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APPELLO PER LA CALETTA
E' per molti semplicemente "la Caletta" quella che i vecchi gigliesi chiamano “Bansaracino”. Sono pochi metri di sabbia sassosa, chiusa nella costa granitica da tre lati e, nel quarto, aperta al mare, verso l'Argentario.
La sua è una storia millenaria, ben documentata. Al tempo dei Romani era compresa in un impianto per l'allevamento ittico, a servizio della famiglia imperiale degli Enobarbi: se ne vedono ancora i resti, tanto dentro l'acqua che fuori.
Nella Carta del Giglio disegnata nel 1656, dal governatore dell'isola Serafino Burali, la caletta è citata come “Bagnio saracino”. Vuol dire che pirati e corsari vi erano di casa: e vi facevano sosta, ora per rifornirsi di acqua, ora per commerciare (o trafugare) carne di pecora e, magari, portarsi via qualche schiavo gigliese. Ciò è durato per alcuni secoli, come ci dicono cronache e storia.
Arrivo ai ricordi personali. Circa una cinquantina di anni fa, fra la spiaggetta e la strada che la costeggia per uno dei quattro lati, furono fatti un muretto e i pochi gradini per scendere al mare.
Molto semplicemente e senza forzature moderniste, come si conviene a questo luogo, tanto carico di storia, tanto prezioso e fragile.
Poi è venuta la terribile sciroccata del 29 ottobre del 2018 che ha messo a soqquadro la Caletta intera, pavimento e muretto compresi. Un disastro al quale si sta ponendo doverosamente rimedio. La pavimentazione è stata riassestata con il granito originario (questa volta senza granito cinese!). Per il rifacimento del muretto qualcuno ha introdotto una novità: farlo più basso di come era (perché?) e completarlo, in altezza, con una ringhiera: ma una ringhiera come, in plastica? In alluminio? In acciaio? Tale comunque da snaturare il luogo per sempre?
Ci sono alternative meno distruttive. Una prima, attuare il ripristino del muretto nelle dimensioni originarie, date per buone per oltre cinquant'anni.
Una seconda, se la Norma (in questo caso insensata) esige il muretto più alto di come era: meglio il muretto alto che il luccichìo della ringhiera “moderna”.
Occorre dunque ora un ripensamento virtuoso dei responsabili, se non vogliono passare alla storia del Giglio come quelli che hanno arrecato alla Caletta più danni di quelli fattile dalla natura scatenata del 29 ottobre 2018.
Bruno Begnotti
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