CATTURE DEI MUFLONI DEL GIGLIO CON I LACCI: ALTO TASSO DI MORTALITÀ
Secondo la normativa del Sierra Club sulla cattura della specie selvatica, l’uso di lacci o di qualsiasi dispositivo di ritenzione del corpo è considerato "inutilmente disumano" in quanto questi dispositivi "non sono selettivi per età, sesso e specie e in genere provocano lesioni, dolore, sofferenza e/o morte" (Sierra Club, 2012). Con un tasso di mortalità in fase di cattura stimato attorno al 20%, l’uso dei lacci utilizzati nel progetto “LIFE LetsGo Giglio” dell’Ente Parco sta causando decessi e danni significativi ai mufloni, configurando il possibile reato di maltrattamento con l’aggravante di aver provocato la morte dell’animale. Tale tasso di mortalità è inammissibile in riferimento all’Etica ed all’International Agreement on Humane Trapping Standards (Council of the European Union, 1997).
Consentendo l’utilizzo dei lacci per le cattura l’Ente Parco ha violato anche l’accordo stipulato nel 2021 con WWF e LAV che prevedeva espressamente l’utilizzo di metodi di cattura che garantissero il “benessere animale come previsto dal Protocollo operativo sottoscritto con ISPRA” (PNAT, 2021).
L’USO DI UNA TECNICA DI CATTURA INADEGUATA
Nel piano di eradicazione presentato dall’Ente Parco, viene esibito un disegno definito “introvabile” di un laccio del 1957 (Nicoloso, 2021). Le ricerche di supporto di tale metodo indicano che questo laccio era stato originariamente utilizzato in California da Ascraft & Reese nel 1957 per la cattura del cervo dalla coda bianca (Odocoileus virginianus). Questa tecnica fu in seguito riutilizzata, ma rapidamente abbandonata dato che l’unico cervo catturato si era fratturato una gamba in più punti determinando la necessità di abbatterlo (Hawkins, 1967; Bousque, 2007).
Un evento simile è stato registrato al Giglio quando, su interrogazione scritta, l’Ente Parco ha fornito il seguente resoconto, “In seguito a lesioni procurate in fase di cattura, eseguita con tecnica del laccio elastico al piede, è stato soppresso d’urgenza un capo” … con “arma a proiettile libero”. Al 24 novembre 2022, come scritto dall’Ente Parco: “in fase di cattura o immediatamente dopo, prima della traslocazione, sono deceduti 9 capi” (Burlando, 2022).
RISCHIO DI MORTALITÀ DA CATTURA CON I LACCI
Abbiamo chiesto un parere alla Dott.ssa Cristina Marchetti che ha svolto attività di ricerca in Tecniche autoptiche e Patologia forense veterinaria, presso l’Università degli Studi di Parma. Ecco in sintesi le sue osservazioni riferite all’utilizzo di lacci per la cattura dei mufloni:
“alcuni metodi di cattura hanno effetti così estremi sul benessere di un animale che il loro uso non è mai giustificato e non dovrebbe essere consentito [Broom, 1999; Broom, 2022]. Gli animali possono infatti presentare reazioni particolarmente avverse, trascorrendo lunghi periodi nel tentativo di fuga e avendo un’alta incidenza di automutilazione. Durante la contenzione gli animali possono morire per lo sforzo, la predazione o il clima avverso [AVMA, 2008].
La miopatia da cattura è una condizione ad elevata morbilità e mortalità e deriva dallo stress associato alle operazioni di cattura e rappresenta la causa del maggior numero di decessi associati alla traslocazione degli animali selvatici. La condizione comporta una grave prognosi [Breed, et al., 2019]. Lo stress da cattura è responsabile di alterazioni ematiche con innalzamento dei valori indicatori di affaticamento e danno muscolare (rabdomiolisi) [Broom & Johnson, 1993]. Anche il sistema immunitario subisce l’effetto dello stress a lungo termine che sopprime o disregola le risposte immunitarie innate e adattive [Dhabhar, 2014].
Reazioni diverse sono state studiate nel muflone in relazione al sesso e all’età [Pošiváková, et al., 2019]. Lo stress da cattura induce ipertermia in seguito a sforzo, collasso vascolare (shock), iperpotassiemia associata a acidosi metabolica che porta a insufficienza renale, cardiaca ed emostatica acuta, oltre ad alterazioni necrotiche del fegato e di altri organi [Cooper & Cooper, 2007; Zhao et al., 2014]. Oltre allo stress da cattura, sono riscontrabili amputazioni e fratture ossee ma possono verificarsi lesioni più lievi come edema, emorragie e lacerazioni dei tessuti cutanei e sottocutanei o coinvolgenti strutture muscolari e tendinee. Seppure considerate lievi, tali lesioni possono compromettere la sopravvivenza dopo il rilascio [Marks, 2013]. L’animale può morire in fase di cattura o nei giorni o nelle settimane successive alla stessa a causa delle lesioni riportate o per miopatia da sforzo e dovrebbe essere quindi obbligatoria una valutazione da parte di un medico veterinario patologo [Proulx, 2022] che rilasci una relazione dettagliata e documentata con immagini”.
