La storia de "I Lombi"

Alcuni giorni fa, volendo commentare a mia volta un simpatico commento di Palma Silvestri all’articolo di Giglionews intitolato “I Lombi tornano ai Gigliesi”, ho preferito soprassedere perché sicuramente non sarei riuscito a sintetizzare il mio pensiero nei duemila caratteri consentiti dal programma. Vengo quindi ora con questo mio intervento ad esporre quanto avevo pensato, a parziale modifica e completamento di quanto raccontato da Palma.

ex discoteca i lombi isola del giglio giglionewsLa sala dei Lombi non fu costruita infatti da TUTTI i Gigliesi, ma da metà della popolazione del Castello, quella che si identificava nei valori della allora appena costituita “Società di Mutuo Soccorso” ai fini statutari di aiutare, all’occorrenza, i soci che si venissero a trovare in particolari difficoltà economiche o di salute, con la costituzione di un “fondo di beneficienza” (tali società furono, in pratica, le antesignane di quelle che poi furono le “mutue” per le malattie”). Il primo presidente della Società fu Lubrani Alessandro.

L’altra metà della popolazione (circa) si identificava nella “Società di Pubblica Assistenza” di ispirazione laica, e che aveva come presidente il medico di allora, fervente repubblicano, Dr. Gusmano Cerulli, che aveva sposato una Brizzi del Giglio (razza Zucchini) e sempre molto critico nei confronti dell’amministrazione comunale dell’epoca (che attaccava sui giornali firmandosi con lo pseudonimo di Sibilot).

Come giustamente ha detto Palma, la Società di Mutuo Soccorso decise di dotarsi di una sede, che fu appunto costruita, con il contributo volontario e disinteressato di tutti i soci, nell’attuale area dei Lombi. Ma quando furono finiti di costruire i muri perimetrali, le scarse risorse dell’epoca non consentirono di acquistare i necessari travi per il soffitto e fu così che, uno dei soci, fra lo scetticismo generale, decise di scrivere al Re per sentire se glieli avesse regalati.

Contrariamente a tutte le previsioni, il Re considerò la richiesta e dette ordine di tagliare alcuni alti pini della tenuta reale di S. Rossore di Pisa, e i necessari travi furono poi sbarcati sulla spiaggia del Porto da una nave della Regia Marina e da lì, a spalla, i soci della Mutuo Soccorso li portarono, su per l’antica mulattiera, fino al Castello e la sala fu completata (un inciso: è interessante il sistema “a capriata” che fu adottato nell’utilizzare le travi del tetto, particolare incastro ignoto alle nuove generazioni perché poi coperto dal controsoffitto di insonorizzazione della discoteca dei tempi moderni. Non ho esaminato l’attuale progetto di restauro, ma spero che tale tipologia sia stata mantenuta anche perché, mi piace pensare che, essendo il sistema della soffittatura a capriata tipico delle chiese francescane, sarebbe, dal punto di vista della simbologia, rispettoso degli ideali di fratellanza cristiana che animarono i fondatori).

Ma torniamo ai primi del ‘900 per dire che anche la “Pubblica Assistenza” decise di dotarsi di una sede che fu costruita subito all’entrata del paese, adiacente al rivellino, ma quando arrivarono al tetto, la mancanza di travi impedì la conclusione dell’opera: oggi solo pochi notano, entrando in paese, la stranezza di una scalinata che conduce a una porta e una finestra che danno “sul nulla”.

Durante l’epoca fascista tutte le associazioni furono sciolte d’imperio. Dopo la seconda guerra mondiale, l’area della “Pubblica”, essendo sciolta la relativa associazione, fu assegnata (e “intestata” catastalmente) alla Croce Rossa Italiana. Anche la “Mutuo Soccorso” fu sciolta, ma di lì a poco ricostituita (l’ ”aveva detto il Re?” chissà....). Nell’occasione fu composta la famosa “canzone di Cerpella” (“Viva la festa da ballo che la Società ha composto, viva la stagion del mosto che ci fa cantar così. senti come è bon, senti come è bon, senti come è bono questo vino, questo è il vino del Serron” ecc. ecc.). Queste cose mi furono raccontate, illo tempore, dal maestro di musica Aldi Francesco (Cecchino).

Tutto ciò premesso, non posso che condividere la soddisfazione di Palma per l’inizio dei lavori di restauro della storica sala e la decisione dell’amministrazione comunale di affidarne la gestione all’ associazione “Il Castello”, decisione contestata da alcuni che a me invece diverte perché, anche se apparentemente anacronistica e campanilista, è comunque pienamente e storicamente rispettosa della volontà dei “padri fondatori” dei Lombi, allorché, nell’articolo 54 dello statuto, approvato a Giglio Castello il 5 maggio 1910, fu stabilito testualmente che “in caso di scioglimento della Società di Mutuo Soccorso il fondo di beneficienza sarà amministrato da un comitato composto da consiglieri comunali appartenenti a Giglio Castello”

Armando Schiaffino, Presidente del Circolo Culturale Gigliese