Arcipelago Toscano: in arrivo 9 Zone speciali di conservazione

L’Italia prosegue nel cammino tracciato da Natura 2000, il principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della biodiversità, una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Ue in base alla Direttiva “Habitat”, per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. La stessa direttiva europea prevede, insieme alle Zone di protezione speciale (Zps – Direttiva Uccelli)  l’istituzione di Zone speciali di conservazione (Zcs),  che riguardano la tutela della biodiversità e la conservazione degli ambienti e delle specie viventi. Ogni Paese deve definire quali sono le zone con particolari valenze ambientali da istituire come Zsc. Per questo il ministro dell’ambiente, Corrado Clini, ha firmato un nuovo decreto che  istituisce le prime 27 Zone speciali di conservazione (Zcs), una tipologia di riserva naturale "mirata" e "flessibile". Si comincia dalla Val d’Aosta ma in tutta Italia sono  circa 2.500 le Zcs che verranno istituite, visto che nel nostro Paese  il censimento dei 2.500 habitat speciali riguarda circa il 21% del territorio, dove vivono animali o piante rari ed autoctoni, o dove ci sono altre specificità naturali stanziali e migratorie da salvaguardare.
Ecco le Zcs designate nell’Arcipelago Toscano: Isola di Gorgona (210 ha); Isola di Capraia (1.886 ha), Isole di Cerboli e Palmaiola (21 ha); Monte Capanne e promontorio dell’Enfola (6.756 ha); Isola di Pianosa (997 ha), Isola di Montecristo (1.042 ha); Formiche di Grosseto (12 ha); Isola del Giglio (2.094 ha); Isola di Giannutri (231 ha).
Le Zps riguardano: Elba Orientale,  Monte Capanne e promontorio dell’Enfola;  Cerboli e Palmaiola, Formiche di Grosseto, Isola del Giglio, Isolotti grossetani dell’Arcipelago Toscano e sia le aree terrestri che marine di Gorgona, Capraia, Pianosa, Montecristo e Formica di Montecristo, Giannutri.
Clini è soddisfatto per l’obiettivo raggiunto ed ha sottolineato che «La designazione delle Zsc è un passaggio fondamentale per l'attuazione della Rete Natura 2000 perché garantisce l’entrata a pieno regime di misure di conservazione specifiche e rallenta la perdita di biodiversità in Europa».
Le Zsc sono istituite con decreto del ministro dell'Ambiente d'intesa con la Regione interessata e vengono determinate le misure di conservazione, gli obblighi, i criteri di gestione. Gli impegni previsti non sono quelli consueti delle riserve nazionali, stabiliti dalla legge 394/91 sulle aree protette, bensì vengono definiti in modo particolare e specifico per ciascuna area da proteggere, secondo le caratteristiche particolari: per esempio vengono protette alcune specie viventi tipiche.
Il ministero dell’ambiente spiega che il  processo che porta all'individuazione delle Zone Speciali di Conservazione si articola in tre fasi:
1. Secondo i criteri stabiliti dall'Allegato III della Direttiva Habitat (fase 1), ogni Stato membro individua siti – denominati Siti di importanza comunitaria proposti (pSic) - che ospitano habitat e specie elencati negli allegati I e II della Direttiva. In questi allegati alcuni habitat e specie vengono ritenuti prioritari per la conservazione della natura a livello europeo e sono contrassegnati con un asterisco. Il processo di scelta dei siti è puramente scientifico; per facilitare l'individuazione degli habitat la Commissione Europea ha pubblicato un Manuale di Interpretazione come riferimento per i rilevatori. I dati vengono trasmessi alla Commissione Europea attraverso un Formulario Standard compilato per ogni sito e completo di cartografia. Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si è dotato di un Manuale nazionale di interpretazione degli habitat di supporto per l'identificazione degli habitat della Direttiva relativamente al territorio italiano.
2. Sulla base delle liste nazionali dei pSic la Commissione, in base ai criteri di cui all'Allegato III (fase 1) e dopo un processo di consultazione con gli Stati membri, adotta le liste dei Siti di Importanza Comunitaria (Sic), una per ogni regione biogeografica in cui è suddivisa l'Unione. Per analizzare le proposte dei vari Stati, la Commissione prima di pubblicare le liste iniziali dei Sic ha organizzato dei seminari scientifici per ogni regione biogeografica; ai seminari hanno partecipato, oltre ai rappresentanti degli Stati membri, esperti indipendenti e rappresentanti di organizzazioni non governative di livello europeo. Durante i seminari biogeografici sono stati vagliati i siti proposti da ogni Stato per verificare che ospitassero, nella regione biogeografica in questione, un campione sufficientemente rappresentativo di ogni habitat e specie per la loro tutela complessiva a livello comunitario. Alla fine delle consultazioni con gli Stati membri la Commissione può ritenere che esistano ancora delle riserve, ovvero che ci siano ancora habitat o specie non sufficientemente rappresentati nella rete di alcuni paesi o che necessitino di ulteriori analisi scientifiche.
3. Una volta adottate le liste dei Sic, gli Stati membri devono designare tutti i siti come "Zone speciali di conservazione" il più presto possibile e comunque entro il termine massimo di 6 anni, dando priorità ai siti più minacciati e/o di maggior rilevanza ai fini conservazionistici. In Italia l'individuazione dei pSic è di competenza delle Regioni e delle Province Autonome, che trasmettono i dati al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare organizzati secondo il Formulario Standard europeo e completi di cartografie; il Ministero, dopo una verifica della completezza e coerenza dei dati, trasmette la banca dati e le cartografie alla Commissione. Dopo la pubblicazione delle liste dei Sic da parte della Commissione, il Ministero pubblica le liste dei Sic italiani con un proprio decreto. Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare designa poi i Sic come Zone speciali di conservazione, con decreto adottato d'intesa con ciascuna regione e provincia autonoma interessata.
Le aree che compongono la rete Natura 2000 non sono riserve rigidamente protette dove le attività umane sono escluse, infatti la Direttiva Habitat vuole garantire la protezione della natura tenendo anche «Conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali» e riconosce il valore di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell'uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio tra attività antropiche e natura. Il ministero dell’ambiente evidenzia che «Alle aree agricole, per esempio, sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l'agricoltura non intensiva. Nello stesso titolo della Direttiva viene specificato l'obiettivo di conservare non solo gli habitat naturali ma anche quelli seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi utilizzati, i pascoli, ecc.). Un altro elemento innovativo è il riconoscimento dell'importanza di alcuni elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione per la flora e la fauna selvatiche (art. 10). Gli Stati membri sono invitati a mantenere o all'occorrenza sviluppare tali elementi per migliorare la coerenza ecologica della rete Natura 2000»