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CARLO e NELLO ROSSELLI, un ricordo
Qualche giorno addietro, esattamente il 9 Giugno, ricorreva il 77° anno dell’assassinio, avvenuto, per mano della “Gagoul” francese, dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, figure del più puro ed eroico antifascismo italiano ed internazionale.
Anche con qualche giorno di ritardo (meno d’una settimana), se me lo consentite, vorrei commemorare la loro tragica scomparsa, avvenuta, a “Bagnoles sur l’Orne”. E questo anche perché, in questi ultimi tempi, ondate e turbolenze di revivescenza fascista, talvolta anche di sostanziale spessore, come in terra di Francia (con i Le Pen), stanno “riaffacciandosi” all'orizzonte europeo.
Inizierò, quindi, a trattare dei due fratelli, diretti discendenti di Pellegrino Rosselli, nella cui casa di Pisa ebbe a rifugiarsi e spirare, sotto il falso nome di George Brown, Giuseppe Mazzini (Pellegrino era anche zio della moglie di Ernesto Nathan, ovvero del più illustre Sindaco di Roma, che amministrò, in modo impeccabile, la capitale dal 1907 al 1913), partendo dalla ristampa, annunciata, di un importante libro, “Carlo e Nello Rosselli: un ricordo”, che, tradotto, dall’originale, “Carlo e Nello Rosselli – A memoir”, scritto, in Inglese, per ”The Intellectual Lberty” di Londra, da Gaetano Salvemini, “uscì” qualche anno fa, anche in Italia, per i “tipi” di “Galzerano”, editore anarchico di Casal Velino Scalo, provincia di Salerno.
In quel libro, Il grande meridionalista e Storico Gaetano Salvemini, tra i personaggi, politicamente e culturalmente, più importanti e significativi dell’Italia della prima metà del ‘900, fondatore con i Rosselli, Ernesto Rossi e Pietro Calamandrei, del periodico antifascista “Non Mollare” e del movimento politico “Giustizia e Libertà”, nonché prestigioso insegnante (dopo aver svolto attività didattica presso importanti istituti universitari francesi ed inglesi) di “Storia della Civiltà italiana” ad Harward, in veste di “padre putativo”, dal punto di vista intellettuale dei Rosselli, ebbe, tra l’altro, a descrivere il drammatico assassinio di Carlo e Nello, in base alle risultanze ricognitive sui cadaveri effettuate dai “periti settori” ed alle indagini effettuate dagli inquirenti transalpini.
Ebbene, premettendo, che dopo il “passaggio”, a Bagnoles sur l’Orne, d’una tappa del “Tour de France” di qualche anno fa, ebbi letteralmente ad “incazzarmi”, sia presso la Rai che presso l’Ordine Nazionale dei Giornalisti (di cui ero allora Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti), nei confronti del collega Bulbarelli della nostra Televisione sportiva, perché mentre s’era dilungato a descrivere le virtù curative delle acque che sgorgano dalle sorgenti di quella località termale, neanche una parola aveva speso in merito alla tragica vicenda dei Rosselli, mi piace puntualizzare il fatto che, nell'importante libro di Gaetano Salvemini (che ho avuto l’opportunità di leggere nell'edizione italiana, corredata, tra l’altro, di una riproduzione anastatica del primo numero di “Giustizia e Libertà”), i due antifascisti, pur nella difforme collocazione politica (Carlo, il maggiore, era Socialista Riformista e Nello, chiamato anche Sabatino, rigorosamente Mazziniano), e nell'ambito dei diversi ruoli ricoperti (Carlo, combattente in Spagna; Nello, professore di Storia all'Università), sono qualificati alla stregua di “Campioni” assoluti della “Democrazia militante”.
E che Salvemini, agli occhi del Fascismo, fosse stato, per i due, non solo e non tanto la scintilla, che ha suscito in loro (“prossimi”, per vicende familiari, al pensiero mazziniano) la scintilla patriottica ma anche la linfa animatrice del loro attivo protagonismo contro la dittatura, bastano a confermarlo (con il dovuto beneficio d’inventario), le parole dello stesso Duce, riportate nel libro “Taccuini Mussoliniani” scritto dal suo “protetto”, Yvon De Begnac.
