Dopo la lettura della lettera firmata "dall'anonimo", mi sento in dovere di esternare la mia personale, personalissima opinione.
Credo che i concetti espressi nella sopra citata lettera siano stati esposti in modo troppo superficiale per poter meritare una risposta.
Volevo sviluppare un concetto semplice, ma essendo troppo semplice può sfuggire con molta facilità.
Molti dei giovani che ogni anno teminano le scuole medie, o che hanno conseguito il diploma o la laurea, si trovano costretti ad analizzare alcuni elementi su cui basare le loro scelte lavorative. L' Isola non è in grado di metabolizzare tutto il materiale umano che annualmente si specializza,pertanto i limitati posti di lavoro portano molto spesso ad optare per una scelta che necessariamente porta lontano dai propri luoghi di origine.
Basta questo per perdere " la qualifica" di Gigliese? Quanta superficialità.
La mia personale scelta lavorativa, e le origini di mia moglie (Croazia) mi portano a dover dividere i miei 30 giorni di ferie annue tra gli affetti, da ciò ne deriva che si vive poco, pochissimo con la famiglia di origine di mia moglie, con la mia famiglia di origine e con la nostra amata isola.
In merito al fine settimana, questo è difficile da utilizzare per coloro che come me lavorano da lunedi sino alle 14 del sabato tenendo presente che gran mole di lavoro sono costretto a svilupparla fra le mura domestiche durante il week-end.
Nonostante ciò, non mi sento un gigliese di serie B, ho 37 anni e da cica 25 il mio soprannome è "Il Giese", non conoscerò le problematiche attuali del vivere su un isola, ma conosco e ricordo con memoria fotografica quelle passate, quando la distanza dal continente era se possibile ancora ampia visto la mancanza di servizi di cui solo oggi  si può godere.
Ricordo le dighe di sabbia fatte sulle spiagge e i ceffoni di babbo Tancredi quando tornavo a casa zuppo, l'inchiostro fatto con i fichi d'india selvatici quando ci riempivamo di minuscole spine, i cappellotti trafugati tra le maglie delle reti del M/P Annamaria di Nando e Angelo per andare a pescare dai meravigliosi scogli dietro il saraceno, le grigliate e i funghi fatti a scopeto la Domenica dopo la messa di Don Albano dove Guido Cossu intonava cansoni liturgiche; le pietre lanciate a coloro che buttavano ogni genere di rifiuti nelle discariche a cielo aperto (come ad esempio sopra cala dello smeraldo) e relative fughe verso le "pompe" quando venivamo inseguiti dai fumanti apetti; le partite a calcetto condivisecon Morena e Adulio al campo delle scuole elementari  che spesso asciugavamo con scatole di cartone lasciate dal  "mercato"; il profumo di sego fatto con il grasso della macelleria di Angiolino con cui lubrificavamo gli scalmi per affrontare il mini palio. 
L'apparteneza al nostro scoglio è un fattore genetico, Il Giglio lo senti scorrere nelle vene anche se vieni considerato un  FORESTIERO, e la sofferenza che si prova nel non poter vivere della nostra terra è un sentimento sconosciuto a chi non ha mai subito tale privazione.

Grazie .
Apso Giuseppe DANEI