L'Associazione Memoriale Concordia sul ripristino fondali
Come annunciammo l'8 settembre dell'anno scorso, la fase WP9 del crono programma di rimozione del relitto della Costa Concordia, che prevede la rimozione dei materassi di sabbia, malta cementizia e additivi chimici, utilizzati per riempire il falso piano fra la parete rocciosa e le piattaforme metalliche, si è puntualmente rivelata la fase più inquinante e di maggiore impatto ambientale di tutte le operazioni fin qui svolte.
La stessa responsabile dell'Osservatorio Maria Sargentini stima che, delle 24000 tonnellate iniziali, al fondo ci sono ancora 5000 tonnellate di malta cementizia, che la benna della Micoperi non riesce a recuperare.
Con ogni probabilità si tratta, in gran parte, di materiale fuoriuscito dai sacchi (già danneggiati dai movimenti di una nave di 114.500 tonnellate di stazza) sbriciolati ora dalla stessa benna impiegata per il recupero, ed ora riprecipitati al fondo durante le operazioni di sollevamento, assieme ad una quantità indefinita di brandelli di plastica dei sacchi stessi.
Precipitati non esattamente nella zona delle piattaforme, dato che nella caduta, su una verticale di 30 metri d'acqua (un palazzo di 11 piani), il materiale non segue le stesse logiche che sulla terraferma, bensì, a seconda della forma e del peso, fluttua e si sposta in relazione alla densità dell'acqua e dalle correnti, sempre presenti in quella zona. Si aggiunga poi tutto il materiale fine, dilavato, nelle operazioni di risalita dal fondo, delle 19.000 tonnellate dl cemento spaccato e frantumato recuperato in superficie, come stimato dall'Osservatorio della Regione Toscana per il monitoraggio delle operazioni.
E' immaginabile a questo punto che il declivio della parete rocciosa fino al fondo della Gabbianara, che precipita oltre gli 80 metri, sia cosparsa di polveri, cascami di cemento e pezzi di plastica.
Una idea la possono dare i residui che si vedono, nella documentazione fotografica, appoggiati sul pianale del pezzo di piattaforma recuperata, anch'essi ripuliti dall'acqua dalle parti più fini, disperse durante la risalita, fino all'ultimo metro del viaggio. Parti fini evidenti sulla superficie dell'acqua, proprio sotto la piattaforma appesa al pontone.
Era questo il ripristino ambientale tanto decantato dai sostenitori della distruzione delle piattaforme? Era questo il modo di progettare il recupero dei materassi, dato che, citando il Ministero dell’Ambiente, uno dei rischi conosciuti era proprio la rottura dei sacchi durante la rimozione?
Una progettazione del recupero alquanto discutibile, che non ha dato soluzione ai rischi previsti, ma anzi li ha resi certezze, e che per i risultati che sta producendo assume i connotati del disastro ambientale colposo.
ASSOCIAZIONE NAZIONALE MEMORIALE DELLA CONCORDIA
Se siete ancora in tempo cercate almeno di salvare i pali di innesto dei jacket. In futuro potrebbero servire per l'istallazione di opere artistiche e monumentali sul fondo, come qualche sostenitore della demolizione suggeriva in alternativa al Memoriale vero e proprio.
