L'isola del Giglio, sia per il suo interesse minerario (miniere di ferro e cave di granito) sia per la sua posizione strategica nel centro del mar Tirreno, è stata frequentata e antropizzata in tutte le epoche storiche. Come conseguenza di tale interesse e di una agricoltura intensiva (quasi esclusivamente di carattere viti-vinicolo e che ha interessato l'intera isola per secoli) il suo accidentato territorio è caratterizzato da un numero enorme di toponimi che indicano ogni più piccola zona e la cui origine si perde, nella maggior parte dei casi, nella notte dei tempi. L'esame comparativo dei nomi attuali dei luoghi con carte e documenti dei secoli passati, conferma infatti la remota origine della maggior parte dei toponimi, alcuni non perfettamente corrispondenti agli attuali solo perché distorti dalla tradizione orale e quindi modificati con il passare del tempo; altri, ma rari, sostituiti ex-novo durante la dominazione lorenese del '700. Gli studiosi della materia sono riusciti a fornire convincenti spiegazioni sull'origine di molti di questi nomi; in alcuni casi, più strani (esempio “Aglialochi”) è stato invece possibile  formulare soltanto ipotesi non verificabili.

La cosa più strana su tale argomento è che, sull'unico toponimo recente dell'isola, risalente ai primi del '900, “Porto Arturo”, piccola darsena nell'ampio golfo delle Cannelle, non si riesca a capire il motivo di tale denominazione.

“Porto Arturo” è una piccola baia ancora oggi utilizzata come minuscolo porto-rifugio per piccole imbarcazioni da diporto, nell'angolo sud-ovest dell'ampio golfo della spiaggia delle Cannelle, nelle vicinanze di Giglio Porto. Alle Cannelle, agli inizi dello scorso secolo, era attiva la più grande cava di granito dell'isola, che dava lavoro a centinaia di scalpellini ed aveva richieste da ogni parte del mondo. Per facilitare l'imbarco del materiale lavorato fu costruito, con il materiale di risulta della stessa cava, un rudimentale molo di sassi: successivamente fu pure realizzato un binario ferroviario fino in cima al suddetto molo dove il granito, trasportato da carrelli, veniva sollevato con un argano (detto “bigo”) e caricato sui bastimenti. Il “pontile” curvilineo di sassi, delimitando un piccolo specchio d'acqua a cui si poteva accedere via mare da una apertura fra questo e la costa, aveva fatto nascere “Porto Arturo”; il perché sia stato chiamato così non è però dato di sapere, anche se qualcuno ha semplicemente ipotizzato che possa aver preso l'appellativo da qualche scalpellino (o dirigente della cava) dell'epoca di nome Arturo; ma anche fra i più vecchi scalpellini ancora viventi non esiste memoria in questo senso e tutti ricordano semplicemente di averlo sempre sentito chiamare così.

Attenti studiosi di storia locale hanno osservato una evidente similitudine fra una piccola darsena del porto del “Valle” a Porto Santo Stefano, chiamata, guarda caso, “Porto Arturo”. Confrontando la tipologia di detta darsena del principale porto dell'Argentario, come risulta da una mappa di P.S.Stefano nel 1906 realizzata dal Tenente di Vascello Alessandro Busonero, con il “Porto Arturo” dell'isola del Giglio (non come è ora, modificato dall'alluvione del 1966 e in occasione della costruzione di un villaggio turistico negli anni '70 dello scorso secolo, ma come lo si vede raffigurato in una cartolina d'epoca di Ottorino Brandaglia degli anni '50), non si può non notare la perfetta similitudine della forma curvilinea (“a virgola”) dei due bracci di molo realizzati a sassi, sia del “Porto Arturo” dell'Argentario che del Giglio.

Il porto del “Valle” di P.S.Stefano, nei primi anni del '900, fu oggetto di numerosi lavori di manutenzione e di ristrutturazione: sicuramente il granito utilizzato in questa occasione (come in molte altre opere pubbliche di Porto Santo Stefano) fu importato dall'isola del Giglio. I conseguenti continui rapporti commerciali e la frequentazione di varie persone di P.S.Stefano e le cave di granito del Giglio, rendono plausibile l'ipotesi che qualcuno, notando la curiosa somiglianza dei due manufatti, abbia chiamato “Porto Arturo il porticciolo del Giglio (o viceversa).

E' interessante e singolare l'affermazione del professor Gualtiero Della Monaca che in una sua recente pubblicazione (“Il caso Lattes”) sostiene che “la piccola darsena è oggi detta umoristicamente “Porto Arturo” in allusione a Port Arthur, in Cina, conquistato nel 1905 dai Giapponesi a spese dei Russi”. “Port Arthur” è oggi una città cinese di 1.650.000 abitanti di nome Lushun, in Manciuria, nella Cina nord-occidentale un tempo fortezza marittima con arsenale, dominante il canale marittimo che dal Mar Giallo porta al golfo di Chihli. In seguito alla guerra russo-giapponese del 1904-1905 i diritti della Russia su tale roccaforte passarono al Giappone, che ottenne in seguito il prolungamento della concessione fino al 1997, anche se ormai appartenente alla Cina da dopo la seconda guerra mondiale.

L'ipotesi che la denominazioni dei “nostri” “Porti Arturo” si possa far risalire ai tempi della guerra russo-giapponese appare a prima vista poco convincente. Un approfondimento delle vicende belliche di tale  periodo, apparentemente così lontane nei luoghi e ormai anche nel tempo, porta però a scoprire, ancora una volta con sorpresa, che esse furono seguite,  a livello locale , con una forte attenzione e passionalità. Un contadino di Giglio Castello, Arienti Mamiliano, mise il nome Togo a suo figlio (morto solo pochi anni fa) in onore dell'ammiraglio ammiraglio giapponese Togo Heihachiro che aveva vinto i Russi, nel 1904 e 1905, a Tsushima e a Port Arthur!!

Un marinaio di Giglio Porto, Mattera Giovanni, in un suo personale e inedito diario di bordo intitolato “RICORDI - R. NAVE ELBA – ITINERARIO DELLA NAVIGAZIONE 1902-1903-1904”, cita Port Arthur varie volte allorché, trovandosi nei mari della Cina allo scoppio della guerra russo-giapponese nel febbraio 1904, sulla REGIA NAVE ELBA – classe arieti torpedinieri, ovvero incrociatori protetti - assistette all'affondamento delle navi russe Varyag e Koretz, ad opera delle torpediniere nipponiche, e quindi recuperò e soccorse vari naufraghi.

Il presente articolo, basato su ragionamenti di tipo induttivo, non risolve ovviamente la questione di toponomastica relativa alla denominazione “Porto Arturo”. Il problema resta pertanto irrisolto e la discussione, allargata a tutti coloro i quali pensano di poter apportare un loro contributo di conoscenze sull'argomento, rimane aperta.

Armando Schiaffino