ANNUS HORRIBILIS
Un ricordo di Bruno Caponi e Elvio Natali
Quest’anno sembra che la natura si sia coalizzata per arrecarci tutti i danni che poteva: pioggia, neve, grandine, allagamenti, crolli, alberi divelti, fiumi esondati, colture distrutte, navi affondate, bestiame in sofferenza. E questo è grave, ma inevitabile. Che possiamo noi fare contro la natura?
[caption id="attachment_30549" align="alignleft" width="240"] Foto R. Galli[/caption]Quello che è peggio è ciò che fanno gli uomini: mamme che uccidono i propri figli, guerre senza senso, atrocità impensabili, commesse in nome di Dio, al contrario di ciò che Dio ha sempre significato per gli uomini. E’ pur vero che l’egoismo umano ha travalicato i limiti del lecito con abusi che si potevano evitare, o almeno ridurre.
In mezzo a questo terremoto un mese fa Bruno ci ha lasciati. Era nato a Orbetello, sulla laguna che amava. Poi era venuto al Giglio ed era sbocciato un altro amore, forse anche più grande. Qui aveva messo su famiglia ed era entrato nella più grande famiglia dei gigliesi. Era il nostro pittore e tanto più ci piacevano le sue opere perché erano stralci del nostro mondo, angoli della nostra vita. Violenti a volte, sereni tal’altra. Più intensi i colori del Giglio, più vario il paesaggio a confronto con la laguna tenera, morbida, placida. Un mare di differenza, come amava definire la nostra Isola in un suo bel manifesto.
Sicché i suoi dipinti erano di tutti e la sua fama era uscita dall’Isola, dalla Laguna e dall’Italia.
Ci mancherai e ti ricorderemo sempre. Ora sali sulla nuvola più alta e dipingi un tramonto al Campese. Tutti diranno: “E’ di Bruno”….
Avevo appena finito di scrivere un ricordo del nostro pittore quando, dieci giorni fa, mi arrivava la notizia che il nostro carissimo Elvio se ne era andato. Grande il rammarico di non averlo potuto salutare per l’ultima volta…Amabile e disponibile, Elvio non aveva una connotazione specifica, se non il grande amore per il Giglio, che gli ha fatto affrontare un ultimo viaggio periglioso pur di raggiungerlo. Bella la frase del figlio Andrea: “ora sei a casa babbo, riposa in pace”. Era il cugino di mio marito. Simpatico, divertente, e anche bello, ché quando si vestiva per le feste tutte le ragazze ci lasciavano gli occhi. D’inverno studiava a Grosseto, ma come suonava la campanella che annunciava la fine delle lezioni e dell’anno scolastico, lui era già in piedi fuori dalla classe con la valigia in mano, pronto per partire per il Giglio. Al mattino andava in campagna con il nonno, nel pomeriggio si sedeva sempre sulle scale di Vasco. E parlava con tutti quelli che passavano. Alla domanda ovvia gigliese: “sei venuto?” “e come faresti a non venire al Giglio? Lo sai San Mamiliano si arrabbierebbe…. Noi abbiamo il Giglio nel cuore e pure se girassimo il mondo vorremmo tornare sempre qui”. L’ha fatto sempre, anche l’estate scorsa, pur provato nel fisico. Un dispiacere grande non vedere più Elvio su quelle scale, a scherzare, a ridere, ad intrattenere tutti. Le sue barzellette, i suoi scherzi innocenti non finivano mai. Famoso quello del registratore, uno dei primi apparsi sull’isola. Elvio registrò tutta la funzione della festa del patrono e a mezzanotte tra un sonar di campane la trasmise a tutto volume, sconvolgendo la semplicità di tanti ingenui gigliesi che credettero ad un miracolo. Sono sicura che quest’anno passando dal Lampione tutti penseranno: “ma Elvio non c’è?”. Speriamo che là dove si trova possa continuare a divertire e a divertirsi.
Caterina Baffigi Ulivi
Tutto vero cara Caterina, ma in questo "Anno Horribilis" di Giglio Castello hai dimenticato di aggiungere un' altra figura, un altro nome la cui scomparsa ha privato a centinaia di gigliesi di non contraccambiare più quella simpatia calda e gioia di vivere, quotidiana, che trasmetteva tale figura. Tutti le volevano bene, tutti e vivevano attraverso lei il " vivi e lascia vivere" si tratta della mi' sorella Ulderiga Silvestri che tu conosci molto bene, e, per noi: ULDE. Ora, con un caldo abbraccio a te, lo faccio io e che tutti riposino in pace. Amen.
BADARE A SE STESSI …. “Badare” a se stessi, alle proprie cose, al proprio Paese … alla propria gente, può sembrare una forma d’egoismo. Invece non è così! E per rendersene conto, basta leggere ciò che ha scritto, con garbo, Caterina di Bruno ed Elvio, due Gigliesi “diversi” ma eguali, visto l’amore ch’ entrambi portavano, per nascita ed adozione, alla loro isola. Basta vedere le cose in modo difforme dalla massa dei “brulicanti” e non ritenersi unici destinatari della Grazia, ché l’esistenza è, per tutti, un miracolo. Difendere le proprie origini e cercare le proprie radici, non è, come sembra, affermare se stessi a dispetto degli altri, siccome credono i fondamentalisti: è amare e rispettare anche le peculiarità di chi non t’è affine. Che, poi, è quel che Cristo ebbe a rispondere a chi, subdolamente, gli domandava se si dovesse essere fedeli a Roma piuttosto che al Signore, quando disse: “Dai a Cesare quel ch’ è di Cesare ed a Dio quel che a lui compete!”. Elvio e Bruno, quindi, furono, al contempo, uguali e diversi, al cospetto degli uomini! Barva Caterina!