È un evento molto insolito e raro avere l'opportunità di fotografare un muflone all'Isola del Giglio. A causa del loro temperamento timido e schivo, tendono a vivere nelle zone più remote e sperdute dell'isola, lontano dai suoni dell'attività umana. L'altro giorno, abbiamo avuto il privilegio di incontrare un muflone maschio che stava pacificamente mangiando le foglie di un vecchio albero di leccio lungo il sentiero. Aveva un portamento da forte guerriero, ma con uno sguardo dolce. All'inizio non ci ha notati e siamo rimasti in silenzio ad osservarlo mentre allungava il collo in avanti e raccoglieva agilmente le foglie. Quando ha percepito la nostra presenza, ha alzato la testa con le pesanti corna ed è diventato immobile come una statua. In quel momento sospeso, abbiamo scattato questa singola foto. Quando ha girato la testa e ci ha visti, ci ha studiato con quei grandi occhi assieme dolci e profondi, e poi come un'ombra, è scomparso silenziosamente nella selva buia. L'esperienza è stata commovente ma ci ha lasciato il cuore spezzato sapendo che questa potrebbe essere l'ultima fotografia scattata di un muflone sulla nostra isola.
Il muflone, Ovis orientalis, è l'antico antenato di tutte le pecore domestiche che hanno accompagnato la civiltà mediterranea, donandoci la lana, latte e sostentamento per millenni. Il muflone è presente nelle isole mediterranee da circa 10.000 anni. Nell'isola mediterranea del Giglio, i mufloni presenti oggi sono la popolazione residua di un progetto di conservazione realizzato negli anni 50 che ha contribuito con successo a salvare la specie dall'estinzione, in un periodo in cui era in serio pericolo. Oggi, il muflone è protetto e onorato in altre isole del Mediterraneo: a Cipro, il muflone è protetto ed è considerato l'animale nazionale. Il muflone appare spesso nelle sue opere d'arte, nei francobolli e nelle monete. In Corsica, la caccia al muflone è vietata dal 1953. In tempi più recenti, è stata approvata una legge per proteggere i mufloni della Sardegna dalla caccia e ora sono altamente protetti nelle grandi isole a noi vicine.
Nella nostra isola invece, in questi giorni, la ditta incaricata dall'Ente Parco, sta entrando nel Franco per posizionare i lacci, segnando l'inizio della fine per queste bellissime creature nella nostra Isola. Il progetto del parco "Lets Go Giglio" mira ad eradicare il muflone dalla nostra isola. Quando il parco avrà terminato questo progetto, almeno potremo mostrare ai nostri figli questa unica, ultima fotografia e raccontare loro di come, un tempo, il Giglio abbia avuto il privilegio di essere la dimora di questa straordinaria creatura che farà sempre parte del nostro patrimonio culturale.
Dobbiamo ricordare che gli antichi chiamavano il muflone "Capra Aegoceras". Il nome "Isola del Giglio" deriva dalla latinizzazione del termine del greco antico "aigilion " in "Aegilium": Isola delle Capre. Se i mufloni verranno eradicati da questo luogo, l'anima della nostra isola potrebbe andarsene con loro.
Amy Bond per Let's Save Giglio
La ditta NEMO citata nell'articolo è in effetti uno dei beneficiari associati del Progetto LIFE, di cui il Parco Nazionale è il beneficiario principale, ma non è coinvolta nell'azione sui mufloni e quindi non sta mettendo lacci da nessuna parte. Fatta questa precisazione, aggiungo che comunque condividiamo pienamente l'operazione, le cui ragioni sono state ampiamente spiegate in precedenti articoli. Vorrei in particolare ribadire due punti particolarmente rilevanti del recente articolo di Piero Genovesi, responsabile per la fauna selvatica dell'Istituto Superiore per la Protezione dell'Ambiente e coordinatore del gruppo mondiale di esperti sulle specie invasive (Invasive Species Specialist Group) dell'Unione Internazionale Conservazione della Natura (IUCN), certamente uno dei massimi esperti in questo settore e con un ruolo istituzionale di primo piano sulla gestione della fauna in Italia: 1) un recente lavoro scientifico, realizzato sulla base delle migliori conoscenze disponibili a livello mondiale, ha individuato proprio il muflone come l'ungulato maggiormente invasivo per la biodiversità, cioè quello che potenzialmente può produrre danni peggiori di qualsiasi altra specie introdotta di ungulati; 2) "Nei casi di introduzione di specie invasive le raccomandazioni della Convenzione Biodiversità e della Commissione Europea, anche ribadite dalla comunità scientifica internazionale, sono molto chiare; occorre agire tempestivamente, perché aspettare di studiare gli effetti ecologici delle specie invasive rischia di determinare impatti ancora più gravi e di rendere sempre più difficile intervenire. Le conoscenze sull'impatto delle specie aliene nelle isole sono ormai vastissime e riguardano isole di tutto il mondo, sono state prodotte linee guida e manuali di buone pratiche che raccomandano senza eccezioni l'approccio cautelativo, la cosiddetta risposta rapida, prima che si verifichino impatti seri e che l'eradicazioni diventi molto più costosa e complessa, talvolta irrealizzabile. Per l'appunto il muflone della foto stava mangiando foglie di leccio, ed è proprio sulle leccete che sono già stati rilevati chiari danni causati da questa specie, sebbene la sua introduzione sia molto recente (pochi decenni da quando gli animali sono usciti dal recinto) e la popolazione sia ancora ben poco numerosa, anche per i gli interventi di contenimento numerico effettuati negli ultimi 20 anni. Che i mufloni siano molto belli siamo tutti d'accordo, molte delle specie invasive che hanno prodotto i maggiori danni sono belle e proprio per questo sono state introdotte in giro per il mondo, ma non intervenire al più presto su questa specie al Giglio sarebbe contrario a qualsiasi buona regola sulla conservazione della biodiversità