"Cagnara, padre mio": poesia di Tonino per il babbo
Una nuova poesia di Tonino Ansaldo che ancora una volta sceglie GiglioNews per presentarla ufficialmente ai gigliesi ed agli amanti della nostra isola. Per chi volesse leggere i versi pubblicati negli ultimi anni, può visitare l’apposita pagina LE POESIE DI TONINO ANSALDO.
Questa volta il poeta ci regala versi molto personali: un omaggio al padre in quello che sarebbe stato il giorno del suo 87esimo compleanno. Pur trattando la sfera privata dell'artista, la poesia rappresenta comunque un omaggio all'intera generazione dei nostri vecchi che sapeva ridere e vivere sorridendo, nonostante tutte le difficoltà.
"Oggi - scrive Tonino -, nel tuo 87esimo compleanno, così ti ricordo".
CAGNARA, PADRE MIO
Rideva cagnara rideva e capiva del salubre riso il senso.
Rideva cagnara tra squamosi e lenze totani, polpare e polpi. Di questi mai donava misere mense.
Eccelso tra ami e tramagli. ai sortito in mare senza tornare di quel che vive d'acqua e sale.
Ai remi rideva cagnara col gigante “vendellova” d'un legno a bordo di cubi graniti carico, verso il porto dalla Gran Cava.
Quei cubi quindi diventar 4 muri e ai genitor donar dimora.
Poi... nel persico golfo. Tra gl'occhi a mandorla. Nel regno delle creole. Attraverso l'Horn.
Giovane, sopra e sotto l'equatore.
Dove 12 metri volò in quella stiva. Grave fu il malanno. Solo nelle cure lungo un anno. Risorse laggiù nella terra del tango.
Rideva cagnara tra i timoni di rimorchi dentro il labronico libeccio che padrone monta su ponti e coperte e il cor tremante piglia.
Salvando quel pontone carico di vita sulle Melorie secche.
Di coraggio vive d'argento e di Marina la medaglia.
Rideva cagnara padre mio e l'umore tra le nubi, scuote ancora. All'Eterno lieve un riso la Divina Bocca sfiora.
Lesto in quel mondo di marò e penelopi si circonda.
Spumante, di sesso comica (barzelletta) sorte parola tonda.
Spumante, una tergo l'altra cavalcando l'onda.
Lassù... cagnara, ancor trasmette del salubre riso il senso.
Tonino, Aprile 2013
IN ONORE DI “CAGNARA” Siccome mi dicesti, era, veramente, bella tua madre: addirittura soave. E tu le rassomigli! Complimenti ! Tonino! Ma tuo padre, anch’esso visto in foto, non sembra esser da meno, con quel bel viso furbo, di bimbo stupefatto, e gli occhi fissi su quella grande ”grazia”, che la sorte gli aveva riservato, perché ti partorisse. Un viso che, pur sottintendeva, voglia di vivere, e vociare in “Galloria”, ovver di far“Cagnara”, dopo aver remato , e teso insidie ai pesci, con nasse, coffe e reti di tramaglio, insieme a quel gigante, buono e solingo, ch’era “Vendellova”, dal soprannome, curioso, quanto il suo, evocativo di storie di Paese, e piccoli commerci di pollaio. A sbevazzar con altri del popolo sovrano dell’Isola del Giglio, ricco solo delle proprie braccia e dell’amore delle proprie spose, fino a giorno fatto, giocando a “Passatella” e lasciando all’”Olmo” nemici di combutta, entro grotte o cantine di lucido granito, madide di Salnitro e di sudore, al chiuso del salmastro, attingendo “gottatoie” di nettare, da botti, ove, da sempre, ribolle e, poi, riposa, un vino celestiale, che, fatto, appunto, per gli Dei, l’Olimpo, mai “sorso’”. Che sia, stato questo, il peccato originale, che perse, al Giglio, Adamo ed Eva ? Era nato d’Aprile quel bravo marinaio di Cagnara, ne son quasi sicuro. Segno di fuoco, e di virtù superne, qual solo l’Ariete, s’accampare: temerario e amante, insieme, d’intrepide avventure, pei tempestosi mari di cui, Pablo Neruda, canta, ansioso, le turgide Polene, ormai riverse sulle rive. Polene prominenti, che con le ”pocce” rigonfie e il fusto eretto, quali ardite Valchirie, fino a sfinire, han cavalcato flutti minacciosi. L’ultimo flutto, quello della Meloria, che, a Cagnara, reduce d’Argentina, ove rischiò la vita, ebbe a guadagnargli sotto casa una medaglia "plata”. Alla Meloria, che come la Capraia e la Gorgona fan “siepe ad Arno in su la foce”, è scoglio maledetto, ché, se il turbine imperversa, insidia, da sempre, i labronici navigli.