La gigliese Greta Muti verso le qualificazioni per le para-olimpiadi Tokyo 2020
La gigliese Greta Muti la settimana prossima partirà dall'Italia per partecipare alla coppa del mondo in vista delle qualificazioni per le Para-olimpiadi di Tokyo 2020.
A darne notizia la sorella Giovanna che ci racconta il lungo e faticoso percorso che ha portato Greta dalle gare remiere tradizionali della nostra isola alla conquista dello straordinario mondo del canottaggio para-olimpico a livello nazionale ed internazionale.
[box type="shadow" align="aligncenter" class="" width=""]In un’isoletta posta proprio in mezzo al Mar Mediterraneo, nell’ormai lontano Agosto 2010, si stavano preparando le festività del Palio Marinaro in onore del patrono “San Lorenzo”. Tra le mamme che addobbavano i moli del porto, bambini che si vestivano per la parata e ragazzi che si allenavano per il Palio, c’era anche una bambina. Una bambina che il giorno dopo per la prima volta avrebbe partecipato al Palio Marinaro su una barca a remi. Questa bambina si chiamava Greta. Da giorni si stava preparando con la sorellina e le cuginette per partecipare al Palio Femminile senza pensare alla competizione, ma solo alla grande gioia di partecipare ad un evento così importante.
Il giorno della gara le bambine salirono in barca piene di felicità e, pur remando scomposte e impacciate, arrivarono al traguardo più motivate che mai. Fu questo evento che convinse Greta ad allenarsi tutto l’inverno per tornare e battere le avversarie più grandi. Da questo momento in poi Greta, nonostante gli spostamenti dall’Italia al Canada e dal Canada a Milano, non si è mai fermata.
Questa non è solo una storia che riguarda la determinazione di una bambina ma è anche la storia della forza di volontà di una bambina portatrice di handicap. Greta Muti, questo il suo nome completo, ormai pluri-premiata dal canottaggio para-olimpico, ha subito un trauma alla nascita che le ha provocato la cosiddetta “paralisi di Erb”, cioè una paralisi permanente del braccio sinistro causata dalla lesione del plesso nervoso della spalla. Ma per Greta questa paralisi non è mai stata una limitazione: ha sempre vissuto con serenità il suo handicap considerando il suo braccio poco mobile come la sua “pinnetta di Nemo” (dal film di Walt Disney “Finding Nemo”).
Il suo percorso nel canottaggio è stato molto difficile: essere portatrice di handicap, non immediatamente visibile agli occhi di tutti, non è un aspetto semplice da affrontare nel mondo dello sport. A causa della sua “pinnetta di Nemo”, lei forte e possente come atleta, è stata esclusa dopo mesi di allenamenti durissimi da barche e da competizioni perché accusata di essere debole e poco allenata. Gli allenatori non capivano le estreme limitazioni funzionali del deficit motorio.
Tuttavia il suo mondo è cambiato quando Greta è si trasferita dal Canada a Milano per cominciare gli studi di Medicina presso l’Università San Raffaele.
A Milano, Greta e sua sorella Giovanna, hanno cominciato a frequentare la società “Canottieri Olona 1894” e proprio alla “Canottieri Olona” la vita di Greta è cambiata. Presso la “Canottieri” Greta ha avuto la grande fortuna di conoscere Paolo Marilli, il suo allenatore che ha identificato e interpretato correttamente il suo handicap e le ha fatto capire il suo potenziale.
Paolo ha insegnato a Greta che quello che lei considerava il suo “punto debole”, debole non lo era affatto. La sua “pinnetta di Nemo” criticata e discriminata fino a quel momento, si sarebbe trasformata nella sua arma più forte.
Lo sport insegna tanto per chi lo pratica e per chi lo segue come spettatore. Per Greta lo sport è stato l’elemento fondamentale che l’ha aiutata a crescere e diventare la donna che è oggi. Le ha insegnato che nonostante la sofferenza, la solitudine, la discriminazione e i sacrifici, non ci si deve mai arrendere.
Greta è adesso una persona aperta alla vita, piena di amore per gli altri, determinata ma semplice ed intensa nella sua volontà.
Per Greta andare ai raduni vuol dire andare a incontrare persone che capiscono cosa vuol dire battere i limiti imposti dalla vita. Per lei, come per tutti gli atleti del suo team, vivere e contare su una squadra che le sta sempre accanto è una esperienza meravigliosa.
Il mondo dello sport paralimpico è un mondo in cui le limitazioni fisiche e cognitive non esistono, è un mondo di persone che prendono i propri punti deboli e li trasformano fino a farli diventare i propri punti di forza.
L’esempio di questi atleti, che tra sforzi immensi vivono e competono, ci fa capire che le uniche limitazioni nella vita sono quelle che ci imponiamo noi stessi.
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