“Sono tanti i gigliesi sparsi nel mondo, ognuno con una propria storia da raccontare.
Noi abbiamo deciso di raccontarvi ogni settimana la storia di Alessandro Bossini, un isolano partito dal Giglio verso …”

Iniziava così, nei mesi scorsi, l’articolo che, settimanalmente, ci teneva informati sul viaggio di Alessandro Bossini in Australia in sella alla sua bici.
E la storia si ripete …
Anche questa volta, con immenso piacere, vi racconteremo la nuova “avventura ciclistica” di Alessandro attraverso i più freddi e suggestivi paesaggi dell’India e del Nepal.
Per chi non lo conoscesse, Alessandro è un ventisettenne isolano laureato in Lettere con una straordinaria passione per qualsiasi genere di sport. I gigliesi lo ricordano sulle barche del Palio a vogare per la vittoria  e quasi tutti lo abbiamo incontrato almeno una volta a correre per strada o in una delle sue nuotate (da Porto a Campese in quattro ore, avete presente?).
Un amore per lo sport che non ha pari, mischiato alla passione per i viaggi e condito, non ce ne voglia, da un minimo di incoscienza, hanno creato ciò che vi abbiamo finora raccontato e che ci accingiamo a raccontare.
La passione per la bici è iniziata durante il suo Viaggio-studio (Erasmus) a Valencia in Spagna.
Per il ritorno da quei tre mesi ha spedito i bagagli in aereo ed in sella alla sua bici ha attraversato la costa iberica, i Pirenei, la Costa Azzurra e le Alpi per approdare infine nella sua amata Firenze.
L’anno dopo un viaggio in aereo verso l’Australia ed un tour del continente oceanico di due mesi, rigorosamente in bici, che fa parte della storia e dell’archivio del nostro sito.
Quest’anno la decisione di affrontare i più duri ed impervi territori indiani e nepalesi gli sono valsi l’onore di far parte del gruppo “Ciclisti per caso” fondato da Marco Banchelli con la presidenza onoraria di Patrizio Roversi (della fortunata trasmissione Tv “Turisti per caso”).
Anche Banchelli seguirà, come noi, attraverso il suo sito http://www.marcobanchelli.com/CpC.htm la nuova avventura di Alessandro.
Nella speranza che per lui sarà più facile pedalare portando sulle spalle della maglia la scritta
www.giglionews.it, non ci resta che augurargli una buona pedalata e, come si dice in India, Namastè!

