"CONTRO LA GENTE IL PARCO NON SI FA!"
Il 6 dicembre 1991 venne approvata la famosa Legge quadro 394 sulle aree protette. All'art. 1 fra i principi fondanti tale legge prevedeva come finalità prioritarie “l'applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione fra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionale”.
Nonostante la chiarezza di tale principio generale, uno degli ultimi viticoltori isolani, il mio amico Biagio di Bugia, visse una vera e propria crisi esistenziale. Infatti il giorno prima una troupe della televisione olandese lo intervistò e lo raffigurò come un eroe per l'impegno e la caparbietà con cui continuava a lavorare una terra così aspra; il giorno dopo gli venne contestato un verbale per reati ambientali: si chiedeva infatti sconfortato se, quando zappava, doveva considerare se stesso “l'ultimo degli eroi o il primo dei criminali”.
Di recente sui quotidiani si legge di una sanzione di 8000 euro e 11 giorni di reclusione ad un altro contadino gigliese “per aver tagliato dei rovi”, di una sua lettera di protesta seguita da una successiva lettera di scuse ai Carabinieri del Corpo Forestale.
Sulle cronache quotidiane si legge una dichiarazione di Marco Pezzotta, capo dei Carabinieri forestali dell'Arcipelago, che due giorni fa ha visitato l'azienda agricola per rendersi conto di persona della situazione in cui afferma che “devono essere aumentati gli sforzi di collaborazione tra noi, il Comune e i privati, per favorire le attività agricole tradizionali di pregio come quella in questione; afferma inoltre che «quando la vigilanza diventa repressione di un illecito, è una sconfitta per tutti. Vuol dire che ognuno di noi ha mancato in qualcosa”. Dichiarazione che, nonostante sia caratterizzata da un grande senso di equilibrio e di evidente ragionevolezza, non riesce a nascondere del tutto il clima di totale follia che ormai regna sulla questione.
Sempre in questi giorni il Consigliere dell'Ente Parco dell'Arcipelago Toscano e ex Assessore all'ambiente del Comune di Isola del Giglio, Stefano Feri, è intervenuto sull'argomento con un comunicato altrettanto equilibrato e razionale in cui, però, ascriveva alla politica in generale e anche a se stesso le responsabilità dell'attuale clima di situazioni grottesche in cui versano le attività di tutela ambientale all'Isola del Giglio. Responsabilità che invece, secondo me, non devono essere ascritte né a lui né a tutti quelli che la pensano come lui.
Nel 1994 una sera durante una riunione della Giunta Municipale da me presieduta come Sindaco dell'epoca, si sentì un gruppo di persone che sotto le finestre del Municipio urlavano “buffoni, buffoni!” con netto riferimento alla vicenda del Parco: fra l'altro la seduta verteva non su problemi ambientali ma sulla definitiva approvazione del piano idrico grazie alla quale l'isola ha poi raggiunto la definitiva autonomia idrica. Il più anziano degli assessori sbiancò in faccia perché non ricordava a memoria d'uomo una manifestazione di protesta di quel genere all'Isola del Giglio. Un altro degli assessori commentò: “Continuando di questo passo dal Parco anziché finanziamenti avremo solo sanzioni e, tempo qualche anno, l'Isola sarà militarizzata dalla Forestale”: mai parole furono più profetiche. Io mi limitai a rispondere: “siamo quasi a fine mandato, approviamo il Piano Idrico e andiamo a casa. Vedremo cosa faranno gli Amministratori che verranno.”
L'indomani mattina un cartello con la scritta “Largo Armando Schiaffino Sindaco del Parco” ribattezzava la piazzetta dell'entrata al Castello (Largo Loredano Baffigi, Sindaco della Liberazione).
Alle successive elezioni uno dei candidati a Sindaco garantì che nessuno sarebbe mai riuscito a imporre il Parco e, con lo slogan “contro la gente il Parco non si fa” si presentò alle elezioni dove stravinse con una percentuale di voti da elezioni bulgare.
