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Ottimisti e pessimisti
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OTTIMISTI E PESSIMISTI: UN “POTPOURRI” DI CONSIDERAZIONI, CHE LEGANO LA TRAGEDIA DEL “BOEING 777”, QUELLA DEL “DC-9” DI  USTICA E QUELLA DELLA “CONCORDIA”

Partirò da lontano per esprimere una mia ferma opinione in merito alla tragedia accaduta, nei giorni scorsi, nei cieli al confine di Russia ed Ucraina, al “Boeing 777” Malese, con circa 300 persone a bordo.

rimozione concordia isola del giglio giglionews osservatorio refloatingE perché questa mia voglia d’esprimermi in materia talmente specialistica da mettere in imbarazzo anche gente che della navigazione aerea un po’ se ne intende, anticiperò che sono “Controllore della Difesa Aerea” e che, al di là di non aver operato ai radar (a Poggio Ballone, infatti, sono andato solo qualche volta, a raccogliere funghi), ho goduto  di un’approfondita esperienza operativa, sia nella faticosa trascrizione sui display-boards dei dati che, appunto, dai radar dislocati sul territorio, arrivano alle sale operative nazionali, predisposte a decidere, settore per settore, sia nella lettura e nell’interpretazione delle strips, che precedono ogni volo che “interessi” i cieli del Paese, sia nel comandare, dietro ordini che arrivano dai vertici della Difesa, il cosiddetto skramble per i caccia, affinché  questi decollino e, guidati dai radar, intercettino, identifichino e, magari, se necessario, abbattano il target di cui si ha traccia, incognito ai “lettori” della sintesi documentale pervenuta, e da cui non si riesca ad ottenere risposta automatica,  tramite contatto visivo diretto, ovvero attraverso  conversazione radio.

Non a caso, giorni fa, a commento della presa di posizione del Ministro dell’Ambiente francese, Marie Ségolène Royal, in merito alla rotta che il “convoglio”della Concordia avrebbe dovuto tenere per arrivare a Genova, avevo accennato al fatto che, per quanto riguarda i velivoli, lo stabilire e, quindi, segnalare ai Paesi di confine, il percorso che s’intende seguire, è, secondo precise norme internazionali, addirittura obbligatorio, già prima di decollare.

Su queste cose, ancorché costituiscano materia delicata e riservatissima, in qualche occasione ho pure detto la mia (per esempio, in occasione del “Caso Ustica,  in merito al quale, era facile intuire, per chi se ne intende, cosa poteva essere accaduto), ma  solo perché, essendo passati molti anni dal congedo, posso ritenermi liberato dall’impegno, formalmente sottoscritto, a non fare rivelazione alcuna, pena gravi incriminazioni, circa il funzionamento del “sistema” della nostra Difesa Aerea Territoriale).

Nella fattispecie dell’evento relativo all’abbattimento del Boeing malese, che costituisce non solo un’oggettiva tragedia ma, addirittura, una vera e propria strage di bambini, ho inteso esprimermi, perché, come cercherò, più sotto, di dimostrare, l’accadimento, per certi versi, sollecita una riflessione sugli atteggiamenti di contrasto che tutt’ora sussistono, tra gli ottimisti ed i pessimisti, riguardo al trasferimento da Isola del Giglio a Genova dell’ex nave da Crociere Concordia e sulle assolute garenzie di navigabilità, che dovrebbero, comunque esistere, non ostante che, a differenza della “destinazione Piombino”, molti siano i giorni previsti per il trasferimento, così come grande è la distanza, con, in più, l’alea, sempre incombente, delle condizioni atmosferiche che abbiano a “guastarsi”.

Circa un mese fa, mi pare si trattasse del grande  filosofo francese Bernard-Henry Lévy, ad una domanda su quale fosse la differenza, appunto, tra “Ottimisti e Pessimisti”, questi, con una certa non-chalance, ebbe pressappoco a rispondere: “Nessuna differenza sostanziale, a parte il fatto, che i Pessimisti, per solito, sono più informati!”.

Perché questo riferimento al dotto pensatore transalpino o ad altro (se l’intervistato non era lui) di pari grado?.

Perché, nella fattispecie della tragedia aerea accaduta a 10.000 metri di quota nei cieli prossimi a Donetsk, città dell’’Est-Ucrania, contesa tra truppe governative e “ribelli” filorussi, introduco il tema della differenza che c’è tra “Ottimisti” e “Pessimisti”? Tanto che qualcuno potrebbe anche chiedersi: “Ma cosa mai ca… ci azzecca?”?.

