Il professor Mario Brandaglia, oltre che ricercatore e storico isolano, è noto a molti appassionati di mare, per le sue numerose scoperte archeologiche subacquee. Fra le più importanti si annovera quella della nave romana fuori il molo rosso di Giglio Porto e quella etrusca, risalente al VI° Secolo Avanti Cristo anch’essa rinvenuta nei fondali dell’isola.

Il Prof. Brandaglia è stato uno dei primissimi Subacquei isolani a possedere un’attrezzatura subacquea per averla vinta in premio, piazzandosi al secondo posto, in un concorso nazionale di fotografia pubblicitaria indetto dalla ditta Mares, ed è stato anche fra i primi sub ad immergersi nelle acque antistanti la nostra Isola, fotografandone i fondali e conducendovi numerose ricerche archeologiche.

Suoi compagni di immersioni erano Maurizio Sarra, Solaini, Raniero Maltini, dai quali ricevette in dono la famosa macchina fotografica subacquea Calipso, Betti, Victor de Santis e Reg Valentine da cui apprese le tecniche di immersione. Nel corso di tale attività archeologico-scientifica-subacquea è stato in grado di trasmettere alla Soprintendenza Archeologica della Toscana, segnalazioni e mappe dei fondali, e consegnare numerosi reperti di anfore e frammenti di vasellame appartenenti a varie epoche. Furono anche individuati alcuni monoliti granitici che attualmente sono rimasti sotto i massi frangiflutti calati all’esterno del molo, davanti la torre del saraceno e due monoliti marmorei ubicati sul fondate in altra zona dell’isola.

Da questi ultimi blocchi marmorei, ognuno delle dimensioni variabili di circa m 4 di lunghezza; di cm 70/ 80 di altezza; e di circa cm 70/80 di spessore e per un peso di circa 10 tonnellate ciascuno, furono prelevati alcuni campioni per essere sottoposti ad analisi petrografiche, chimiche e cristallografiche, al fine di scoprirne la composizione  per determinarne il luogo di origine e la zona di provenienza.

I campioni di marmo, gentilmente analizzati e studiati in ambito universitario, hanno stabilito che si tratta di marmo di Carrara e non di marmo greco pantelico come il candore e la purezza del colore sembravano indicare ad una prima osservazione. Allo stato attuale delle ricerche, non è stato ancora possibile stabilire con esattezza il periodo dell’affondamento dei due blocchi, ma lo stato del loro deterioramento corticale, farebbe ipotizzare che il naufragio sia avvenuto tra il I ed il III secolo dopo cristo.

Da una prima analisi sulla posizione dei due blocchi, si potrebbe ipotizzare l’appartenenza ad un unico obelisco fratturatosi durante il naufragio, oppure di due frammenti  diversi tra loro. La loro particolare giacitura e la morfologia del fondale, potrebbero suggerire l’idea di una parte di un carico di una nave romana, che  durante la sua rotta dal Nord della Toscana verso il porto di Ostia o verso il Tevere sia andata a finire sugli scogli del Giglio o abbia perso il suo prezioso carico, per cause a noi ignote.