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Appello alle donne musulmane
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APPELLO ALLE DONNE MUSULMANE (A MO’ DI LISISTRATA)

Ah le donne!, vergini o madri, libere di amare, libere di peccare.

Ah, la donna!, luce della luce, delizia del creato, attrazione dei sensi, conforto dell’anima, ruscello di miele, ancora di salvezza nella perdizione. Creata, non a caso, per perpetuare la specie e, quindi, istruire l’uomo al piacere, al sacrificio, al dovere ed al diritto; alla vita, siccome all’inevitabilità ed alla gratuità della morte.

Scrigno di saggezza e di pudori, sorgente di giustizia e d’amistà, soglia d’eguaglianza e libertà.

Donne musulmane, impossibilitate, invece, ad’essere quel che sono ed a vivere come vogliono! Donne segregate e vessate nei loro piaceri, votate al sacrificio ed, a volte, anche al martirio, per imposto fideismo ideologico, o, per spirto di vendetta.

Donne sole nei loro paludamenti di dolore, che tolgono alla vista ogni candore e solo gli occhi consenton d’ammirare.

Quando penso, a questo controsenso, a questo iato, io sono frastornato e pur mi sturbo, icona musulmana, non femmina umana, di rispetto, onore e pure amore, come la “nostrana”, ma resa schiava e disumanizzata in quanto soggiogata, per natura e per diletto del maschio ditattore, senza nemmeno goder del ben dell’intelletto.

Sicchè, per ore ed ore, provo gran dispetto, tanto che, nel petto, inizia a tumultuare il mio povero cuore, quando, poi, rifletto sulla veste di dolore che, nera, rassomiglia a un albero bruciato, che, vinto dalla sorte, qual simbolo di morte pian piano s’assottiglia.

Ma come fate, chiedo, ad accettare il credo, quasi foste drogate, che l’essere umiliate, e vivere in clausura, sia legge di natura, com’era la lordura di quei vecchi Casini, dov’eran segregate, seppure non inclini, le donne sciagurate, esperte nel mestiere, di Taide “la puttana” che, col suo sedere, faceva la trombetta? E quanto pure insana, ovver cosa negletta, a voi sia la “disdetta” di non poter tenere le briglie del sapere, ch’è fonte del volere più questo che non quello, e non un qualche orpello per far che un volto bello divenga ancor più bello, bensì un gran tesoro per cingersi d’alloro ed esserne orgogliose, sia da bimbe che da spose.

E, allora, in onestà, io vi domando “Quando mai sarà che vi ribellerete? Ed ancor, quando rigettar vorrete la subalternità, che non impose Allah, bensì quei ciarlatani dei falsi suoi scherani, che, spentosi Maometto, vi vollero nel ghetto per profittar di voi sott’ogni aspetto, in piena libertà e fino a sazietà?”

Perché, mie musulmane, invece, d’esser strame ed assai debol casta, sempre e comunque, messe all’asta, da quando ancor vagite, non vi sforzate di mutar e, quindi, emancipar le vostre tristi vite, da sempre disgraziate e assai svilite, da sempre segregate, ché già, in schiavitù, so’ state concepite? Perché non date un taglio al malvizio d’essere subornate, e al mal servizio d’una maschio, marito, padre, padrone e dittatore, che, facendosi usbergo dell’onore, dispone, sempre e comunque, a vostro danno, negandovi alla libertà com’ a un malanno?

Perché, invece di stare in armistizo, ch’è solo umiliazione e servitù, non vi costituite in sodalizio, un saldo sodalizio di virtù, negando di restare a tu per tu, con chi vi tiene ogn’ora in schiavitù, come fece Lisistrata ad Atene, che, per far cessare, al fin, le pene dei protervi cultori della guerra, che gli uomini portavansi sotterra, convinse le mogli, fatte amare, il talamo agli sposi rifiutare?

Or dunque, Musulmane, per vostra giustizia e libertà, sempre e comunque, fino a tarda età, rifiutate di concedervi a coloro, che, in pubblico, e nell’intimità, di vostra dignità fanno disdoro, con massima superbia ed empietà!