Risposta a “Mufloni e specie aliene: le precisazioni del Presidente del Parco”, pubblicato a firma di Giampiero Sammuri, Presidente PNAT Arcipelago Toscano, 21 Febbraio 2021
Regolamento EU strategico per la biodiversità e sua applicazione Non possiamo che prendere atto ed apprezzare le iniziative varate dall’Unione Europea in favore della biodiversità. Molto però ci sarebbe da dire su come le relative strategie vengano recepite ed applicate nel nostro paese. Nel caso ad esempio dell’isola del Giglio il presidente del Parco dell’Arcipelago Toscano, Giampiero Sammuri, in un articolo pubblicato dalla testata giornalistica on line GiglioNews del 21 febbraio 2021, ci comunica che il progetto LetsGoGiglio Less alien species in the Tuscan Archipelago: new actions to protect Giglio island habitats, ideato dall’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e finanziato tramite il Programma Life+ della Commissione Europea, prevede l’eradicazione dei mufloni, la cattura dei conigli, l'estirpazione e/o il controllo del fico degli Ottentotti e la rimozione della tartaruga americana Trachemys scripta. Oltre a ciò è contemplato anche il diradamento parziale delle pinete esistenti per il reimpianto di specie vegetali native e la creazione di quattro invasi artificiali per il discoglosso endemico, Discoglossus sardus. Dalle finalità che il programma “Let’s go Giglio” si è posto sembra di capire che l’isola sarà oggetto a breve di mutazioni ambientali condotte in profondità.
Forti perplessità dei cittadini riguardo al progetto LetsGoGiglio A questo proposito l’iniziativa Let’s Save Giglio, recentemente costituitasi in comitato, che si propone di sensibilizzare i cittadini e gli amatori del Giglio riguardo i pesanti ed irreversibili interventi previsti dall’Ente Parco, ha chiesto quali siano le motivazioni scientifiche che hanno portato il Parco dell’Arcipelago Toscano, in collaborazione con la società privata NEMO (Nature and Environment Management Operators) di Firenze ed il Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, ad individuare questi obiettivi e se esista una loro giustificazione scientifica. LET’S SAVE GIGLIO si interroga, in sostanza, su quale sia la necessità - anche parziale - degli interventi previsti.
Interventi sulle formazioni boschive E’ proprio necessario, ad esempio, eliminare parte delle formazioni boschive esistenti per reimpiantare altre specie vegetali che, anche se costituite da essenze native, in realtà dovrebbero necessariamente venire importate sull’isola da vivai collocati sul continente? A meno che non si decida di allevarle in situ, prelevando le giovani piantine dalla macchia locale. Ma questo comporterebbe tempi di realizzazione molto lunghi che andrebbero ben oltre quelli previsti per la realizzazione del progetto LetsGoGiglio.
Discoglossus sardus Anche la creazione di invasi artificiali per il D. sardus lascia piuttosto perplessi. Perché infatti non ci si limita a garantire una soddisfacente protezione agli ambienti già frequentati da questa specie di origine terziaria, antico relitto della Tirrenide? In fin dei conti, se l’anuro è sopravvissuto fino ad oggi vuol dire che le condizioni ambientali esistenti sull’isola sono in sintonia con le sue esigenze. Andarle a sovvertire, o anche solo a modificare, potrebbe avere delle conseguenze devastanti su questa popolazione relitta. Il progetto LetsGoGiglio ha previsto o prevede uno studio scientifico in questo senso, prima di procedere nell’intervento ambientale? L’esperienza ci dice che purtroppo una volta alterato un ecosistema è praticamente impossibile tornare indietro.
Il Coniglio Selvatico In linea di massima, i conigli selvatici del Giglio sembrano da riferire ai fenotipi della sottospecie Oryctolagus cuniculus huxley, tipica delle isole mediterranee e di quelle dell’Oceano Atlantico orientale, dove è stata diffusa artificialmente a partire dal II millennio a.C. Non si può tuttavia escludere che l’attuale popolazione gigliese possa essere stata costituita di recente, ma non si conoscono studi dettagliati sulla sua origine. Sarebbe dunque auspicabile procedere all’individuazione degli animali più affini a quelli selvatici o a quelli introdotti più anticamente per preservare un importante pool genetico, probabilmente già scomparso altrove.
