Si è svolta Domenica mattina nella piazza della Dogana di Giglio Porto una semplice ma emozionante cerimonia per ricordare la figura di Rodolfo Betti per tutti “Marò” recentemente scomparso.
Alla presenza del Sindaco del Comune di Isola del Giglio Attilio Brothel che ha ricordato Marò per il suo attaccamento e amore per l’Isola,  Angelo Stefanini, alla presenza della figlia Nora e della nuora Antonella, ha commemorato la figura di Rodolfo Betti dedicando all’amico scomparso una targa ricordo posizionata sugli scogli delle Scole. Riportiamo di seguito le belle parole di Angelo Stefanini.

“Era il 1950 quando il “Marò”, insieme ad un gruppo di amici sbarcarono al Giglio per la prima volta. Si facevano chiamare la “tribù pisana” ed erano, si può dire con certezza, dei veri e propri pionieri del turismo in generale, soprattutto delle attività subacquee in particolar modo della pesca subacquea.
Andavano in acqua coperti solo da grosse maglie di lana infittite con le maschere gran facciale, le prime pinne Pirelli e i lunghi fucili a molla.
Provenivano da un’esperienza non proprio positiva avuta in Capraia per la scarsità di acqua disponibile e di imbarcazioni da utilizzare per i loro scopi, per cui, l’ospitalità con la quale furono accolti e la buona disponibilità di ciò che altrove gli era mancato fecero nascere subito un vincolo affettivo profondo con la nostra isola e con la nostra gente.
Iniziò quindi un periodo in cui le visite si fecero frequenti; le uscite in mare a bordo della “Annunziata” di “Spazzolone” prima a remi e poi con l’aiuto di un motore Seagul facevano scoprire ogni volta nuove bellezze dei fondali del Giglio.
La “tribù” poi, con il passare degli anni, si disperse un po’, perché ognuno cominciò a prendere la propria strada, ma uno rimase attaccato al Giglio in modo davvero autentico e forte: era il “Marò”.
Nacquero così le amicizie profonde soprattutto con la gente del Porto, con Titta, Filippo, Costantino, Fabio, Adamo, Angelo e l’elenco sarebbe lunghissimo.
Nonostante le successive esperienze avute in quasi tutti i mari del mondo, il “Marò”, sulle riviste alle quali collaborava, nei libri che ha pubblicato e in ogni occasione che gli si presentava avendo fatto della sua passione un lavoro, ha dato continue testimonianze di questo legame profondo con la nostra isola esaltandone le sue bellezze sia subacquee che terrestri.
Nemmeno la tragedia del 29 maggio 1959, quando sulla secca dei “Pignocchi” vicino al Campese due dei suoi più cari amici Nanni ed il giovane Marco Tito morirono probabilmente uno nel tentativo di salvare l’altro, riuscì ad indebolire questo legame ma anzi contribuì a rafforzarlo.
Poi a ricordarci il “Marò” anche quando era lontano, vennero i voli radenti di suo figlio Marco, pilota militare, abbattuto in Bosnia il 3 settembre 1992 mentre trasportava aiuti  umanitari a quelle disgraziate popolazioni; una targa  lo ricorda nella piazzetta del Saraceno teatro dei suoi giochi da bambino.
Per quanto riguarda l’esperienza personale non dimenticherò mai l’emozione della prima volta in barca da soli io e il “Marò”. Io giovane ventenne, appassionato di pesca subacquea, che oltre a praticarla in quel periodo divoravo letteralmente tutto ciò che trovavo di scritto su questa meravigliosa disciplina, avevo la possibilità di imparare dal “Marò” uno dei massimi esponenti del settore in Italia, per tanti un vero mito.  
Era avvenuto questo per intercessione di mio babbo Ottavio, che il “Marò” conosceva bene.
Le frequentazioni e le pescate più o meno fruttuose si succedettero, ma ricordo ancora che le parole che sentivo spesso in quelle occasioni pur nella pratica di un’attività che comunque aveva come scopo la cattura e l’uccisione di una specie erano etica, rispetto e conoscenza del mondo subacqueo e soprattutto prudenza; “andiamo via che questi ci vogliono mandare al Camposanto” mi disse una volta alla Croce davanti ad un branco di dentici che non ne voleva sapere di avvicinarsi.
Ritengo che non avrei potuto avere migliore “maestro” soprattutto da un punto di vista deontologico; il tutto condito da una umanità e una modestia fatta anche di battute scherzose da buon toscanaccio quale era.
Penso che il Giglio ad un personaggio così qualcosa doveva; ecco perché, appena venuti a conoscenza della sua scomparsa, insieme ad alcuni amici, cito fra tutti Alvaro Andolfi e Paolo Fanciulli, abbiamo pensato di dedicargli una targa che ne tenesse sempre vivo il ricordo.
E quale miglior posto per la collocazione poteva esserci se non lo scoglio delle “Scole” uno dei punti preferiti per le sue pescate.
“Vedi Angelo – diceva – mi sono immerso in tantissimi luoghi, ma la Croce e Le Scole sono due posti che il Padreterno ha creato apposta per i pesci”.
Ora vorrei terminare ringraziando la Capitaneria di Porto per il rilascio del permesso per la posa della targa, l’Amministrazione Comunale che ha aderito con convinzione a questa iniziativa patrocinandone la realizzazione e i Carabinieri con i Vigili Urbani che intervenendo oggi hanno contribuito a dare quel giusto tono di ufficialità che la manifestazione richiedeva.
Un abbraccio forte va a Liliana, la moglie, che per motivi di salute non è potuta intervenire.
Grazie a voi tutti per la partecipazione”.


Isola del Giglio UNA CERIMONIA PER RICORDARE MARO' 1

Isola del Giglio UNA CERIMONIA PER RICORDARE MARO' 2