Ho parlato con alcuni dei nostri giovani in piazza, all'arrivo del traghetto, questo fine settimana di scirocco al Giglio. C'erano Andrea, Davide, Vincenzo, Massimiliano..... C'era anche Massimo, un Napoletano che insieme alla sua compagna Gina sta per diventare Gigliese, anche se ancora non lo sa. Questi ragazzi li vedo volentieri ogni volta; sono sorridenti, educati, salutano con rispetto e anche con gioia.
Ho chiesto loro: - Che cosa manca al Giglio? -
- La gioventù. - Mi hanno risposto . - Vedi, non c'è nessuno.
- Cosa ci vuole per far venire i giovani? -
- Lavoro, luoghi di divertimento.... -
- Rimarreste al Giglio se ce ne fosse la possibilità? -
- Ma noi ci stamo qui! Pure senza possibilità!- Ha risposto Vincenzo. Una battuta spontanea, che ci ha fatto ridere.
Sono amici dei miei figli. Quando parlo con i miei figli dei loro amici, mi confessano che c'è un filo speciale che li unisce tutti, qualcosa che non sanno ben definire, inafferrabile, qualcosa che viene percepito e compreso solo da loro e, anche se si frequentano tutti poco ormai, presi dagli studi in continente, dai viaggi all'estero, dalle fidanzate e dai fidanzati, dalla vita che incalza, per ognuno di loro tutti gli altri, il gruppo, rappresantano "gli Amici", quelli che sentono ciò che essi sentono. E' un po ' quello che succede a me e, spero, a tutti quelli che hanno fatto parte della mitica Banda di Bacco. E' quello che succede a chi è nato su questo scoglio. Un'identità comune.
Quella che a parere di molti sembra essersi perduta.
Io invece credo che esista ancora, anche se l'abbiamo oscurata e messa da parte, presi da altri obiettivi. E credo anche sia arrivato  il momento di estrarla da sotto l'ammasso nei nuovi interessi, dai vari caos delle nostre vite, questa "identità", e farla emergere, farla salire sulla cima di una catasta di pesi, farla risplendere e renderla visibile a tutti, come una luce.
Sembra, dai pareri che sto raccogliendo in questo periodo, che il "si stava meglio quando si stava peggio" sia prepotentemente attuale, intendendo con questo che oggi non ci sono più sentimenti di solidarietà, ne' comunicazione.
Sembra che ci sia sono una gran lotta ad "arrivare primi", raccontandosi bugie o celando intenzioni, nei meschini tentativi di accaparrarsi qualcosa per se', come se gli altri fossero pirati e senza rendersi conto di esserlo anche noi, dei pirati.
Sembra che nessuno faccia niente per niente, ne' per nessuno.
Sembra che si pensi solo al proprio orto, possibilmente sottraendo qualche frutto agli altri, invece che chiedere aiuto a piantare i semi.
Sembra che nessuno dica niente di vero e che tutti mascherino dietro belle parole di interesse sociale il proprio tornaconto.
Sembra che non ci sia comunione.
Sembra che non ci sia condivisione.
Sembra che sia sparito anche il salutare pettegolezzo, quello che dimostrava che in fondo c'era una certa attenzione alla vita della comunità; che non sappiamo più niente l'uno dell'altro e che è bene tenere nascoste le cose per non farci fregare sul piano dell'interesse economico. Non si dicono i propri drammi per paura che altri possano approfittarne.
Sembra che siamo capaci di sbandierare grandi sorrisi di soddisfazione e sfilare con auto di grossa cilindrata per far vedere che....
Sembra che l'arrivo repentino dell'attività turistica al Giglio negli anni 60, ne abbia denaturato la vocazione contadina e marittima.
Sembra che oggi il vero obiettivo sia fare denaro facile e subito, lavorando tra mesi d'estate e godendoselo il resto dell'anno. O investire i guadagni in affari che produrranno altro denaro senza investire in un futuro possibile.
Sembra che in conseguenza a questo l'isola si stia spopolando, dopo essere stata spolpata, e che non ci sia possibilità di ritorno, intendendo sia il ritorno sull'isola che il ritorno alle origini.
Sembra  che invece non ci sia tutto questo benessere esposto in vetrina, non per la maggior parte  almeno. Benessere ne' materiale ne' psichico.
Sembra che molte persone vivano appartate, se non in completa solitudine, o addirittura isolate, talvolta reiette.
Sembra che sia un grosso disagio, un gran senso di precarietà.
Sembra che non si sappia bene dove indirizzare il nostro pensiero e, per chi ce l'ha, la nostra energia.
Sembra tutto questo, o solo questo, ma io non ci credo.
Perchè se è vero che un ritorno alle origini sarebbe anacronistico e impossibile, poichè il progresso cammina e il tempo non è un gambero, credo che invece sia possibile un ritorno fisico sull'isola. Sono convinta che si possano creare, sulle basi di una ritrovata "identità", le condizioni economiche per la vita sull'isola tutto l'anno per una popolazione residente più numerosa.
Quello che vedo è  un nuovo interesse - lo chiamerei Amore - per il territorio; la riscoperta della soddisfazione di vedere maturare un grappolo d'uva o catturare un totano nelle calme acqua di ottobre.
Quello che vedo è l'orgoglio con cui mi viene mostrata la nuova illuminazione del pozzo settecentesco donato dal Granduca di Lorena.
Quello che vedo è il piacere di cantare, suonare, recitare insieme nei gruppi del Coro, del Teatro, della Banda.
Quello che vedo è la ricerca delle radici nelle associazioni come la nuova Cooperativa Le Greppe, che ha comprato un frantoio e si ripropone la pulizia dei sentieri.
Quello che vedo è il Circolo Culturale che promuove la diffusione della storia del Giglio e lancia i suoi artisti.
Sono 23 ( li ho contati, ma forse ne manca qualcuno) i gruppi associativi sull'isola. Non si può dire che ci manca il collante o che siamo completamente individualisti o incapaci.
Forse ciò che ci manca è un po' di coordinamento, un po' di ottimismo, un po' più di fiducia in noi stessi; di essere capaci di dire, come in una famosa pubblicità, "io valgo". Ciò che ci manca è un nuovo modo di guardarci.
Perchè quello che vedo è il sorriso sincero e lo slancio degli amici dei miei figli quando  mi vengono incontro per salutarmi.

Marcella Ansaldo
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