Libro in cui si riferisce, appunto, che il Duce, appena venuto a conoscenza della morte del Repubblicano Arcangelo Ghisleri, mentre, in merito alla figura di questo irriducibile avversario, esprime sostanziale apprezzamento, specularmente, dell’emerito professor pugliese arriva, invece, a dire: “Quel linguaggio non ritrovai in Salvemini. Ghisleri era un santo, Salvemini è un isterico capace d’incoronarti imperatore perché gli hai rivolto un applauso, e capace di destinarti alla ghigliottina perché gliene hai rivolti due”.
Fatto sta che, a seguito dell’esecrabile morte dei Rosselli (Carlo, espatriato in Francia, dopo una fuga rocambolesca effettuata, assieme ad Emilio Lussu e Fausto Nitti, dall'isola di Lipari, ove era stato confinato per aver, con Ferruccio Parri ed Italo Oxilia, organizzato e portato a termine la fuga dell’anziano leader socialista Filippo Turati, era andato a combattere in Spagna, ove era rimasto ferito, e Nello, che lo aveva raggiunto a Bagnoles sur l’Orne, dove il fratello stava, appunto, curando le conseguenze della ferita), ordinata personalmente da Mussolini, subito dopo la “pesante” ed umiliante sconfitta di Guadalajara, ed eseguita efferatamente, a colpi di pugnale, da diversi sicari della “Cagoule”, braccio armato dei Fascisti francesi, non solo il Regime dittatoriale italiano uscì, platealmente ed irreversibilmente coinvolto attraverso le carte dell’inchiesta e le condanne emesse in contumacia anche nei confronti di autorevoli mandanti italiani, ma subì una reazione internazionale ed un rafforzamento dell’opposizione, tali che il 19 di Giugno, a Parigi, in occasione dei funerali dei due “martiri”, i feretri furono accompagnati da una folla strabocchevole, costituita da circa 300.000 persone, che compostamente li condusse, per la tumulazione, allo storico cimitero di “Pèr Lachaise”, che, a parte Napoleone Bonaparte, “sepolto” a “Les Invalides”, da tempo immemorabile, accoglie i “grandi di Francia.
Non solo, in occasione della dipartita di Amelia (Firenze: 24 Dicembre 1954), madre di Carlo e Nello, nonché di Aldo, morto eroicamente nel 1916 sul fronte della 1° Guerra Mondiale, per la quale s’era addirittura arruolato volontario, non ostante si trovasse nella potestà di poterla evitare, in quanto studente universitario di Medicina, Gaetano Salvemini, come, per altro verso, aveva fatto il grande costituzionalista e “costituente” Piero Calamandrei, per l’erezione, a Cuneo, del Monumento in onore dei Partigiani, cui dedicò i versi indimenticabili, oggi sulla pietra, che iniziano dicendo Lo avrai,/camerata Kesserling,/il Monumento che pretendi da noi Italiani,/ma con che pietra si costruirà/ a deciderlo saremo noi/ …., intese onorare quella santa donna con un “tributo d’amore e di stima” che non ha eguali e che il sottoscritto, siccome tanto ne è rimasto colpito e tanto l’ha sentito ricco di poesia, ha voluto “scandire” in versi, senza cangiare neppure una sillaba di quanto scritto dall'autore:
Quando Amelia, stanca e diafana, si presentò alla porta dell’eterno riposo, l’angelo guardiano le domandò con quali diritti chiedeva d’essere ammessa all'eterno riposo. Lei, che aveva Il pudore del suo cuore ferito, e non ne parlava mai, rispose timidamente: “Ho molto sofferto”. “Soffrire, soffrire” disse l’angelo, “Tutti i nati di donna sono fatti per soffrire; è il dolore che va cercare loro, non loro che vanno a cercare il dolore; non c'è nessun merito a soffrire”. “Non ho fatto mai male a nessuno”. “Non basta, non basta. Che merito c'è a non far male a nessuno, che crei il diritto all'eterno riposo?” “Ho fatto intorno a me tutto il bene che potevo”. “Questo è già qualcosa di positivo, ma è un minimo che non basta. L’eterno riposo è un premio che merita molto di più” Allora Amelia dove' parlare: “Ebbi tre figli, li educai ad amare giustizia e libertà. Uno morì in guerra, e due furono assassinati” L’angelo si chinò, le baciò le piccole mani ed aprì la porta dell’eterno riposo. Aldo, Carlo e Nello, l’aspettavan sulla soglia.
Sapersi esprimere con tanta intensità d’accenti è forse una dote naturale riservata ai grandi uomini morali! Gian Piero Calchetti
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