Il Muflone E veniamo infine ai mufloni. Questi sono presenti dagli Anni Cinquanta dello scorso secolo e da allora si sono integrati nell’ambiente naturale non provocando alcun documentato danno alle risorse vegetali dell’isola. La giustificazione addotta per la loro eradicazione dagli ideatori del progetto LetsGoGiglio è che non si tratta di elementi biologici autoctoni dell’isola. Questo è vero perché il muflone, Ovis orientalis, è una specie di origine asiatica, introdotta nel Mediterraneo centrale – quindi anche in Sardegna – a partire dal Neolitico antico (fine del VII millennio a.C.). È abbastanza curioso e incoerente, dunque, che Sammuri precisi che, mentre in tutta la penisola italiana “il Muflone è una specie aliena, che appunto, dove possibile va eradicata”, in Sardegna invece questa pecora selvatica “non è considerata aliena, ma para-autoctona”. Perché? La criptica definizione di “specie para-autoctona” non è scientifica ma fuorviante, scorretta ed erronea. É stata arbitrariamente coniata da poco tempo per individuare un’inesistente entità faunistica, sistematica e/o biogeografica. Infatti, l’invenzione del concetto di “specie para-autoctona” sarebbe motivata dalla comparsa in ambiente italiano dell’elemento biologico cui la si attribuisce in cronologie anteriori all’anno 1500 d.C. Il testo del decreto 19 gennaio 2015 Elenco delle specie alloctone escluse dalle previsioni dell’articolo 2, comma 2-bis, della legge n. 157/1992, pubblicato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il 07-02-2015, non ne spiega però la motivazione. A latere, vale però la pena di ricordare che il muflone è comparso per la prima volta in ambiente italiano molti millenni prima del 1500 d.C..
Effetti devastanti della filosofia dell’Ente Parco Se dovessimo eliminare tutte le specie faunistiche “aliene” che attualmente usurpano le risorse naturali del territorio italiano dovremmo anche eradicare molti altri animali e molte altre piante. Così dovremmo comportarci ad esempio nei confronti del cervo sardo e di quello della Mesola, di tutti i daini, dell’istrice, di molte popolazioni di lepri europee, di gatti “selvatici” europei, di lupi, di cinghiali e di caprioli, solo per citare alcuni dei mammiferi. A cosa si ridurrebbe dunque il panorama faunistico italiano? A pochissime popolazioni circoscritte in areali ridotti, come forse quello delle marmotte, delle lepri alpine, dello stambecco e del camoscio alpino. Negli ultimi decenni sono state anche avanzate alcune perplessità sull’origine dei camosci appenninici e dello stesso orso marsicano.
Dalle isole, invece, dovrebbero essere eradicati tutti i mammiferi, a parte il toporagno di Sicilia, l’unico endemita sopravvissuto dei quadri faunistici quaternari originali. L’afflato filologico e purista che sta animando da alcuni anni gli ideatori ed esecutori dei sedicenti programmi di “riqualificazione ambientale” che sono stati condotti su isole come Montecristo, Tavolara, Molara, Pianosa oppure l’Asinara, è destinato inevitabilmente a scontrarsi con la constatazione che gli elementi biologici endemici delle isole si sono estinti ormai da millenni e che non è più possibile ricrearli. Non è più possibile, ad esempio, ripopolare Pianosa con i cervi nani ed i buoi nani che vi sono vissuti fino in epoche geologiche relativamente recenti. Questo però non ha impedito agli esecutori del progetto europeo LIFE13 NAT/IT/000471 (RESTO CON LIFE – Island conservation in Tuscany, restoring habitat not only for birds), condotto su quest’ultima isola a partire dal 2014, di programmare fra l’altro l’eradicazione del riccio europeo, Erinaceus europaeus, delle pernici e dei fagiani.
