IL MINISTRO SCRIVE SULLE AREE PROTETTE
Caro direttore,
l’eccezionale, ed eccezionalmente positivo, avvistamento dell’esemplare di Foca Monaca all’Isola del Giglio, ha riproposto all’attenzione mediatica, virtuosamente ma anche a tratti confusamente, la questione della qualità del nostro mare, delle politiche di tutela delle acque costiere e della valorizzazione di questo straordinario bene naturalistico che è il Mediterraneo ed il litorale italiano. Il segnale incoraggiante del ritorno, speriamo duraturo, di una specie che si credeva estinta nel nostro mare, dovrebbe consentirci di guardare con ottimismo a quanto fatto ed alle prospettive future.

Prestigiacomo GiglioL’Italia ha infatti il più vasto sistema di parchi e aree marine protette d’Europa, un sistema articolato che copre oltre il 10% del territorio nazionale e che può e deve diventare, a mio avviso, anche un volano di sviluppo di quel turismo ecosostenibile che altrove rappresenta la principale fonte di risorse per la tutela dei beni naturali.

Va superata l’impostazione secondo cui le aree marine (come i parchi e le riserve del resto) devono essere zone negate alla fruizione pubblica. Occorre superare la cultura secondo la quale solo cancellando dalla carta geografica pezzi di territorio è possibile ottenerne e garantirne la tutela. Questa politica è quella che ha portato ad un progressivo impoverimento di queste aree che vivono a carico della fiscalità pubblica e «consumano» le poche risorse prevalentemente per alimentare miseramente il sottogoverno che producono.

Se si riuscisse a guardare il nostro meraviglioso mare delle 26 aree protette (più altre 4 in via di istituzione), del santuario dei cetacei, quel mare in cui si stanno verificando processi importanti di ripopolazione ittica che poi dalle aree protette «contaminano» il mare circostante, come una straordinaria infrastruttura turistica naturale, avremmo fatto un passo avanti decisivo per la tutela e la protezione di questa risorsa.

Il «valore» naturalistico può e deve diventare anche «valore» economico che più è cospicuo quanto più il bene è protetto. Le aree marine non vanno chiuse ma aperte, mi si passi il termine, al «culto» dei molti che amano il mare e vogliono viverlo e rispettarlo. Per questo stiamo lavorando per rendere le zone protette fruibili dai subacquei (ovviamente non per la caccia), per renderle visitabili a imbarcazioni da diporto «ecologiche». Per questo intendiamo rivisitare la normativa nazionale sui parchi e le riserve per coinvolgere i privati nella valorizzazione di queste zone.

Quanto più «ricche» saranno le aree protette, tanto più saranno tutelate, quanto più saranno volano di crescita e sviluppo per i territori circostanti tanto più si moltiplicheranno.

Se non si uscirà dalla impostazione eco-ideologica della terra e del mare tutelato perché «vietato», se si continuerà a vedere ogni ipotesi di utilizzo delle riserve, anche la più rispettosa, come un attentato, i nostri beni naturali saranno condannati non a vivere ma a sopravvivere, non a prosperare ma a soffocare elemosinando risorse pubbliche sempre più magre e saranno sempre più vulnerabili. Ci sarà una ragione politica se in Francia, in Germania i movimenti politici verdi stanno conoscendo una stagione di grande successo dopo aver sposato la cultura dell’ambientalismo «del fare» e da noi sono invece «specie in via di estinzione» continuando a coltivare un ideologismo elitario.

Io sono convinta che l'ambiente sia un valore politicamente trasversale ed una ricchezza di tutti. Per questo lavoro ogni giorno, lottando per difendere le poche risorse che abbiamo e per innescare meccanismi nuovi e diversi per accrescere l'autonomia di parchi e riserve. E' una battaglia aperta a tutti i contributi e a tutte le alleanze.