AVE MARIS STELLA: addio ad un saluto speciale
Ogni anno, in occasione della festa religiosa di Maria Assunta che cade il quindici di agosto, è tradizione al Castello, officiare la messa il pomeriggio del quattordici, seguita da una solenne processione che gira per le vie principali del paese con statua della Madonna e banda musicale. A tale rito, inteso anche come “piacere di ritrovarsi” partecipano moltissimi gigliesi che vivono fuori dell’isola tutto il resto dell’anno.
Sino a qualche anno fa, mentre si spalancava il portone della chiesa per far uscire il corteo, dall’altare veniva intonato un inno particolare: l’Ave Maris Stella, un canto in latino le cui origini si perdono nei tempi remoti degli “usi e riti” gigliesi.
L’inno, tramandato a noi di voce in voce ci giunge arricchito dal Portamento, uno stile canoro spagnoleggiante che allunga la nota, rendendo il motivo accorato, considerato un errore nella regola della musica corale, ma ricco di pathos e di profondo coinvolgimento emozionale.
I Portamenti - ci spiega la nostra concittadina Wilma Baffigi - venivano usati anticamente dagli spagnoli e dai portoghesi nelle canzoni di impatto malinconico nelle quali si evidenziava tutta nostalgia per la donna, la casa, la madre lontana, e se ascoltiamo un canto dei Fado di Amalia Rodriguez, proveremo forte l’emozione per la familiarità con la nostra “Maris Stella”.
La chiesa del Castello ha avuto voci memorabili nel suddetto canto, voci immedesimate quasi a voler rendere viva la figura della Vergine, tanto da provocare struggente suggestività, emozione, in noi che ascoltavamo.
Wilma, ricorda alcune di quelle voci meravigliose: Placido Bancalà, Mansueto, Vasco Centurioni, Cecchino di Novemia, Beppino il Collocatore, il suo babbo: Ivo Baffigi, don Albano, don Andrea, Gelsomina del Boccia, Ulda e Nunziatina del Piccì, Rosina di Trento, Leda di Parasole.
Ultimamente, io ho potuto ascoltare e non senza commozione, Peppa e Maria Centurioni della Luminea, Ugolina di Melziade.
Lo scorso anno il Canto Accorato non si è sentito all’uscita della processione; non è stato intonato perché ormai si è esaurito il filone “di voce in voce” e non ereditato da parte dei giovani gigliesi.
PECCATO, in questo modo si perderà nel silenzio un altro brandello del nostro profondo passato. Peccato per gli anziani gigliesi, che vivono di là dal mare, ma nelle ricorrenze si avvicinano trepidanti al richiamo delle loro sentite radici. Peccato per le giovani generazioni, ma voglio auspicare che ritorni in qualche modo, lo struggente saluto di un canto che partiva dal cuore e intonava:
“AVE MARIS STELLA, DEI MATER ALMA. ATQUE SEMPER VIRGO, FELIX CAELI PORTA…”
Buon ferragosto a tutti.
14 agosto 2014 Palma Silvestri
CHI NON HA MEMORIA E SENTIMENTI E’ COME FOSSE MORTO La curiosità giornalistica e solo questa (il titolo della notizia, “Ave Maris Stella: addio ad un saluto speciale” era accattivate anche per un semimiscredente quale io sono), m’ha indotto ad aprire il “file” relativo alla Celebrazione castellana della Madonna il pomeriggio antecedente il giorno dell’Assunta”. Mi si è aperto “un mondo d’informazioni” e di storia locale che non conoscevo affatto, tant’è che m’è venuto un grande dispiacere per ciò ch’è stato e forse non sarà più, ovvero per la perdita d’una tradizione straordinaria che lega il “Portamento” addirittura alle cantate struggenti dei Gitani spagnoli ed al Fado di Amalia Rodrighez, che ho ascoltato, in religioso silenzio, rispettivamente a Granada ed a Lisbona. I nomi dei cantori, poi, che sono tutto un programma e che sanno addirittura di favola, anche solo a citarne qualcuno, “Placido” Bancalà, “Mansueto”, Vasco Centurioni, “Cecchino di Novemia”, Beppino il Collocatore, “Gelsomina del Boccia, “Ulda e Nunziatina del Picci”, “Rosina di Trento”, “Leda di Parasole”, “Pappa e Maria Centurioni della Luminea”, “Ugolina di Melziade”, fanno immaginare contadi e bastioni, pallafrenieri e cavalieri, celate, armature e picche, più i merli e i ponti levatoi, a protezione di dame e castellane nelle torri. Che spettacolo è stato! Ho visto passarmi davanti agli occhi la Storia, la storia del Paese e delle sue origini, quella Storia che gli “stolti” vorrebbero rottamare; quella storia, che se non ci fosse stata, non esisteremmo e non saremmo nulla. Brava!, brava Palma Silvestri dalle “insegne” che sanno d’oasi e di boschi, e brava, assieme a lei e quanto lei, Wilma Baffigi che l’ha istruita e che, dal nome, mi ricorda “Mangiafuoco”. Peccato che tutto si spenga e si perda, che tutto, come diceva Parmenide, scorra andando via, tanto che l’acqua d’oggi non è più quella di domani. Quanta nostalgia m’è venuta a leggervi e quanto rammarico per le “memorie” che, via via, inesorabilmente sembrano disperdersi come la nebbia all’incalzar del vento. Peccato che l’altr’anno non si sia ripetuta la tradizione del canto, cui vengono, da lontano, gli antichi Gigliesi “migranti” per ritrovarsi insieme. Speriamo, comunque, che, assieme al Ferragosto di domani, torni, in futuro, “di voce in voce”, perché il ricordo non s’assopisca oltre, ad essere cantata “Ave Maris Stella, Dei Mater Alma. Atque Semper Virgo, Felix Coeli Porta ….”, con le voci che allungano le note per “struggenza”, quali suggestivi “pensieri”, inclini alla nostalgia di persone e cose, ormai lontane, quali la donna amata, la casa dell’infanzia, e la madre che ancor ci compassiona appena, appena prima di morire. Chi non ha memoria e sentiemti è come fosse morto.