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NEMO PROPHETA IN PATRIA
Tanto tanto tempo fa, l’isola del Giglio era ricca di abitanti per la presenza di una miniera di pirite.
La figura di preminenza, in tale situazione, era il medico condotto, il “dottor Pozzolini”. Lo conoscevamo tutti con questa locuzione. La moglie, invece, era la “dottora”.
Figura di grande prestigio nella professione medica, e di grande autorevolezza umana nel suo doppio petto grigio di sartoria.
Il nostro dottore si muoveva per l’isola con molta disinvoltura per andare a visitare i suoi malati, in cambio spesso di un fiasco di ansonaco o di un bel pezzo pregiato di pirite. Rigorosamente in giacca e cravatta, accompagnato dalla sua borsa professionale, raggiungeva chiunque lo cercasse senza scomporsi, o a piedi o in taxi o con l’asino, che sembrava don Abbondio quando fu costretto a salire al castello dell’Innominato.
La moglie, la dottora appunto, come unico lusso si concedeva, ogni tanto, un vestito o una bigiotteria su “Vestro”, l’Amazon di allora. Sempre impeccabile, veniva salutata da noi bimbi del Castello, con tutto il rispetto dovuto, quando saliva sul taxi di Ottavio per le vacanze estive al Porto.
Cammina cammina, passano gli anni e i decenni, quando al Giglio sbarca, per tornare al suo luogo nativo, il dottor Schiaffino Armando “o, come dicon tutti, Armando”.
Cambiano i cicli della vita e la geografia del tempo, ma l’uomo resta sempre lo stesso.
Il Giglio è cambiato, frequentato da turisti e da neogigliesi, che si danno le arie di isolani veraci; invece no: i gigliesi sono fatti col granito e sono preziosi come la pirite. Sono unici, nel bene e nel male, sono isolani dentro.
Anche se ora abbiamo tante corse di traghetti al giorno per raggiungere il continente; se, addirittura, siamo dotati di un elisoccorso anche notturno, per le emergenze, il popolo gigliese si ammala e ha bisogno del dottore come ai tempi di Pozzolini. Ebbene, il Giglio, fino a pochi giorni fa, aveva il suo medico, nel dottor Schiaffino appunto.
Non più con giacca e cravatta ma con càmice e tablet, Armando resta un dottore di altri tempi, anche se percorre i pochi chilometri dell’isola con la sua macchina personale senza più dipendere dagli altri. La sua è una cultura medica moderna, informatizzata. Ma quando un paziente ha bisogno di un dottore che lo visiti in presenza, Armando diventa cardiologo, dermatologo, dottore senza frontiere, insomma. E se non riesce ad arrivare oltre chiama il “Pegaso” dell’elisoccorso e risolve, da essere umano e non da mago, tutto.
La sua è una medicina antropologica: dal malato risale alla parentela (DNA, come lo chiamano ora), alle malattie endemiche gigliesi, fino, qualche volta, alla toponomastica di tutta l’isola, con i suoi nomi che nascondono il percorso della vita isolana, che parte da tanto lontano.
Un aneddoto per chiarire.
Io stavo aspettando il mio turno in sala d’attesa con altri compaesani, quando dall’ambulatorio uscì Armando che, rivolgendosi a me con occhio guardingo, mi disse che poi avremmo affrontato la questione della Semantica Trasparente. Gli altri mi fissarono sconsolati, chiedendomi che malattia avessi. Io, invece, avevo capito: il nostro dottore non confonde le competenze, ma le amalgama come uscite dallo stesso seme. La vita è benessere, malattia e morte, un fluire dello spazio e del tempo che nel nostro immaginario diventa “cultura”. Non c’è bisogno, pertanto, di spiegare cosa volesse comunicarmi Armando con quelle due parole. Ognuno la cerchi quando e dove vuole. E lei apparirà.
Caro dottore che stai andando in pensione, ti saluto e ti ringrazio per i minuti passati al tuo ambulatorio, dove ho imparato tanto: a curare il fisico e lo spirito. Con gli accidenti dei (poco) pazienti che aspettavano il loro turno, come avessero chissà quale fretta di tornare a casa, che distava, al più, 100 metri dallo studio medico.
Grazie di tutto
Fiorella Colosi
P.S.: Un saluto al dottor Schiaffino e un benvenuto al dottor Bertoli.
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