Con l’apertura del nuovo anno scolastico l’Istituto Comprensivo “Antonino Rallo”, unico presidio didattico sulle isole Egadi, si è ritrovato a far fronte agli impegni del primo mese di attività con un numero assolutamente insufficiente di docenti e di personale amministrativo. L’Istituto, articolato in più plessi dislocati sulle tre isole che compongono l’arcipelago, rappresenta un presidio formativo senza il quale l’esistenza stessa delle comunità sarebbe certamente pregiudicata. A seguito della legge 111/2011, la scuola, che non arriva alla soglia prevista dei 500 alunni, è stata assegnata in reggenza ad un dirigente scolastico della città di Trapani.

Il bisogno che la scuola delle isole Egadi esprime, e che rappresenta in modo paradigmatico quello di altre isole minori, è basilare: godere di un’attività formativa continua e adeguata per i propri ragazzi. In assenza di questa primaria condizione, si può parlare solamente di una formale e nei fatti discontinua e inadeguata erogazione di un servizio, a cui lo Stato è costituzionalmente tenuto a far fronte.

I problemi che anche quest’anno appaiono di più urgente soluzione, peraltro segnalati da anni in tutte le sedi preposte, sono essenzialmente: il costante turn over dei docenti e la conseguente discontinuità didattica; il numero sempre più esiguo degli insegnanti assegnati, connesso alla piccola dimensione delle classi, che mal si adegua alle esigenze formative dei discenti; il senso di disagio di quanti vengono a prestare servizio presso realtà così geograficamente marginali, sentimento inevitabilmente percepito e subìto dagli stessi stessi scolari.

In un contesto così fragile e complesso, quale quello delle piccole isole, di fronte alla necessità di conservare e far crescere la scuola, cuore e motore della collettività, non può valere la logica dei grandi numeri o dei tagli orizzontali, stante che la presenza o meno di un solo docente può portare alla chiusura di un intero plesso. Seguendo la logica dei grandi numeri, si potrebbe sostenere che non è economicamente produttivo tenere in vita comunità scolastiche così esigue; che, come nel caso dei comuni di montagna, è più produttivo assecondare il flusso verso le scuole dei più grandi centri limitrofi. Per le realtà microinsulari, forse ancor di più che per i piccoli centri di montagna, questo non solo è impossibile a causa della presenza del mare e di collegamenti frequentemente saltuari, ma è soprattutto un ragionamento economicamente fallimentare: un plesso di una piccola isola che chiude significa una comunità che ha perso completamente tutti i suoi bambini; significa che è rimasta senza le giovani coppie, cioè la sua parte più giovane e dinamica, quella che dovrebbe far vivere e far crescere economicamente quel luogo.

Se come asset irrinunciabile di un paese moderno, si riconosce la necessità di assicurare una scuola di qualità in ogni parte dello Stato, allora occorre anche prevedere strumenti di governance adeguati per le istituzioni scolastiche situate in realtà geografiche così difficili. La gestione di situazioni complesse richiede necessariamente strumenti flessibili e necessari riconoscimenti per assicurare un’amministrazione efficace delle risorse umane.

La razionalizzazione nell’uso delle risorse economiche è certo un valore ma deve appunto essere operata in maniera “razionale”. Le scuole delle isole minori, proprio per le particolari condizioni nelle quali si trovano a operare, sononaturalmente predisposte a immaginare, progettare e realizzare l’innovazione. Questa predisposizione e i suoi esiti presentano, ovviamente, elementi di variabilità locale ma tutte le scuole, in egual modo, avvertono la necessità di non abbandonarsi alle sole routine curriculari, se non a prezzo di una profonda frustrazione. Pendolarismo, mancanza di infrastrutture culturali, isolamento, povertà dei contesti, frequenza degli avvicendamenti, ecc., sono obiettivamente generatori di handicap; ma, proprio come i deficit organici, stimolano la valorizzazione delle qualità soggettive di molti operatori che, alla fine, garantiscono ai giovani isolani livelli di formazione comparabili con quelli generali (va da sé che alle qualità soggettive si accompagna –e non può che accompagnarsi– un sovraccarico di lavoro, del quale sarebbe necessario veder riconosciuto il valore con opportune gratificazioni). Le scuole isolane sono, dunque, per amore o per forza, dei laboratori didattici sempre aperti e da sempre aperti; dei luoghi di sperimentazione spontanea e inevitabile, ricchi e ignorati, che dobbiamo conoscere e riconoscere perché del loro lavoro di invenzione quotidiana si possa valere tutta la scuola italiana.

Forse una considerazione più particolareggiata delle diverse situazioni, che certo può essere istruita dagli organi regionali dell’Istruzione, potrebbe evitare una “linearita” di intervento che produce disagi profondi a fronte di economie davvero modestissime, e generare dei provvedimenti amministrativi in deroga rispondenti a esigenze di opportunità e di equità. Il seminario del 24 Ottobre a Favignana avrà il compito di mettere a fuoco queste questioni e chiedere con urgenza a quanti hanno responsabilità politica la possibilità di sostenere un intervento legislativo, che consideri la peculiarità degli Arcipelaghi minori e le realtà microinsulari che ad essi si legano.