TOP SECRET: LE MANOVRE DELL'ENTE PARCO
Domenica 5 dicembre 2021 sono stati trasferiti alcuni mufloni dal Giglio al CRASM di Semproniano. Il giornalista Enzo Russo, allo sbarco del camion a Porto Santo Stefano, ha chiesto al conducente del mezzo se poteva fare delle foto ai mufloni presenti all'interno del camion, dato che non era possibile vederli dall'esterno. A tale richiesta il conducente è sceso dal mezzo e gli è venuto incontro "brandendo un bastone di legno con un laccetto marrone legato al polso" e dicendogli: "ti ammazzo". Dopo essere stato minacciato, il giornalista ha contattato i carabinieri che hanno poi fermato e identificato il conducente del camion (“Ti ammazzo”, 2021). La notizia è stata pubblicata due giorni dopo l'incidente su ‘Il Tirreno’ di Grosseto ed in altri giornali, i cui giornalisti hanno voluto raccontare la storia esprimendo la loro solidarietà verso il collega Enzo Russo.
Un secondo evento simile si è verificato più di recente, quando al sospetto dell’alto tasso di mortalità, un gruppo di volontari per i diritti degli animali ha chiesto ufficialmente il permesso di accompagnare il personale impiegato dall’Ente Parco per osservare il trattamento dei mufloni e il processo di cattura. Pochi giorni dopo, l’Ente Parco ha emanato un’ordinanza di divieto d’accesso a tutte le persone non autorizzate a tutte le aree dell’isola interessate dalle catture (PNAT, 2022). L'insolita ordinanza "Top Secret" ha stabilito quella che potrebbe essere considerata un'"Area 51" nel territorio del parco.
AUMENTO DEL NUMERO DI MUFLONI ABBATTUTI
I dati forniti dall’Ente Parco sull’abbattimento dei mufloni del Giglio evidenziano che c’è stato un incremento dei mufloni abbattuti. Il 30 novembre 2021 è stato stipulato un accordo tra l’Ente Parco, LAV e WWF per sospendere gli abbattimenti; tuttavia, dopo tale data, il numero di abbattimenti è aumentato costantemente. Il 9 settembre 2022, il presidente dell’Ente Parco ha dichiarato in un articolo pubblicato sul quotidiano “La Repubblica” che 9 mufloni sono stati abbattuti (Saporiti, 2022). Pochi giorni dopo, il 17 settembre, sulle pagine dello stesso quotidiano, lo stesso Sammuri ha dichiarato che ne erano stati abbattuti 17 (D’Amico, 2022). In risposta alla nostra PEC del 24 novembre 2022, Burlando, il direttore dell’Ente Parco, ha dichiarato che a tale data sono stati abbattuti 19 mufloni (Burlando, 2022).
L’aumento del numero di abbattimenti solleva importanti interrogativi: l’Ente Parco ha consentito l’abbattimento dei mufloni nonostante l’accordo con le associazioni o questo numero di decessi è da riferirsi ad un tasso di mortalità ancora più elevato come risultato del metodo di cattura? Sono necessari chiarimenti e trasparenza su questi dati.
GENETICA DEI MUFLONI DEL GIGLIO RIVELA ALTA PRIORITÀ DI CONSERVAZIONE
Uno studio scientifico condotto sulla genetica dei mufloni dell’Isola del Giglio intitolato “Islands as Time Capsules for Genetic Conservation: The Case of the Giglio Island Mouflon”, ovvero “Le isole come capsule temporali per la conservazione della diversità genetica: Il caso del Muflone dell’Isola del Giglio” è stato pubblicato sulla rivista scientifica Diversity e rivela che i mufloni presenti al Giglio sono molto probabilmente una popolazione relitta, di ceppo sardo, altrove estinta. Gli scienziati concludono che i mufloni del Giglio hanno un’alta priorità di conservazione e non devono essere eradicati, ma piuttosto salvaguardati in quanto elemento unico di biodiversità (Barbato et al., 2022).
Come sottolineato da Daria Sanna, Professore Associato di Genetica presso l’Università di Sassari: “le varianti genetiche che sono presenti al Giglio sono uniche ed esclusive, sicuramente di derivazione sarda, ma non sono più presenti o rarissime nell’isola “madre”. Non proteggerle significherebbe perdere uno step evolutivo necessario per comprendere interamente la storia evolutiva del Muflone”.
Le evidenze scientifiche e i dati raccolti sul tasso di mortalità delle catture indicano l’urgente necessità che l’Ente Parco cessi immediatamente ogni attività di eradicazione.
Cesare Scarfo’ per SaveGiglio.org
FONTI BIBLIOGRAFICHE CITATE
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