"Benedetto nel Bansaracino": poesia di Tonino Ansaldo
Nuova creazione artistica del poeta gigliese Tonino Ansaldo donata ai lettori isolani, e non solo, attraverso le pagine del nostro giornale. Dopo gli emozionanti versi di “Figlio del Giglio“, scritti nel turbinio emozionale dei giorni successivi al naufragio Costa Concordia e “Gabbianara Cara“, poesia in omaggio di uno scoglio tanto amato dagli isolani, Tonino aveva voluto concedere un saluto particolare a Costantino Fanciulli in occasione della sua scomparsa con “Costantino Vive“.
Poi ancora un omaggio in versi ad una delle punte e della cale tanto care alla gente del Giglio ed ai suoi innamorati turisti con “Divina Torricella” ed un ricordo storico attraverso “1799: L’eterni eroi” di una delle pagine più celebri della storia isolana, quella in cui un manipolo di gigliesi, per intercessione del Santo Patrono Mamiliano, riuscirono a respingere l’ultimo assalto all’isola dei pirati saraceni il 18 Novembre 1799.
Lo scorso Ottobre Tonino con "Partire" ci aveva poi regalato versi inediti, figli di sentimenti vivi e forti nell’animo di ogni isolano, scritti nel 2005 ma pubblicati solo a distanza di 9 anni. A Dicembre invece ci aveva offerto un emozionante ritratto di alcuni personaggi epici della nostra storia isolana con "I fratelli Rum".
Oggi il poeta sceglie ancora le nostre pagine, e di questo non finiremo mai di ringraziarlo, per omaggiare Benedetto Scotto, personaggio isolano, "Sindaco del Bansaracino", scomparso nei giorni scorsi.
A Benedetto amico mio e padre di un "lontano" amico mio
CASTELLARE, ANNO DOMINI
... Ai pie' del colle nel divino anfratto che il PADRE sì volle fatto tra scogli e di villa muri a mare una cetaria, incastonata v'era ...
Eppure v'era la canuta chioma d'un gran signore.
A manca del divin carchione a vela ormeggiava la sua tinozza a prora mozza.
A bordo d'essa stivata quantità v'era d'un omo giusto, umile, carico d'onore. Un re burlone.
Nudo resterà. Silente e privo del suo riso. Romano e suo il divin carchione.
Tonino il barbottone
Tanti anni fa, alla stazione di Grosseto, aspettavo un treno per Orbetello; quando è entrato in stazione rallentando sentii un " bercio " dal finestrino della motrice " Angelooooooooo!!! " . Provate un po' ad immaginare chi fosse. Era insieme all'amico Rino e così fu che mi feci quel pur breve viaggio nella motrice, insieme ai due macchinisti e che macchinisti. Ci si trovava sempre al pranzo dei " gigliesi in continente " e Barbara, mia moglie, quando lo vedeva con quei grossi occhialoni scuri mi diceva " ma guardalo un po' bene, sembra proprio Onassis ". Se ne va un altro pezzetto di Giglio. Ciao Benedetto, amico dalla prua mozza.
Come sempre grandissimo Tonino,non ci sono piu' parole per descrivere il nostro poeta,un bellissimo ricordo del nostro Benedetto,anche noi Nuotatori Gigliesi,lo ricorderemo sempre ; ogni volta che si partiva per la nuotata Saraceno/Cannelle era li sulla sua spiaggetta con la sua seggiolina a darci il via e con le sue battute sarcastiche(della sua livornesita' mai dimenticata), ci metteva ancor di piu' la voglia di nuotare e tornare alla spiaggetta per risentire la battute che ci faceva al nostro arrivo,ciao Benedetto riposa in pace con il tuo amato Roberto,nostro INDIMENTICABILE AMICO..
LA PALMA E BENEDETTO (UN PARALLELO) Siccome li calendario, nonché l’ebdomadario delle local “pandette”, senza mostrar malanni, l’un d’ottantasette e l’altra di cent’anni, un secolo più o meno, per entrambi, col sole e ‘l ciel sereno, al fine, sono morti tra la quiete degli orti ed il letto di famiglia, che sono la “pariglia”, dai Greci tanto ambita, che, dicesi accompagni, tra le preci e i “lagni”, la suprema dipartita di chi abbia meritato del luogo in cui è nato, vivendo onestamente, ovvero sanamente. Per congiunzione astrale, che vale e che non vale, tanto la sorte è frale, sono morti il ventitrè, ch’è numero augurale, ma chi sa mai perché, del mese ch’è bisesto e quindi il più funesto. Ma cosa mai legava Benedetto, di cui tutti parlan con affetto, a quella vecchia palma americana che, cresciuta e curata all’ortolana, dritta e snella come l’alte travi svettava sul Porto e sulle navi? Se un poco ci si pensa e si riflette, consultando ancora le “pandette”, d’un tratto ci si avvede che, aminduni nel loro sacro “ruolo” son stati come fossero uno solo: l’una, seppure può sembrar alquanto strano, grazie al Risorgimento ed ai suoi tanti eroi, fu l’”Albero della libertà” per tutti noi (leggasi Raffaele Del Rosso il Gran “Cosano”); l’altro, il cittadino più amato dalla gente, non solo da quella ch’al Giglio è residente, ma pure da chi veniva e vien da “fora”, che altri avrebber mandato alla malora, ché, buono, onesto, allegro e sorprendente, sempre mostrossi generoso ed accogliente, ognora con un fare aperto e ridanciano, tenendo un gotto d’Ansonico per mano.