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"Appunti di un'estate": omaggio al Giglio
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Appunti di un’estate, così lontana, così vicina ...

Eccoci qua. Ultima spiaggia. Nel senso che siamo alla sera dell’ultimo giorno delle vacanze di natale, ultima occasione per mantenere con me stesso la promessa di scrivere qualcosa per ricordare l’esperienza fatta l’estate scorsa al Giglio, o lo faccio ora, anche se sono passati 5 mesi e mezzo, o non mi capita più.

Ma ci tengo, perché inaspettatamente ho scoperto un piccolo mondo “intero”, nel senso che ci si trova tutto, ed in soli 3 giorni e due notti ci ha coinvolto, come se fossimo entrati in casa di un ospite, che ci dice “fate come se foste a casa vostra”.

Di fatto nessuno ce lo ha detto, ma trovarsi a cenare per le vie del castello in mezzo ai ragazzi che tornano dalla terraferma per passare l’estate, scambiare due parole con la signora del B&B che ci raccontava di quando è rimasta senza marito, trovarci nel bel mezzo di una cena tipica allietata dagli stornelli di Alessio Guarnieri, e vedere che quando intona “Son Gigliese e canto” anche il cuoco e gli aiutanti si fermano ed escono dalla cucina per sentire (dentro) la loro canzone, sorseggiare Ansonaco a iosa, come un diamante grezzo fino allora sconosciuto, tuffarsi dagli scogli del Campese, girare mezza isola per la prima volta in barca da soli, mia moglie, i miei due bimbi di 9 e 11 anni, ed io, con l’onda lunga sulla costa ovest che ci dava una certa emozione, e col mare più adatto per fare il bagno dal lato dell’Arenella, con un Polipo che strusciava sul fondo a 6-7 metri di profondità a braccia aperte, e i nostri bambini a nuotare per la prima volta nell’acqua fonda , loro abituati alla vita da spiaggia sulla costa, nuotare in mezzo ai pesci alle Caldane o alle Cannelle, salire a piedi verso sera con tutti quelli che erano i nostri bagagli dalle Cannelle fino al Castello, arrivare strasudati anche se erano le 8 di sera, e rifarsi con la brezzolina e la vista del tramonto e di Montecristo, riscendere la mattina a piedi fino a Campese, ed il giorno dopo dal Castello alle Caldane passando per i siti preistorici, con il sole che ormai era alto e una voglia irrefrenabile di arrivare per buttarsi quanto prima nelle acque turchesi, ma sostenuti sempre da un benevolo venticello caldo, traguardare, accarezzati dal fratello del venticello caldo, quello della sera, le luci della costa e dell’Elba dal pertugio nelle mura del Castello in direzione nord ...., tutto, tutto questo, ci ha fatti sentire stranamente come se fosse tutto normale, come se fosse tutto dovuto, come se ci appartenesse già prima che lo conoscessimo, come se fossimo a casa...

Oddio, io c’ero già stato da ragazzino un giorno, avrò avuto 8-9 anni, per pasqua, ed avevamo fatto la stessa scalata al Castello e poi la discesa al Campese a piedi, con il sole che già ci faceva sudare in salita, e ci costringeva a finire la scorta d’acqua, anche quella delle mozzarelle che mia mamma da brava tedesca portava impacchettate, perché il panino si faceva lì per lì.., questo me lo ricordavo, ma chiaramente non potevo avere ricordi così precisi 35 anni dopo.

E non potevo sapere allora che esiste una comunità di qualche centinaio di persone che vive fissa sull’isola, che segna il ritmo delle stagioni, tutte, con gli eventi del vino, della musica, della cultura..., che è costituita da un’alta percentuale di musicisti, che sembra risuoni sempre la musica per le vie del Castello, che tutti si conoscono, che te li immagini in inverno attorno ad un focolare, o in casa di qualcuno, in totale pace, la pace che d’estate va invece difesa, da loro, a fatica, dai numerosi invasori, a volte indisciplinati, ma sempre meglio che i pirati di un tempo !!

Forse però devo molto anche ad una persona che mi aveva preparato nell’animo facendomi vivere tutte queste sensazioni nel suo romanzo, Lorenza Pieri, di cui ho letto circa un mese prima di venire al Giglio “Isole minori”, e che vorrei ringraziare di cuore, ma non so come, chissà, forse attraverso questo strumento di lettura telematico...

Vorrei ringraziarla di avermi fatto entrare nel suo mondo dell’infanzia, lo stesso che ricordo io, degli anni 70 e 80, il mondo della sua Teresa, fatto di semplici ma fortissime tinte di colori, sapori, odori, suoni, amori giovanili, cose non dette mai abbastanza, di silenzi capiti allora solo dalla natura che ti circonda, ma che negli anni vengono fuori come una verità che era già scritta, anche se nessuno l’aveva voluta sentire, da una secondogenita tranquilla, come molti secondogeniti, come sono anch’io, che correvo per i campi delle colline del Chianti, come lei correva, e si sbuccicava dappertutto, sugli scogli del Giglio, un mondo eterno, e sempre presente in noi, anche se sono passate decine di anni di storia, anche se siamo diventati genitori e siamo presi da faccende seriose come il lavoro degli adulti...

Un mondo che ho trovato lì ad aspettarci, a fine luglio, come se ci aspettasse da tempo, un mondo assolutamente reale, e non presente solo nella fantasia, tant’è che ho trovato dal vivo subito alcuni personaggi i cui nomi erano citati nelle cronache numerose dei giorni della Costa Concordia, anche da parte della stessa scrittrice; e immagino che anche lei, che vive in America, si senta avvolta da quest’atmosfera accogliente ogni volta che torna, ma anche ogni volta che va, e ogni volta che, in qualsiasi parte del mondo si trovi, si soffermi un attimo a percepire dentro di se’ la presenza costante di questo piccolo mondo assolutamente completo.

Grazie all’Isola e ai Gigliesi, e ... a presto !!!