“USI AD OBBEDIR TACENDO E TACENDO MORIR” Mi piange veramente il cuore, amici miei!!! La rimozione delle “piattaforme” è stata la morte “annunciata”, che solo pochi “idealisti”, tutti persone di buon senso, hanno, velleitariamente, tentato di contrastare. Alla “Micoperi”, come, del resto, m’ero permesso di prefigurare allorché, discretamente, mi sono “buttato” in questa polemica, gliene fregava un cazzo degli ideali degli Amici di Ravenna, che minacciavano “sfraceli” contro chi avesse osato toccare anche un solo “bullone” di quel manufatto, che doveva diventare un luogo di culto dei sommozzatori e degli ecologisti, di Tonino Ansaldo, un’icona dell’Isola, che suggeriva d’apporvi un crocefisso e farne il terminale di “regate” remiere alla memoria, ivi compresa quella del Palio, di Pietro Rinaldi ed Attilio Regolo (personaggio da prendere in considerazione anche solo per quel che storicamente ricorda), che, esperti di varia e qualificata Ingegneria, avevano colto l’opportunità, forse visionaria, ma non più di tanto, visto che le grandi imprese le concepisco solo i visionari, di fare della piattaforma il punto di partenza per tutta una serie d’occasioni imprenditoriali, ivi compresa una teleferica, per fornire servizi di pubblica utilità ora mancanti ed incrementare l’isola d’un reddito complementare a quello odierno, esclusivamente turistico-stagionale, del sottoscritto e di tanti altri come me, meno, per così dire, “accreditati”, che, mantenendo in piedi quella specie di “mausoleo”, ritenevano, se non altro per rispetto delle vittime del naufragio, la tragedia non si dovesse chiudere con un’altra tragedia. Ma così, cioè nel senso del buon senso, delle ipotesi imprenditive e dei “cuori teneri”, non è stato. Anzi, quasi si trattasse di un “bollettino di guerra”, la Micoperi, per la quale, tale e quale ai tempi dei cosiddetti “Padroni delle ferriere”, il soldo è sempre il soldo, di tanto in tanto, ci fa sapere, “ridotta” per “ridotta” conquistata, che, mentre ieri, di quelle benedette piattaforme, quasi una linea Maginot, è stato rimosso un pezzo, oggi ne verrà tagliato un altro e così via, in uno stillicidio di cattive notizie che “in cor ci rinnovella” l’infrangersi d’un sogno, a lungo coltivato. Di più, l’Amministrazione, ossia il soggetto che, fatte salve le famiglie delle vittime, nella fattispecie di quel tragico disastro, costituisce la “prima parte in causa” tra i danneggiati. L’Amministrazione, appunto, che avrebbe potuto e dovuto compiere, fin dall’inizio, ogni sforzo possibile per scongiurare quest’ultima tragedia e che, attraverso scarni, quanto timidi, comunicati-stampa, pure qualche speranza l’aveva alimentata, non batte ciglio, e, rinserrata in una “sinecura”, che non le fa onore, se ne sta pilatescamente in disparte, non già "Usa ad obbedir tacendo e tacendo morir”, su cui "poggia" l’onore e la dedizione al sacrificio dell’Arma dei Carabinieri, bensì a trattare, con la Micoperi, l’improbabile, quanto ineffabile, opportunità di creare, al Giglio, una Scuola tecnica della “Marineria”, di derivazione specificamente ravennate, che, non solo sarebbe, di fatto, concorrente dell’Istituto Nautico di Porto Santo Stefano, ma non risolverebbe neppure, per la durata dei corsi, il problema dei giovani e delle loro famiglie, costrette a trasferirsi a Grosseto per frequentare le “Superiori”. Che ne è, signor Sindaco delle “intese cordiali”, con Costa Crociere, Assicurazioni, Micoperi, Commissario “ad acta”, Ministeri della Marina e dell’Ambiente, Regione etc., che facevano presupporre la possibilità di concordare una speciale salvaguardia per le piattaforme? Esistono scambi di documenti, verbali d’incontri e di sedute attinenti questa problematica, a testimonianza degli sforzi compiuti per ottenere questa “franchigia”? Oppure ogni energia è stata spesa per “affastellare” giustificativi di danni e spese, talmente esorbitanti e sperequati, da far ritenere la richiesta “risarcitoria” incongrua, al punto che il Tribunale di Grosseto, ha accordato una “provvisionale” di appena 300.000 Euro rispetto ai 20 milioni di Euro richiesti (ovvero meno di un sessantasettesimo di quanto presentato all’incasso)?
Perdonami Pietro, ma quale scempio? Il problema della rimozione dei sacchi di cemento non c'entra nulla con il mantenimento o meno in loco delle piattaforme. O sbaglio? Lasciamo lavorare Micoperi e gli Enti preposti al monitoraggio...
Lo scempio è servito ....... purtroppo il mondo è pieno di teste piene di segatura e con occhi che non riescono a vedere cosa c'è più in là della punta del proprio naso !!!