Or se, dunque, si è tali, più cattivi e brutali degli stessi animali, a che serve far festa, se ogni danno ci resta, e, poi, il Capodanno, che reca altro danno ché la circoncisione, è pur sempre passione per l’inerme bambino, che, di “stampo divino”, dopo l’Epifania in cui fu “mostrato” e dal mondo ammirato, ebbe sorte ben ria: qual suprema impostura, sottomesso a tortura, ebbe, per guiderdone, la crocefissione?
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