Il 21 Giugno u.s. me ne stavo seduta, in compagnia di tantissimi paesani, in attesa del concerto che il maestro Uto Ughi avrebbre dedicato alla popolazione gigliese. C'era molto movimento lungo le navate della chiesa del Porto, luogo scelto e ideale per l'ascolto ed il coinvolgimento musicale.

La gente prendeva posto, mi passava accanto e nella ressa una voce maschile dietro di me esclama: "Assessore, dove te ne vai senza mutata!" Io ho un sussulto. Mi alzo e mi giro. Un uomo giovanile, non so se gigliese, ma dall'accento decisamente toscano, sta stringendo la mano ad un assessore del Comune del Giglio. 

Piacevolmente turbata lo prego di ripetere la frase. L'uomo sorridendo continua: "Ma si, non si può, stasera, ascoltare Uto Ughi senza la Mutata!"

Aveva detto proprio così: MUTATA.

La mutata della festa, delle occasioni, l'abito che i vecchi gigliesi tenevano nell'armadio come una reliquia per tirarlo fuori la domenica -giorno di festa- o per andare in continente magari tenendo sotto il braccio un paniere fatto con le loro mani.

La sera del 21 Giugno 2012, quella parola ricca di significati storici, torna, disinvolta si libra nell'aria sopra le nostre teste, sopra le navate per riempire le sedie, le panche, di gigliesi Castellani, Campesai e Portolani del passato. Essi erano tutti con noi a ricordarci il decoro della nostra origine. La nostra dignità.

Ancora incredula lo ringrazio e torno a sedermi con la piacevole certezza di sapere chi fossi e perché ero là e, mai concerto mi risultò più bello...

Come le parole della poetessa Emily Dickinson: "Una parola è morta quando vien detta - dicono alcuni - io dico che comincia a vivere soltanto allora".

Palma Silvestri della Barroccia