Capitolo III
2 Ottobre 2006

Fra le mie esperienze questa si sta' rivelando la piu' forte e profonda.
L'India non sta' colpendo solo i miei sensi, entra prepotente come le rapide di un fiume e la mia anima e' una foglia bagnata.
...sono solamente al primo giorno.
Lascio l'hotel di prima mattina, il cielo e' nuvolo ma sembra non promettere pioggia.
Il sonno mi ha lasciato sereno e, se pur la paura mi bolla nelle vene, son pronto alla partenza.
Per le strade c'e' musica.
Oggi e' festa nazionale, le vie sono adornate con collane di fiori e cosi' anche macchine e passanti.
Compro acqua, frutta ed un impermiabile. Vorrei anche prendere una fotocamera digitale ma esito, troppe spese assieme.
Al 'negozio' di bici mi aspetta il proprietario e con uno stradario alla mano mi segna la via migliore per Delhi. 1500km.
E' una persona disponibile, parla inglese (contrariamente alla maggior parte della gente incontrata) e mi spiega volentieri le ragioni della festivita' e sopratutto lo strano saluto che gli vedo fare (toccare con la mano destra i piedi dell'ospite e poi portarsi la mano alla fronte ed al petto).
-Sai- mi dice -i piedi sono una parte molto importante nella nostra cultura e toccare le estremita' e' segno di umilta' e rispetto...- <<Rispetto>> penso io, <<per conoscere e rispettare bisogna prima chinarsi e sfiorare il suolo... BELLO! Lo terro' in mente ad ogni incontro>>.
Salgo in sella. Pantaloncini, guanti e casco, addosso porto il materiale che mi ha fornito il "Nencini Spotr", ma la maglia... beh, per ora indosso quella di Giglionews. Ho davvero un forte bisogno di sentire che non viaggio solo e questa mi ricorda il Giglio e gli amici di la'.
Una signora fa un fagotto con degli strani frutti (sono dolcissimi, morbidi e se non fosse per il colore giallo-marrone direi che sono DIOSPERI!) e me li regala. Poi mi scatta qualche foto con il proprietario e via. Si inizia!
La gente sorride vedendo i miei vestiti.
Qualcuno saluta, qualcuno mi suona ed intanto il traffico si ingarbuglia come spaghetti, Pedalo deciso, mi sento sicuro con una bici ed una meta (Delhi 0 da raggiungere in due settimane.
Suoni, frastuoni. Bancarelle a festa stendono le merci per terra, sull'asfalto e c'e' chi scaccia le mosche e chi aspetta sdraiato.
Salgo le rampe, le riscendo... poi uno scoppio.
Il terrore quando mi accorgo che non e' un petardo festivo ma la mia ruota anteriore!
<<Merda! Ma come!?! Credevo che cosi' spesse fosse impossibile forarle. Va beh, puo' capitare...>> Smonto la ruota (ha i bulloni, non gli "sganci facili"), tolgo la camera d'aria: <<...che strano, non e' bucata, e' proprio esplosa... forse era stata montata male>>. Ma non e' affatto semplice il daffarsi.
Una schiera di curiosi forma un mezzo cerchio attorno a me e mi fissa impassibile con le braccia incrociate.
Passano i minuti e le goccie di sudore sono salate come le lacrime che trattengo.
Poi d'un tratto succede qualcosa, tutti insieme si avvicinano:uno mi arreggi la bici, altri si mettono a otto mani ad aiutarmi.
-Thank you...- Dico unendo le mani come in preghiera, ma neanche cosi' riusciamo a sistemarla.
Qualcosa non va.
Ma la disperazione totale mi assale nell'accorgermi che anche la ruota posteriore e' sgonfia.
e come quando la sassata colpisce lo specchio, cosi' mille crette si diramavano sul mio progetto di viaggio e gia' non ne vedevo la fine.
Nessuno capisce l'inglese ed io mi sento esplodere a trattenere l'animo chiuso.
Solo gli occhi mi parlano, tristi, sotto l'ombra delle sopracciglia aggrottate.
Le persone che mi hanno aiutato sono vestite eleganti, guardo le loro mani adesso sporche, guardo i loro volti e non solo mi stanno sorridendo, mi fanno anche cenno di seguirli.
In due mi portano la bici, uno la ruota, un altro lo zaino, io con solo il casco li seguo.
-Un biciclettaio!-
E' un uomo scalzo, pelle scura che riluce incorniciata da una corta barba bianca.
Usando solo mani (e piedi) mi sistema la bici.
<<Grazie...>> Ma cosa posso offrire a persone che mi hanno raccolto dalla cunetta e rimesso in sella? Apro lo zaino. Non ho nulla... prendo allora il fazzoletto con la frutta e chinando la fronte la porgo co entrambe le mani.
Accettano!
Inforco la bici e scortato dai nuovi amici mi riavvio per la National Hightway n'8.
Passano i km.
La bici e' un gigante a cui non piace correre. Uscito dalla citta' il traffico si dirada, per la maggiore camion. Attraverso fiumi con in secca schiere di pescerecci a vela, il verde si allarga ed il paesaggio scorre sul salire e scendere di colline.
Sono le 16:30.
Attraverso un piccolo paese (diciamo baracche).
I venditori da terra mi fanno cenni di assenzo ed anche se sono stanco decido do non fermarmi ma... ruota posteriore a terra!
Scendo che ho il cuore in gola.
<<Ancora... Ma perche...!?!>>. Mi siedo con l'animo muto sotto la sporcizia di un albero.
<<Questa bici non va... cosi' non arrivero' mai da nessuna parte...>>.
Poi una mano sulla spalla.
E' una venditrice ma non mi mostra la sua merce. No. Indica una costruzione senza tetto dicendo:
-Bike bike-.
Lento mi trascino con lo sguardo basso fino ad una pergola.
Uno stormo di bambini mi segue con occhi grandi e scuri. La' un ragazzo (14 anni forse) non parla inglese ma, tirata fuori la camera d'aria senza smontare nulla, vi incolla una toppa.
Regge!!! E quando mi chiede 10 rupie (solo 20 centesimi di euro) gle ne vorrei dare 1000.
<<Grazie anche a te...>>
Ai bambini lascio qualche moneta europea, loro mi ringraziano in "indi" scoppiando a ridere quando ripeto le loro parole.
5km.
Solo 5 km e lentamente inizia a piovere.
Lungo la strada l'insegna di un hotel. <<E vai!>> ...si, vai a quel paese, maledetta bici!
Di nuovo la ruota a terra (sono squarci nelle camere d'aria, non forature!).
Di passo raggiungo la palazzina, nell'atrio un vespaio di camion.
Nessuno parla Inglese e da dietro il bancone fanno capire a gesti che e' solo ristorante.
Attorno alla bici una dozzina di camionisti, ragazzi giovani... e finalmente uno che parla inglese.
Gli spiego la situazione, il mio teorico viaggio e che ho una camera d'aria di scorta ma sarebbe inutile sostituirla: credo che i copertoni siano troppo larghi e in pochi km sarei nuovamente a piedi.
Poi aggiungo:
-Cerco un passaggio verso Delhi o che mi porti almeno in una citta' dove posso trovare dei ricambi.- -Sei dalla parte sbagliata della strada allora. Qua si va tutti in direzione Bombay.-
Ora e' buio.
Attraverso la carreggiata e mentre vado verso il parcheggio dei ragazzi mi fermano.
Parlano "indi"... non posso neanche spiegare.
Mi scortano sotto una costruzione illuminata e, armatosi di chiavi, in mezzora sistemano la bici.
Non vogliono soldi, piove forte e quando gli esprimo il concetto: "dormire/tetto" si guardano tra loro.
Adesso sono sotto un pergolato con 4 mura. Loro dormono su delle brandine di canapa (?), io ho un tappetino steso a terra.
Dalla porta aperta li vedo passare, uno impasta (farina?) in un padellone nero che poggia sul terreno.
Cucina, frigge, poi mi fa cenno di mangiare. Sorrido, scuoto la testa e continuo a scrivere.

Alessandro

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