A nuoto dal Giglio alla Sardegna: 110 miglia di solidarietà
La Milano Nuoto Master A.S.D. rappresentata dal Team Italian Dolphins, con il sostegno della Croce Rossa Italiana, della Società Nazionale Salvamento, SIULP Milano e SIULP Lombardia, l’Associazione di promozione sociale Vivere il Territorio e con la collaborazione della Capitaneria di Porto Comando Generale, Capitaneria di Porto di Olbia e Porto S.Stefano, sono i promotori di un evento sportivo a scopo benefico che si terrà il 29 Agosto 2015.
SWIMMERS FOR CHARITY sarà una staffetta a nuoto eseguita dai quattro componenti del Team Italian Dolphins con partenza dall’Isola del Giglio e con arrivo a La Maddalena. La traversata del Mar Tirreno sarà eseguita nuotando per circa 100 miglia senza sosta alternando i turni di nuoto ogni 2 ore.
D’Angelo Walter, Manzo Clemente, Mauri Maurizio e Martinetto Marco; ecco il Team Italian Dolphins.
I Delfini Italiani, già esperti in alcune imprese natatorie come per esempio la traversata del Canale della Manica (Inghilterra-Francia) nel 2011 (primo team italiano a compiere la traversata), saranno accompagnati nell’impresa sportiva da imbarcazioni a vela con un equipaggio formato da esperti skipper, medici, fisioterapisti, psicologi e accompagnatori.
SWIMMERS FOR CHARITY, ha lo scopo di sostenere la CROCE ROSSA ITALIANA, in particolare il Centro Sturla della Croce Rossa di Genova, che ospita attualmente 42 piccoli pazienti emato-oncologici seguiti in day hospital al Gaslini di Genova con i loro genitori, bambini in attesa di trapianto e di donatore. La partenza della traversata non è stata scelta per caso. Uno dei nostri patrimoni naturali, come l’Isola del Giglio, da alcuni anni al centro dell’attenzione per motivi conosciuti a tutti, ha sicuramente bisogno di essere rivalorizzata per quello che è stata da sempre. La traversata del Mar Tirreno dal Giglio a La Maddalena vuole essere un segno di vicinanza alle popolazioni Sarde colpite nel novembre 2013 dall’alluvione, ricordare le persone scomparse al Giglio e rivalorizzare le fantastiche acque della costa Toscana.
UN’ IMPRESA E’ SEMPRE UN’ IMPRESA, ANCHE SE CI SONO IMPRESE PIU IMPRESE DELLE ALTRE Non ci sono tanti discorsi da fare al cospetto d‘un’impresa, soprattutto se questa è organizzata e “curata” Dalla Croce Rossa. Un'mpresa è un’impresa, e nuotare per 110 miglia nautiche senza soste, anche se la fatica è ripartita in quattro impavidi volontari dotati di fiato e muscoli, ha dell’incredibile. Gloria, quindi, a chi, per raccogliere fondi di solidarietà, la intraprende sprezzante d’ogni pericolo. C’è un’impresa, però, ben più spavalda e gravosa che, negli anni sessanta, ebbe a compiere un intrepido uomo di Orbetello Scalo, di cui mai nessuno seppe e mai nessuno parlò. Nella fattispecie fu quella di Amos Calchetti, uomo conosciuto, come avrebbe ben potuto confermare “Veo” dello “scoglio” di Campese, perché bravo elettricista e poco più Costui era mio padre. Mio padre che, appunto, ebbe, sempre a nuoto, ancorché non particolarmente dotato, a compiere una “superimpresa”, senza mai fermarsi, e senza sostanziali assistenze, se non lo sprone di qualche “marinaio”, che, incrociandolo con la sua barca da pesca o da crociera, lo incitò a lungo fino a vederlo scomparire all’orizzonte. Ad occhio e croce, si trattò di circa 130/140 miglia nautiche, equivalenti a ventiquattr’ore di nuoto, a pieno ritmo, d’un umo sulla quarantina, abbastanza in salute, seppure non proprio nel “fiore degli anni. Tutto cominciò con una ragazzina, mia nipote, di appena sette anni, ossia Anna Battisti, figlia di mio cugino Giancarlo, a sua volta nipote di Amos, che, orfano di padre, era praticamente sempre vissuto in casa mia. Ebbene, Anna, che stava a Roma e che era venuta in vacanza ad Orbetello, praticamente ogni giorno, veniva accompagnata, da