Anche se l’anteprima al sito di Giglio News è stata in qualche modo già fornita dal Gruppo Archeologico locale (onnipresente e prodigo di suggerimenti, quando si tratta di archeologia gigliese) chi scrive, Archeologo della Soprintendenza da 25 anni, intende dare dell’operazione una versione meno emotiva, basata su valutazioni storiche e sul riscontro concreto dell’evidenza archeologica. Nel 2003 sotto la strada delle Grotte furono scoperti a breve distanza due pavimenti, il primo nella tecnica definita "opus sectile", il secondo in mosaico bianco e nero a disegni geometrici. Si è deciso di intervenire quest’anno su quello in opus sectile, perché conservato a minore profondità e quindi più esposto al rischio di perdita e anche per le sue precarie condizioni di conservazione. I pavimenti appartengono entrambi al corpo residenziale della villa romana, oggi in parte inglobata nelle costruzioni moderne a sud della baia del Saraceno, che si disponeva su due terrazze artificialmente ricavate nel granito. Grazie all’analisi di questi pavimenti, ma soprattutto di quello in opus sectile, formato da tarsie di marmi e porfidi di vari colori e provenienza, combinati in un disegno di particolare raffinatezza, si è potuto con certezza attribuire ad una committenza imperiale il corpo più antico della villa, quello alla quota più elevata nella zona delle Grotte. La preziosità dei materiali, l’originalità dello schema e la particolare tecnica sono caratteristiche che si ritrovano infatti nella decorazione di età neroniana, a cui si adattano anche i frammenti di intonaco dipinto, che stavolta, con un pizzico di fortuna, sono stati trovati in gran quantità inglobati nello strato di crollo che ha coperto il sectile.
Effettuato lo stacco il frammento di opus sectile sarà sottoposto a restauro in laboratorio, perché fin d’ora destinato all’esposizione definitiva al Giglio, secondo la strategia messa a punto dalla Soprintendenza, che dopo questa prima fase ha progettato anche lo scavo e la documentazione delle altre strutture individuate sul pianoro delle Grotte, al fine di valorizzare nel modo più razionale quanto resta dell’antica villa del Saraceno, in sinergia con gli Enti Locali.
Le operazioni portate a termine con straordinaria passione, entusiasmo e rigore professionale da Carlotta Bigagli, Archeologa dello Studio Ares e da Bettina Lucherini, Restauratrice, sono state facilitate dalla collaborazione degli Amici dell’ Acquedotto del Fiora e di quanti con discrezione hanno assistito alle varie fasi dello scavo.
Paola Rendini
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