Dal Giappone alla Namibia, dal golfo del Messico al Mediterraneo, «prove sempre più numerose suggeriscono che gli ecosistemi dei mari aperti possono virare, dall´essere dominati dai pesci, all´essere dominati dalle meduse»: questa prospettiva rassicurante è quella che, in assenza di misure di contrasto, sembra essere più probabile per il futuro, secondo quanto annunciato il 10 giugno da Sciencedaily e riportato da Ansa e Adnkronos.
Uno studio condotto da ricercatori australiani, statunitensi, inglesi e sudafricani, e coordinato da Antony Richardson del centro di ricerca Csiro (Queenland – Australia), infatti, indica nella concomitanza di tassi di pesca insostenibili, eutrofizzazione e delocalizzazione degli areali (causata, quest’ultima, in primo luogo dai cambiamenti climatici) il motivo dell’aumento delle invasioni di meduse nei vari mari del mondo.
Pur in un contesto di scarsità di dati, e nella considerazione che con l’incrementata navigazione e con la maggiore capacità di rilevamento dei fenomeni biologici aumentano anche gli avvistamenti di banchi di meduse, appare lampante che il fenomeno è in via di espansione: secondo l’americana National science foundation, «negli ultimi anni massicce “fioriture” di meduse e simili hanno invaso alcune tra le più importanti zone di pesca e di turismo del mondo», col risultato di «un considerevole danno alla pesca, all’acquacoltura, alle attività minerarie sottomarine, agli impianti di desalinizzazione».
Emblematico, a questo proposito, il caso del mar Nero, riportato dalla stessa Nsf: dopo aver colonizzato il bacino nel 1982, in otto anni le meduse pettine («comb jellyfish», dette anche cnetofori) hanno raggiunto i 900 milioni di tonnellate di biomassa complessiva, causando danni stimati in 350 milioni di $. Utile per la comprensione del problema è anche il dato relativo all’estensione delle cosiddette “zone morte”, definite dalla Nsf come «aree troppo inquinate per quasi tutte le forme di vita ad eccezione delle meduse», la cui estensione globale è approssimativamente di 100.000 miglia quadrate, ma che soprattutto «è raddoppiata all’incirca ogni 10 anni dal 1960».
Riguardo al Mediterraneo, l’evidenza empirica indica uno spiccato aumento delle infestazioni, ma le stime di valore scientifico sono ancora carenti: proprio per implementare i dati relativi al fenomeno, è in via di attivazione una rete di segnalazioni, gestita dalla Commissione internazionale per l’esplorazione scientifica del Mar Mediterraneo (Ciesm) e dall’associazione Marevivo, che sarà presentata a Roma nell’ambito della rassegna “Stelle di mare lungo il fiume”, dal 16 giugno.
Certo, con la diminuizione degli stock ittici, in particolare dei grandi predatori (squalo, tonno, pescespada) e dei mammiferi come le tartarughe, appare lapalissiano che le popolazioni di questi cnidari siano destinate ad aumentare: secondo dati Fao-Wto, di cui greenreport ha già parlato il 12 giugno, l’80% delle risorse ittiche mondiali è «sotto pressione». E consideriamo anche il dato citato (riprendendo uno studio della rivista Nature) dal presidente del parco dell’Arcipelago toscano, Mario Tozzi, nella sua recente lettera al capo dello stato, per cui «il 90% dei pesci di grandi dimensioni è esaurito».
Insomma, in attesa di dati oggettivi ed esaurienti riguardo al Mediterraneo, è più che evidente che ci avviamo verso un futuro sempre più gelatinoso e urticante, nei mari: siamo di fronte a una situazione che diventa ogni anno, almeno nelle ultime sei-sette stagioni, sempre più pesante. Ma, volendo aderire alla diffusa vulgata anti-catastrofista, possiamo considerare con ottimismo che in molte cucine orientali (e anche in alcune zone costiere del Belpaese) la medusa è considerata una prelibatezza. E per quanto riguarda le ustioni, una bella pomata e passa tutto. Ottimismo, italiani, ottimismo. L’industria turistica? Beh, quella non è molto importante, appena il 10% del Pil nazionale, cosa vuoi che sia. E poi comunque mancano dati scientifici sui trend: anzi, sarà sicuramente il solito allarme di ambientalisti sfegatati che avranno truccato i dati (terribili, quelli: sembra che abbiano anche messo in scena la comparsa di una foca monaca all’isola del Giglio). Che poi si tirano anche la zappa sui piedi, questi ambientalisti esaltati: non lo sanno che più volte delle centrali nucleari sono state bloccate a causa delle pompe intasate da infestazioni di meduse?
Riccardo Mostardini
''MENO PESCE E PIU' MEDUSE ... CHE VUOI CHE SIA ...''
Autore: Riccardo Mostardini, fonte www.greenreport.it
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