Pubblichiamo di seguito e con piacere l'articolo che l'amica e collega Laura Tabegna ha scritto per la sezione Cultura della Rivista "Fuori Binario", una rivista di strada fiorentina, nata negli anni '90, realizzata e venduta da persone senza fissa dimora, emarginate o in difficoltà economica. È un progetto sociale e culturale molto noto a Firenze e in Toscana.

Accogliere "chi è di lontan venuto"

Ci sono isole che accolgono chi è "di lontan venuto" con l'abbraccio di una serenata antica. E' ciò che succede da trecento anni all'Isola del Giglio, perla dell'arcipelago toscano e custode di un patrimonio unico di musica popolare. La notte dell'ultimo dell'anno, fino all'alba, i cantori-musicanti gigliesi dedicano la tradizionale Nenia di Capodanno a tutte le famiglie del Giglio, compresi i forestieri, portati "dalle onde del mare".

Pensando alle feste, momento di raccoglimento e unione degli affetti, non si può non portare attenzione anche a chi deve affrontarle in solitudine e povertà. La formula per evitare l'isolamento ce la suggeriscono, paradossalmente, proprio un'isola e il suo canto più antico: "Questo signore è di lontan venuto/ Benedetto chi ce l'ha portato/ Ce l'ha portato la barca a liuto/ Le onde del mar ce l'hanno accompagnato".

Per capire il significato della nenia, bisogna affidarsi allo spirito spontaneo e popolare degli isolani, ma anche agli studi realizzati dagli stessi con metodo scientifico. Un punto di riferimento è sicuramente Aldo Scotto, con le sue "Tradizioni musicali del Giglio", testo base per la tesi di laurea di Cesare Nobile, maestro del coro del Giglio e pianista.

"La nenia di Capodanno - spiega Nobile - nasce come canto di questua, espressione della cultura contadina, e risale ai primi del 1700, quando i napoletani giunsero nell'isola ottenendo la licenza per pescare il corallo". Un tempo i musicanti itineranti suonavano e cantavano tutta la notte percorrendo le vie di Giglio Castello, oggi ricordano la tradizione in punti e orari stabiliti, dedicando alla celebrazione un'oretta.

"Questo canto - continua Nobile - rappresenta un esempio del sincretismo tipico della tradizione popolare, che unisce Sud e Toscana, la cultura napoletana del Porto e quella senese del Castello. La struttura musicale, infatti, è formata da due linee melodiche differenti per strofe e ritornello: coro maschile all'unisono senza accompagnamento, alternato alla serenata toscana in un ritmo allegro di ¾, mentre il ritornello è una tarantella in 6/8. Nel 1930 venne introdotta l'usanza di chiudere con un valzer, di cui si annoverano i compositori Francesco Aldi e Ivo Vasco Centurioni".

Al Giglio si porta in piazza anche una danza popolare tipica, capace di unire tutto il paese, la quadriglia. "Siamo riusciti a far ballare fino a 420 coppie - spiega Sandro Brizzi, maestro di quadriglia e direttore del testo della nenia -. Insieme alla bumbabà e alle serenate, il Giglio mantiene vivo un patrimonio musicale".

Eredi di questo talento spontaneo oggi sono la banda Enea Brizzi e un gruppo folkloristico che suona per le vie del Castello. Tra di loro anche il cantautore Alessio Guarnieri, che ricorda: "La leggenda vuole che la nenia venga cantata solo la notte di Capodanno e, da tempo immemore, i gigliesi onorano questa tradizione, mantenendo vivo lo spirito dell'Isola".

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