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Quel venerdì i nostri amici, Franco e Gabriella, avevano fretta di lasciare la nostra casa, nonostante la cena serena e gustosa, perché la mattina dopo si sarebbero dovuti alzare molto presto per andare a pesca. Io pure li lasciavo andare volentieri, pur col dispiacere di interrompere tanto caloroso abbraccio intorno al camino. Ma dovevo seguire "Quarto Grado" alla TV.
Inoltre il mio spirito non era dei più sereni: avevo ancora quel senso di disagio umido e pungente del sogno fatto la notte precedente: la mia casetta, appena sopra il porto del Giglio davanti alla Gabbianara, mi inquietava perché si stava riempiendo d'acqua con infiltrazioni sempre più bagnate di umore cupo. Un soprassalto dovuto al tocco magico di mio marito mi riportò alla realtà. E solo i sorrisi delle amiche, che mi avvertirono di scherzarci sopra, perché gli incubi notturni sono dovuti solo alla cattiva digestione, mi permisero di continuare serenamente la passeggiata di primo pomeriggio verso le Cannelle. Ma il mio sguardo era attratto dalle Scole, chissà perché.
Torniamo al dopo cena: erano le 21. 30 di venerdì 13 gennaio.
Il gesto frettoloso di scrollare sul giardino le molliche dalla tovaglia appena usata si bloccò allampanato.
Laggiù il mare era una lastra di ghiaccio; sopra di me il cielo era tagliente come tante piccole lame stellate; e la luna era immensa di luce come solo nella mia isoletta sa esserlo.
Quasi una "trasumanazione" divina mi sollevò tra cielo e terra. Altre luci brillavano seghettate sull'acqua azzurra laggiù. Una nave vagava senza il suo timoniere, in un silenzio infinito di pace, di tranquillità, fuori dal tempo e dallo spazio. Rimasi là, immobile, dentro il perché delle cose. Il resto è solo noia esistenziale.
Impariamo tutti da Dante e smettiamo di parlare. È l'ora di seppellire i nostri morti.
"Le cose tutte quante
hanno ordine tra loro, e questo è forma
che l'universo a Dio fa simigliante.
Qui veggion l'alte creature l'orma
de l'etterno valore, il qual è fine
al quale è fatta la toccata norma.
Ne l'ordine ch'io dico sono accline
tutte nature, per diverse sorti,
più al principio loro e men vicine;
onde si muovono a diversi porti
per lo gran mar de l'essere, e ciascuna
con istinto a lei dato che la porti.
Questi ne porta il foco inver' la luna;
questi ne' cor mortali è permotore;
questi la terra in sé stringe e aduna"
(Par. I, 103-117)
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