Armando Schiaffino, ex Sindaco
Ho letto, con la massima attenzione, ciò che hanno scritto, sia l'ex Sindaco Schiaffino, uomo di vasta cultura, sia il signor Malanima, che mostra di ben intendersene delle cose del Parco e di chi, a differenza dei cosiddetti "eroi", che eroi non sono, anche se è assai meritevole, a mio parere, quello che, nel solco della tradizione, riescono ancora a produrre nel contesto di terre ostili, coltiva ,invece, altrove, senza inciampi di sorta e con il beneplacito delle autorità del Parco, determinando impatti ambientali significativi (vedi Frescobaldi). Ho letto e condivido le loro considerazioni, come annuisco alla icastica, quanto saggia, asserzione latina, del signor Servini. Ebbene, in termini di estrema sintesi, vista la sorte degli impavidi, vignaiolo ed ortolano, mi viene da dire che il Fondamentalismo, inteso come ideologia, ovvero come dottrina di "credenze" ipertrofiche in senso lato e, come tale, prevaricante, quanto intollerante rispetto all' opinione ed ai legittimi interessi altrui , non e' solo questione di religione, bensì di comportamenti generali, basati sulla presunzione di possedere "verita'" assolute, che tali non sono. Aggiungo, perché, non ci siano equivoci, due esempi, uno reale ed uno potenziale, che, nella loro diversita', sono, comunque, esplicativi di cosa, nella pratica d'ogni giorno, comporti essere Fondamentalisti. Ebbene, alla faccia degli animalisti ad oltranza che, magari, mangiano carne e pesce d'ogni tipo, allevata, gridano ai cacciatori, come fossero i "disfacitori" del mondo animale, asserisco che, se il Cinghiale (lo prendo ad esempio, perché sintomatico rispetto a quanto sto per dire), non venisse abbattuto con sistematica regolarità, adesso, non solo avremmo le strade d'ogni città o paese invase da questo suide selvatico, che non ha nemici in natura, fuorché il cacciatore, ma le coltivazioni delle campagne sarebbero devastate e falcidiate oltre i limiti d'un minimo di produttività per la sussistenza di chi d'esse si nutre e vive. Al riguardo posso aggiungere, che molti anni addietro, mi sono trovato, in pieno giorno, al centro di Budapest, dove m'ero recato per ragioni di lavoro, bloccato, a bordo d'un taxi, a sua volta, bloccato, in mezzo ad un traffico impazzito, perché un grosso (più d'un quintale), cinghiale, se ne andava per la città rovesciando cassonetti di nettezza urbana. Parimenti, sempre secondo il mio modesto parere, se si osservano alla lettera le prescrizioni imposte dai naturalisti, rispetto alla conservazione ed alla salvaguardia della vegetazione, ho l'impressione che l'isola del Giglio, diventerebbe una macchia inestricabile, come Dante riferisce della Maremma dei suoi tempi, nel XIII canto derll'Inferno alla "terzina" di endecasillabi che recita: "Non han sì aspri sterpi né si folti / quelle fiere selvagge che 'n odio hanno, / tra Cecina e Corneto, i luoghi còlti". Qui la finisco, perché, altrimenti, considerato che nei confronti dei due semieroi, sia stata compiuta un'ingiustizia, mi toccherà, chiedere pubblicamente scusa a chi, posto a salvaguardia dell natura, è purtroppo, costretto ad orientarsi ed agire nel contesto di un coacervo di norme e regolarmenti sull'ambiente, inestricabile e contraddittorio, basati su concezioni fondamentalistiche che fanno il paio con l'atteggiarsi dei politici, tutti tesi, a motivo del consenso cui, soprattutto, tengono, a dire e non dire, creando, così, incertezza di doveri e di diritti, da onorare e da pretendere.
Il 6 dicembre 1991 venne approvata la famosa Legge quadro 394 sulle aree protette. All’art. 1 fra i principi fondanti tale legge prevedeva come finalità prioritarie “l’applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione fra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionale”. Così riporta Armando Schiaffino. Quanto è costato al comune cittadino tutto quello che ne è seguito. Uffici periferici, sedi istituzionali, personale, pianificazioni a suon di architetti pianificatori, regolamenti e chi più ne ha ce ne metta. "Cui prodest" Certamente non al Giglio o ai gigliesi. L'isola era bella per i gigliesi che l'avevano curata per centinaia di anni. Sicuramente i politici, di qualsiasi razza, possono vantarsi : 1-di aver incrementato la superficie dei parchi italiani 2-di aver "creato lavoro" per il personale che l'avora all'ente parco Sicuramente non possono vantarsi per aver : 1-creato regole che identificano tutto ciò che è dentro al parco come un monumento intoccabile e non una splendida realtà da vivere e condividere (come in altre parti del mondo) 2-distrutto la vocazione agricola-tipica di coloro, ormai pochi, che agli occhi del mondo che ci osserva sono "eroi" 3-disincentivato ogni "temeraria" azione di riattivare li sopite vocazioni agricole tipichie dell'isola allontanando ogni ipotesi di richiamo di forze giovani sull'isola. Segnalo infine, ove non fosse già noto, che sull'Isola di Gorgona (Parco Vero?) il marchese Frescobaldi ha impiantato ettari di vigneto dove non c'era niente (non ha estirpato 4 "spinarazzoli") il tutto, ovviamente con il beneplacito dei politici vedasi il link sotto https://www.youtube.com/watch?v=tBdq2dlPHJg Un abbraccio al mio amico Biagio
Accidere ex una scintilla incendia passim