Amos, al mare d’Ansedonia, a bordo d’una vecchia Opel Kadet. Opel Kadet che Amos sistematicamente, una volta fatta scendere la bimba ed organizzatole un riparo presso la riva, sotto un ombrellone, dimenticava in mezzo alla strada, ostruendo il traffico agli altri bagnanti che, con le rispettive vetture, erano diretti al parcheggio, posizionato dietro il bar-chalet di Tenerini. E, come al solito, di fronte a questi energumeni giustamente infuriati, che minacciavano di sollevare il veicolo e spostarlo fuori strada, sulla sabbia, insorgeva, in tutta la sua imponenza e vigoria, Riccardone Ceraolo, nostro vicino di casa ed aiutante tuttofare presso il punto di “ristoro”, facendo intendere con le buone e, all’occorrenza, con le cattive, a quei "malcapitati" che dovevano avere pazienza perché Amos, prima o poi, sarebbe ritornato. Sarebbe ritornato perché non si metteva nemmeno il costume e, dopo essersi un po’ trattenuto in spiaggia, a sorvegliare la bimba mentre faceva il bagno sottoriva, a spettegolare ed a parlare del suo Milan con qualche conoscente, prima o poi sarebbe arrivato al bar per il consueto caffè. Un giorno, a quei tempi Amos aveva tra i sessanta ed i settanta anni, alla bambina, visto, appunto, che Amos, non si metteva mai in costume, venne da chiergli: “Ma tu zio sai nuotare?”. La riposta fu fulminea: “Ma cosa mai dici, io non entro in acqua perché, ormai, dopo tanti anni di nuotate, non ne ho più voglia e sono stanco. E poi, ho qualche reumatismo, ed ai “reumatismi”, come si sa, l’acqua non giova. Ma cosa mai t’è venuto in mente?. Sappi che il sottoscritto, come qui è, a tutti, ben noto, ha, addirittura, compiuto un’impresa formidabile, mai più eguagliata da nessuno: senza mai smettere di nuotare, in ventiquattr’ore, partendo proprio da questa spiaggia, è arrivato ad Olbia”. La bimba rimase sbalordita e, da quel giorno, in cuor suo, sempre più s’accrebbe l’affetto e l’ammirazione verso l’anziano zio, visto, ormai, come un mitico eroe. Passarono i mesi e ad inizio dell’anno scolastico successivo, mia cugina Marcella, moglie di Giancarlo, e madre di Anna, un giorno fu convocata, per telefono, “per comunicazioni alla famiglia”, dalla scuola elementare frequentata dalla figlia. La mattina dopo, accompagnata la figlia in classe, si fece annunciare alla dirigente per conoscere le motivazioni dell’insolita convocazione, temendo chi sa cosa. Non appena fu al cospetto dell’anziana insegnante, mia cugina fu “investita”, seppure con estrema cautela e circospezione, invece che dalle attese “comunicazioni", preannunciate telefonicamente, da una serie di velate domande sullo stato mentale della figlia, che adombravano la necessità di farla ben visitare da uno psichiatra allo scopo di accertare se non avesse bisogno di specifiche cure o ricoveri, in quanto continuava a ripetere, imperterrita, come un mantra, alle compagne ed anche alla stessa maestra, strepitando al limite della crisi di nervi se non veniva creduta, che suo zio Amos di Orbetello, era un eroe magnifico ed insuperabile, in quanto, da solo e senza mai fermarsi, con una “tirata” di ventiquattr’ore, da Ansedonia era arrivato ad Olbia, a nuoto. Alla fine Marcella, che conosceva quanto me la naturia bonaria e burlona di mio padre, mangiata, come si suol dire, la foglia, dopo essere letteralmente scoppiata in una fragorosa risata, fece convocare la figlia ed al cospetto della bambina riferì alla Direttrice che, nella fattispecie, si trattava certamente di uno scherzo di mio padre, cui, talvolta, piaceva “celiare” con i ragazzini, per “sbalordirli”. In quel caso s’era, però, dimenticato, poi, di rettificare l’improvvida bugia che, nel frattempo, aveva ben attecchito, ingigantendosi, nella mente di Anna, adesso funzionaria di buon grado presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.