Detto questo, non si può non essere d’accordo sull’eliminazione dalle isole del risultato di popolamenti recentissimi come nel caso della tartaruga acquatica americana del Giglio. Non dimenticandoci tuttavia che i mufloni sono presenti sull’isola ormai da quasi 70 anni e che i pochi individui sopravvissuti si sono da tempo integrati nell’ambiente naturale isolano.
La risposta di Sammuri non sembra né adeguata né rispettosa verso i cittadini Alle varie domande poste, Gianpiero Sammuri non dà risposte chiarificatrici, né che siano tanto meno supportate da alcuna evidenza scientifica. Viene da domandarsi se anche il presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano si consideri compreso nel novero degli italiani medi che parlano di fauna perché forti del fatto di avere “visto qualche puntata del “Mondo di quark” (fatte benissimo peraltro) e qualche film di Walt Disney”. Viene da domandarselo perché Sammuri ricorre più volte, fra l’altro, all’espressione “fauna selvatica”, ammettendo evidentemente di ignorare che la fauna non è né selvatica né domestica, come del resto la flora. In lingua italiana, esistono gli animali selvatici, ma non la “fauna selvatica”.
In generale, la risposta di Sammuri ci pare un po’ troppo sbrigativa, superficiale e poco convincente. Egli si arrocca dietro la presunta autorità che gli conferirebbe la carica di presidente, permettendosi di dare degli incompetenti ed ignoranti a chi la pensa diversamente da lui o sa più di lui. Oltre a non occupare una carica pubblica analoga alla sua. Non spiega quali sarebbero le evidenze scientifiche che giustifichino le posizioni e l’operato fin’ora condotto dal progetto LetsGoGiglio. Il pensiero di Sammuri è efficacemente sintetizzato nella sua seguente, incredibile affermazione: “In Italia la gestione e la conservazione della biodiversità ha molte similitudini con il calcio, infatti per entrambe le cose spesso c’è una forte componente emotiva che, nel secondo caso si chiama tifo e una tendenza a pensare di essere estremamente competenti in materia”. Forse questo concetto potrà essere chiaro per un fine osservatore dei costumi degli italiani, come evidentemente egli ritiene di essere, ma non per una larga parte della popolazione nazionale che invece sente il dovere di chiedere su quali basi scientifiche vengono amministrate le risorse ambientali del proprio paese. È dunque legittimo che i rappresentanti di “Let’s Save Giglio”, chiedano come mai si è deciso di eliminare alcuni degli elementi biologici che caratterizzano attualmente il panorama faunistico e vegetale dell’isola del Giglio; e che ne rappresentano ancora - ma purtroppo evidentemente per poco - parte dell’unicità. Riteniamo, in ogni caso, che la discussione e le conseguenti decisioni si debbano basare non su mere questioni linguistiche – come nel caso dell’incongruo concetto di “specie para-autoctona” - ma su concrete evidenze scientifiche. E per fare questo però non c’è bisogno di offendere nessuno. Il presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano non dovrebbe mai dimenticarsi che sta ricoprendo una carica pubblica e che deve rendere conto con competenza del proprio operato ai cittadini che gli consentono di occupare questo ruolo.
Marco Masseti, Zoologo e Paleo-Ecologo, Esperto di Faune Insulari
.......Ma come è stato bello.... leggerla....Finalmente la competenza in materia le fa'... O N O R E ...Da oggi, comincio a credere che al Giglio, rimarrà tutto comè A D E S S O ....Con l'attenta sorveglianza dei Cittadini ,il Muflone trionferà, assieme ad altre specie....Finalmente le intelligenze trionferanno....Non smetta per favore,insista su questo argomento....Lei ne ha le qualità e le competenze....Ci affidiamo completamente a Lei....Caramente la saluto .......Un grandissimo amatore .....dell'Isola.....Salvatore....