Follia del governo: i parchi trattati come le bocciofile
Diego Carmignani

IL CASO. Secondo un provvedimento finanziario della Ragioneria dello Stato, ai presidenti delle aree protette non spetterebbe alcuna indennità.

Tra un taglio e l’altro, un emendamento e una nota spese, esce fuori che, per il governo, i presidenti dei parchi non vanno pagati, anzi: restituiscano i soldi che hanno preso. Una pretesa forse minore rispetto ai devasti di Tremonti, ma davvero insensata. «Il provvedimento finanziario, firmato dal ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio - denuncia il geologo Mario Tozzi a Terra, presidente del Parco arcipelago toscano -, stabilisce che il presidente del parco è un titolo onorifico, a cui non spetta alcun emolumento. Ma è un assurdo, visto che il presidente di un parco ha la responsabilità legale dell’ente. A questo si aggiunga che non si percepiscono compensi da gennaio e, addirittura, che vorrebbero indietro quelli corrisposti nel 2010. Il ridicolo è che la somma in questione è di 1.450 euro al mese. Non cifre per cui il taglio avrebbe senso, come per le grandi aziende statali che garantiscono milioni per la liquidazione. Con una serie di mandati ormai in scadenza, perché d’ora in poi ci si dovrebbe candidare a presiedere un parco? Con le ingenti responsabilità che si prendono, e che ci portano, ovviamente, anche a stipulare un’assicurazione».

I presidenti dei parchi ora si mobilitano, dandosi appuntamento il 18 agosto, insieme anche a Federparchi, per decidere come agire: c’è chi è intenzionato a riconsegnare simbolicamente le chiavi degli enti, chi a fare denuncia. «Il provvedimento si inserisce nei tagli complessivi dei finanziamenti al ministero dell’Ambiente - spiega Giampiero Sammuri, presidente Federparchi -. Quella della Ragioneria è un’interpretazione curiosa e ambigua della norma vigente, che, come anche l’ufficio legale del ministero conferma, dice che ai presidenti spetta quest’indennità, per altro modestissima. Forse in questo momento economicamente difficile, si confondono i cosiddetti “costi della politica” con i nemmeno 1500 euro mensili corrisposi per essere rappresentanti legali di un ente importanti come un parco nazionale, che così viene declassato a circolo bocciofilo». Senza contare che i nostri parchi, oltre che un patrimonio da proteggere, sono pure miniere di soldi per le casse statali.

«Costano pochissimo allo Stato: 50 milioni di euro - continua Sammuri -: sono 23, per una media di poco più di 2 milioni a parco, che muovono un bilancio di non meno di 4 miliardi. Rispetto a quanto investe, lo Stato ci guadagna molto di più». «Una scelta suicida, oltre che ingiusta - concorda Tozzi -. Si punta al depotenziamento delle aree protette, con questa misura e con la revisione al ribasso della 394, la legge quadro sui parchi nazionali. Quando però i parchi ti portano 90 milioni di visitatori all’anno e un +16 per cento rispetto agli altri settori del turismo, l’unico che cresce».