Ci azzecca, come usava  dire Di Pietro, che ha introdotto questa antica espressione, pressoché dialettale, nell’ordinario linguaggio italiano, perché, mentre i “Pessimisti”, ovvero la maggior parte delle compagnie aeree, edotti su quel che, da diverso tempo,  stava accadendo in quei luoghi, contesi anche con l’uso d’armi pesanti, ivi compresi, da parte dei Filorussi, sofisticatissimi missili terra-aria (erano, infatti, già stati abbattuti alcuni velivoli militari ucraini), se ne tenevano ben alla  larga (rimettendoci anche molti soldi in consumi di carburante),  preferendo percorrere aereovie alternative  per raggiungere il Sud-Est Asiatico, la “Malaysia Air Lines, “Ottimista”, non dandosi per convinta dei rischi che correva e faceva correre ai suoi passeggeri, imponeva ai propri piloti di continuare per la rotta consueta, più diretta e, quindi, più breve.

E’, inoltre, del tutto risibile, a cose ormai avvenute, che la compagnia aerea malese, porti a sua giustificazione il fatto che, essendosi attenuta ai “suggerimenti” di non ben identificate autorità internazionali, preposte alla sicurezza del volo, facendo tenere, in quella zona, ai propri aeromobili la significativa quota di 10.000 metri, si sentisse sostanzialmente tranquilla rispetto ad eventuali “attacchi” di missili terra-aria.

Risibile perché s’era evidentemente dimenticata delle altezze a cui  erano stati colpiti i famosi quanto sofisticati aerei spia americani “U 2”,  in tempi in cui, tra l’altro,  la balistica missilistica era di ben altri livelli.

Fatto sta, che ora si piangono i morti e gli uni contro gli altri si scagliano accuse di vigliaccheria e sciacallaggio.

A parte il fatto che è assai plausibile quanto affermano gli Ucraini, quando dicono che non c’era assolutamente il  “movente” per un loro lancio di missili terra-aria, visto che i ribelli non posseggono aerei, rimangono alcune considerazioni generali che non possono essere eluse; considerazioni che attengono i sistemi di difesa aerea di cui ho accennato in principio.

Ebbene, e qui la questione si gonfia e diventa vieppiù inquietante, se è vero, com’è vero, che i dati  identificativi di qualsivoglia aereo, con l’aggiunta di quelli relativi al suo volo (tra cui, aerovia, rotta, vettore, quota e velocità di crociera), vengono, per convenzione e reciproca sicurezza, automaticamente trasferiti, già prima del decollo, a tutti gli Stati “interessati” al suo controllo, è anche vero che i Russi conoscessero, in ogni dettaglio, i dati relativi all’aereo malese e che, con i loro radar fissi, ne seguissero, minuto per minuto, il volo.

Perché allora, dando per scontato che quel micidiale attacco non sia venuto dal territorio russo, i Russi  non hanno impedito, alla postazione missilistica dei ribelli ucraini, il lancio del missile. Missile che, non solo, ha determinato una vera e propria tragedia umana, ma ha pure indotto gravi tensioni diplomatiche, nonché  il rischio che il  conflitto in corso s’allargi?

D’altro canto, una postazione, per così dire, “volante” ed occasionale, da spostare volta per volta, se non è operativamente assistita da una squadra ben addestrata  di tecnici, in diretto collegamento, a sua volta, con una stazione radar fissa e di  lunga portata e potenza “investigativa” sullo stato dei cieli di confine,  non può, con un semplice radar, per così dire, di servizio, soprattutto se priva d’un apparato cognitivo, predisposto alla ricezione dei dati internazionalmente divulgati in merito ai voli civili, farsi carico d’intercettare ed identificare, a distanza di sicurezza, un aereo di linea che s’avvicini.

E’ mia convinzione, quindi, che l’abbattimento, a quell’altezza e con quel tipo di missili, sia da attribuire, direttamente od indirettamente, a tecnici russi con caratteristiche professionali di primordine, magari dislocati oltre confine, quali “assistenti” d’una postazione missilistica graziosamente “ceduta” ai “ribelli” ucraini.

Rimane, però, un quesito ancora da sciogliere. Ovvero stabilire se il grave atto intimidatorio sia stato accidentale o premeditato.

Volendomi augurare che non ci sia stata premeditazione, perché, in questo caso, si dovrebbe pensare che alla Russia, la situazione, come un fuoco che prenda il sopravvento sul bruciatore di stoppie anche solo allo spirare d’un venticello, stia per sfuggire di mano, ovvero Putin intenda mettere a grave rischio la pacifica convivenza internazionale quale cinica risposta alle sanzioni già in essere e minacciate, rimane in piedi l’ipotesi d’un incidente.

Incidente probabilmente dovuto, come ha, del resto, ventilato il governo di Kiev, al fatto che contestualmente al volo malese, sui cieli di Donetsk si trovasse un Cargo pieno di rifornimenti, a sostegno delle truppe ucraine regolari.

Se così fosse, saremmo di fronte pressoché alla “fotocopia” della tragedia di Ustica (27 Giugno 1980) che, secondo le più qualificate opinioni in materia, vide un missile, probabilmente francese, che, destinato ad un Mig libico, su cui avrebbe dovuto trovarsi Gheddafi, nel frattempo, dirottato verso la Jugoslavia, andò invece ad impattare contro il DC-9  Itavia, con 81 persone a bordo, partito con grave ritardo da  Bologna per Palermo, dietro il quale il caccia nordafricano aveva cercato copertura.

