Santa Barbara: festa dei minatori e marinai
L'Associazione San Rocco in collaborazione con la Pro Loco ed il Comune di Isola del Giglio, in occasione della festività di Santa Barbara il prossimo giovedì 4 dicembre, invita tutti alla partecipazione alla processione e alla santa messa che si terranno a Giglio Campese nella chiesa di San Rocco secondo il programma della locandina qui in basso.
“DOVEROSAMENTE” IN RIMA PER PALMA SILVESTRI Era ben notte fonda, mia “Silvestra”, (ti chiamo così per quasi amore) quando ho avuto pur’io il grand’onore, di leggere il “relato”, ch’avevi scritto tu e tu m’hai consigliato. E il sole sui ricordi, dal cielo, tutto blu, m’ha illuminato. Che bel “cenacolo” sarebbe, se io, tu e Tonino, al pari d’altri amici “buontemponi,” qual’ è, senz’altro, Bruno dei Caponi, ci si vedesse spesso, in quel del Giglio, a discettar del mondo in “visibiglio”, di politica colta e dei mestieri, della gente modesta, d’oggi e d’ieri, che, sia chi sia, quasi in ordalia, t’affronta, dì per dì, la grande tenzone e il parapiglia di sfamar la famiglia con fatica arrischiando ogni giorno anche la vita. Chi di rendita vive non capisce ché, giorno per giorno. s’arricchisce, e d’arroganza è pieno, col tempo più corrusco e più sereno. Non sa quanto costi al minatore, anche solo tare, per poch’ore, a scavar la pirite, “il suo tesoro”, respirando, di contro e per disdoro, una polvere che sembra fatta d’oro. Ho letto la tua pagina d’un tempo, scritta col cuore in mano, e non ti paia strano se ho pianto quegli eroi che, soprattutto tuoi, son diventati i “mani”, dei nostri quotidiani tanti lavoratori, che i giovani smargiassi, invece di cingerli d’allori, gettano loro i sassi, vittime di bagordi parole, senza costrutto cercando rottamarne anche la prole, perché loro son tutto perché lor sanno tutto. I tuoi ricordi, Palma, sono i miei, quelli ortodossi e quelli “Filistei”, e li rivivo tutti: le nascite ed i lutti. Risento allor la “tufa” della sera, col suo lamento lungo che dispera, come il vento d’inverno quando “bufa”, ché a fine di giornata si chiudeva la fabbrica dannata. E ognuno già sapeva, prima o poi, di riabbracciare i suoi. Uscivano tosto dai cancelli, in compagnia perfetta gli esplosivisti in fretta dai volti radiosi e pure belli di chi lasciava dietro la paura di non tornare a casa, alle sue mura. Ed io che con gli altri, assai più in ansia d’altri, giorno per giorno, aspettavo del babbo il buon ritorno, ossia che la sorte la morte gli scacciasse e me lo riportasse, appena lo vedevo spuntare dal viale uno sturbo prendevo senza eguale che mi faceva male, pur quando scendevo la stradina che veniva giù dalla collina, in canna ad una bici sgangherata, che la cieca guerra avea salvata, mentre, di converso, s’era presa tanta e tanta gente, che, indifesa, se, invece, sopravvive è parte lesa. Infatti, era un sollievo, per lui e per me, che ancora mi “sollevo”, varcar, di fatto, indenne, quell’uscita, perennemente ambita, da cui, men che solenne usciva, talvolta, “dilaniato”, su di un carro da morto improvvisato, un compagno sfortunato. Sia quindi gloria e perenne memoria per coloro, che, morti per causa di lavoro, nel ricordo di vedove e di figli, che pure hanno sofferto i lor “perigli” s’è preservata sacra ben l’effige, quale quella di Cristo “Crucifige!”. E pure gloria a te cara Silvestra, che con man felice e presta, in un sol foglio hai pure immortalato quel ch’è più essenziale nel “Creato”: l’amor filiale e quello pel lavoro che alla faccia di chi ce l’ha in disdoro, sempre va, invece, espresso ed esaltato.
Caro Calchetti se nell'archivio di giglionews cerca " gli eroi del quotidiano" scritto da me e pubblicato a suo tempo su questo giornale, troverà una memoria sui minatori, che -sono sicura- apprezzerà. Cari saluti - Palma
GRAZIE AI GIGLIESI CHE VIEPPIU’ ONORANO LE LORO TRADIZIONI Santa Barbara, era, un dì, per i Calchetti, festa “grande”, anzi, festa di casa. Allo stabilimento, infatti, d’esplosivi, oltre a zio Alfiero, giovane e bello come un sole, ch’ebbe a morirci pe’ ‘no “scoppio”, rimanendovi “intatto”, qual è un giglio, lavoravano od avevano lavorato, nonno Fedele, zia Fedora e zio Valente, oltre a mamma e babbo, insieme, per molt’anni. Santa Barbara era quindi, ad Orbetello Scalo, con San Biagio, la protettrice di tanta e tanta gente, venuta, da lontano, a “sbarcare il lunario” come ancor si dice, arrischiando, ogni giorno, la vita, a fronte di modestissime “mercedi”, siccome al Giglio, col quale c’era scambio di “delegati” ai funerali. E quanti ne son morti, all’isola, in miniera, e là, sopra l’Aurelia, stroncati o bruciati dalla polvere da sparo, nel fior degli anni, senza che Santa Barbara, riuscisse a preservarli. Pur tuttavia, il 4 di Dicembre, alla Montecatini, ben mi rammento, dopo che Don Piero, aveva celebrato Messa nei reparti, al cospetto di centinaia d’esplosiviti, si consumava il rito d’un pasto luculliano. Alcuni s’ubriacavano per dimenticare, almeno per qualch’ora, la loro vita magra ed arrischiante, tramandata sempre così di padre in figlio. Gli amici sobri e le famiglie, chiamate dalla Direzione, il pomeriggio, li riconducevano a casa traballanti e un po’ farneticanti, a smaltir la sbornia tra le coltri. Il giorno dopo, giorno di lavoro, ancor storditi, dimenticata la “vacanza” breve, riprendevano a vivere o morire la lor sorte. Per tutto questo, anche se assente, son stato, oggi, tra voi, col cuore e con la mente alla chiesa del lido di Campese, a celebrar la Santa nicomede, mandandovi un pensiero, reverente e un grazie, da lontano, perché, anno per anno, onorate, vieppiù, le tradizioni.