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Roberta Lena racconta De André in un'intervista a Dante Matelli

ROBERTA LENA RACCONTA DE ANDRE'

8 DOMANDE DI DANTE MATELLI, EX INVIATO DELL'ESPRESSO, ALLA REGISTA DEL FILM DE ANDRE'#DE ANDRE' STORIA DI UN IMPIEGATO, IN PROIEZIONE QUESTA SERA ALL'ISOLA DEL GIGLIO

Cara Roberta sono felice che tu sia all'Isola del Giglio con il tuo ultimo film, ma prima di entrare in merito, vorrei farti subito una domanda...
Roberta Lena attrice e regista di cinema e teatro... Che differenza fa essere in un ruolo o nel suo opposto?

Amo entrambi i ruoli ognuno dei quali mi dà soddisfazione ovviamente in maniera diversa. Come attrice sposi progetti di altri e col tuo personaggio partecipi a questo gioco di gruppo entrando a poco a poco in quella catarsi liberatoria che solo recitando, ballando, cantando, suonando, dipingendo o scrivendo puoi provare. Come regista invece devi far entrare nel tuo sogno tutti gli altri rendendoli complici della creazione, una tensione che non ti abbandona mai nemmeno quando l'opera è pronta.

Recitare a teatro e recitare al cinema ... qual è per te la differenza più grande?

L'odore. Il cinema e il teatro hanno odori diversi. L'odore polveroso del palcoscenico dove collettivamente raggiungi l'apice ti scatena un immaginario nel quale devi costruire i tuoi confini per creare, mentre nel cinema ciò che vedi e senti mentre giri è già confine nel quale innesti la tua solitudine. Inoltre in teatro raffini la ripetizione cercando il sublime ogni sera mentre nel cinema compi atti unici irripetibili e fissati per sempre.

Tu hai recitato come attrice in vari film... quali ricordi continui a portare con te?

Forse un po' di nostalgie di come era il cinema una volta. Ho avuto la fortuna di cominciare con Bellocchio tanti anni fa e mentre giravamo a Cinecittà negli altri teatri lavoravano Fellini e Monicelli: era un mondo incantato che oggi si è impoverito. Un bellissimo ricordo sono le passeggiate che facevamo io e Philippe Noiret lungo i filari di vite a Palazzo Adriano in Sicilia durante la lavorazione di Nuovo Cinema Paradiso dove discutevamo animatamente di cinema come due ragazzini. Poi tutte le albe e i tramonti in posti incredibili dove solo il cinema ti può portare prima fra tutti l'alba in cima ad un tempio Maya nella giungla guatemalteca con gli urli dei gorilla che facevano tremare anche il più cinico degli elettricisti.

Come autrice teatrale hai scritto testi ricercati come quello su Pavese... Hai mai pensato di fare un'opera teatrale comica?

Si mi piacerebbe molto e sarebbe una grande sfida perché mi appartiene meno. Stessa cosa come attrice anche se Giuseppe De Santis (Riso amaro) che fu il mio insegnante al C.S.C. continuava a ripetermi che stavo sprecando il mio lato comico e spesso ci penso.

Come regista di cinema il tuo capolavoro, a detta di pubblico e critica, è il film che hai dedicato a De André... Perché hai scelto questo argomento?

E' stato Ettore Caretta a propormi la regia teatrale di Storia di un impiegato che Cristiano De André voleva portare in scena, in un momento dove stavo cercando le parole per raccontare tutto quello che mi turbava e che poi ho ritrovato contenute nel concept album amato da giovane. Il film nasce dalla regia che avevo già fatto in teatro ma che non era sufficiente a raccontare tutto quello che volevo. Vivo a Torino dove la repressione a qualunque dissenso è diventata patologica per uno stato sano e dove i giovani che si impegnano nel sociale subiscono persecuzioni quotidiane. Faber nel '73 commentando questo suo album e rivolto al potere disse: "Voi non avete fermato il vento, gli avete fatto perdere tempo". Il film parla di rivoluzione fuori ma anche di rivoluzione dentro attraverso l'evoluzione del rapporto di un figlio con un padre speciale. Ritengo che questi due concetti siano indispensabili l'uno all'altro.

Il film non è una biografia su De Andrè, ma vuole raccontare il mondo che De André ci ha lasciato... Come mai questa scelta?

Credo che oggi abbiamo bisogno di parole adatte a riportare il dialogo "politico" su un fronte umanamente comprensibile e dignitoso. L'umanità sta andando a trecento chilometri all'ora a sbattere contro un muro. Divulgare nuovamente questo album che all'epoca era stato molto criticato può essere un suggerimento necessario per correggere la rotta. Alcuni testi o commenti sembrano scritti oggi perché la parola di Faber è talmente profonda che non ha epoca: pesca con una perizia incredibile nel patrimonio base dell'essere umano. I problemi continuano ad essere gli stessi e le piazze gridano sempre le stesse cose: diritti, parità di genere, equità sociale... Chi meglio di un figlio col suo patrimonio di ribellione personale può raccontare questo filo sotteso al fluire delle epoche?

Dal tuo punto di vista, cosa rimane della poesia e dei pensieri di De Andrè?

Posso parlare per me che sono cresciuta con le sue canzoni, fondamentali nella formazione della mia identità. Il "poeta delle piccole cose" ancora oggi per me è un riferimento e le sue frasi sono il più potente antidoto laico che conosco. Non credo di essere la sola, in Italia sono infiniti gli omaggi alla sua opera da parte di tutte le generazioni, giovani compresi. Ed è proprio ai giovani che abbiamo scelto di raccontare attraverso le immagini di repertorio del passato saldandole ad immagini del presente, mostrando un'epoca che sembra lontana ma che ci appartiene ancora.

Cosa direbbe oggi De Andrè sul mondo in cui viviamo?
In particolare cosa direbbe riguardo l'ambiente, la fratellanza e l'amore per le piccole cose e i grandi sentimenti?

Non oso immaginare la sua sofferenza... ma non mi permetterei mai di credere di sapere cosa direbbe oggi. Posso limitarmi ad usare quella che è la frase più iconica di Storia di un impiegato che in fondo risponde a qualunque quesito:
"PER QUANTO NOI CI CREDIAMO ASSOLTI SIAMO LO STESSO COINVOLTI"

Per me è un onore presentare qui il film per l'amore che nutro per quest'isola. Mentre giravo in Sardegna a Portobello, nella prima casa dei De Andrè che li ha ancorati al luogo, guardavo proprio quel granito che mi faceva attraversare il mare per riportarmi qua.

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