Al di là d’ogni altra considerazione in merito alle circostanze che determinarono il dramma (sono ufficialmente ancora oscuri la dinamica e le motivazioni che portarono a quella strage), è rimasto in me  imperituro lo sconcerto che m’ha preso, al cospetto d’una dichiarazione ufficiale del  Ministro degli Esteri libico, fatta qualche tempo dopo.

Dichiarazione che, confermata, punto per punto, dall’onorevole Giulio Andreotti, attribuiva la salvezza di  Gheddafi ad un’“informativa” dell’ultimo momento, trasmessa dai  “servizi” italiani.

Informativa talmente circostanziata dal rivelare al leader nordafricano, già in volo, l’ora, il luogo e la metodica dell’agguato, apparecchiatogli da caccia  Americani e Francesi.

Uno sconcerto ed una indignazione che tutt’ora permangono, in quanto s’ebbe indirettamente la “prova provata”, non solo che sui cieli di Ustica ci fu una battaglia, al centro della quale si trovò, del tutto casualmente, l’aereomobile italiano, restandone abbattuto, ma che le 81 persone che trasportava e che ne rimasero uccise, potevano ben esser salvate se solo i nostri “servizi”, così come avevano avvertito i Libici, avessero anche sollecitato le massime autorità preposte al volo dei civili, acciocché al pilota dell’Itavia, fosse impartito l’ordine d’uscire, magari per turbolenze atmosferiche, dall’ Ambra 13, per   arrivare a Palermo attraverso un’aereovia alternativa.

Che la procedura non rivesta alcun aspetto d’eccezionalità (e comunque in un caso come questo, ogni eventuale “ostacolo” procedurale avrebbe dovuto senz’altro essere rimosso, invece d’applicare, anche in questa circostanza, la prassi invalsa da decenni in questo Paese, ossia quella che vede immancabilmente la mano destra ignorare quel che fa la sinistra) ho avuto il fastidio di constatarlo di persona.

Anni fa, infatti, il sottoscritto, di rientro a Roma dalla Sardegna, fu costretto a rientrare ad Alghero, dove s’era occupato della liquidazione d’un’azienda coperativa di costruzioni, l’”Edile Algherese”, perché, quando già si trovava in aeroporto, la compagnia aerea di riferimento, per risparmiare tempo e carburante, al velivolo, che, partendo da Cagliari per Roma, avrebbe dovuto passare per Alghero a “caricare” l’unico passeggero che l’attendesse, in presenza d’un cielo completamente sereno ed in assenza totale di vento,  ebbe addirittura la sfacciataggine d’annunziare testualmente quanto segue: “Siamo spiacenti di dover  rinunziare a far scalo ad Alghero a motivo di gravi turbolenze atmosferiche sulla “perpendicolare” dell’aereoporto” (sic.).

A questo punto, però, perché non sembri che abbia voglia d’abbandonarmi a voli pindarici, per tenere il filo degli assunti iniziali affinché tutto si leghi, è bene fare un’ultima riflessione pro bono Concordiae.

Così come, per quanto riguarda la vicenda di Donetsk, mentre la compagnia aerea malese, in quanto ottimista, sorvolava regolarmente, non dandondosene cruccio, i cieli di confine con la Russia, in cui governativi e ribelli ucraini si davano battaglia, mentre le altre compagnie s’affidavano ad aerovie alternative, in quanto pessimiste, così al Giglio e fuori dal Giglio, sulla rotta e sulla destinazione finale dell’ex nave da crociere, ormai al traino, ci si divide tra ottimisti e pessimisti.

Ottimisti, in quanto ritengono sia da escludere, facendo comunque appropriati scongiuri, ogni “rischio Genova”, non ostante che la velocità di crociera, considerato l’ingombro complessivo del convoglio, la precarietà del galleggiamento e lo stato del relitto, sia minima, non ostante questo stato di cose imponga giorni e giorni di navigazione, ed, infine, non ostante, alla luce di quanto sopra, la meteorologia, per quanto avanzata, non sia in grado di fare previsioni sullo stato del mare e del cielo, per più di quattro giorni.

Pessimisti, in quanto, più sbrigativamente, se la cavano dicendo che, sussistendo, appunto, i fattori di rischio di cui appena sopra, portare, invece che a Genova, a Piombino quel mastodonte, sarebbe stato , in termini di confronto, pressoché una semplice passeggiata lunga un giorno.

Intanto, dai commenti che leggo su queste pagine, sembra che molti, anzi motissimi (mi sa tanto che chi vende, sull’isola, all’Argentario, ad Orbetello etc., binocoli d’ogni sorta e foggia, abbia fatto buoni affari) stiano perennemente affacciati a qualche balcone o parapetto, a seguire, istante per istante, come procede lo stato dell’arte del “riflottaggio”, per poi scambiarsi opinioni su quel che sta avvenendo o su ciò che avverrà o potrebbe accadere, una volta che la Concordia sarà in mare aperto.