"Tu diventerai come Beniamino Gigli!”
La frase, rivolta al nipote, la ripeteva a fine pagina, nonno Paolino ogni volta che terminava di scrivere dal Giglio, le notizie sue e della moglie, alla figlia Costanza, che viveva a Genova col marito e i figli Gianni e Paola.
Erano i tempi in cui vigeva ancora carta, penna e calamaio e la mano seguiva l’andamento delle emozioni vissute.
Le telefonate si facevano ogni tanto, magari la domenica mattina perché costavano di meno e si poteva stare un po’ di più all’apparecchio; in quelle occasioni, il giovane e futuro tenore Gianni Mongiardino, cantava qualche breve “aria” ai nonni in ascolto, l’orecchio appiccicato alla cornetta e gli occhi lucidi, persi oltre le pareti di casa, oltre il mare, per fissare pareti di teatri, palcoscenici immensi dove il nipote cantava le opere più belle e più famose.
Non so se i nonni materni hanno fatto in tempo a conoscere i successi del caro nipote, ma io, che ho avuto la fortuna di ascoltarlo - invitata dalla mamma - all’Arena di Verona e di sentire il boato degli applausi e dei bis, battevo le mani con foga anche per loro e sorridendo commossa guardavo Costanza pensando al nostro Paese lontano, raccolto in mezzo al mare, alla campagna di San Giorgio, la loro ricca e fruttuosa terra ormai avvolta dai rovi e mi auguravo che quella musica, quel canto giungessero sino a là, dove tutto aveva avuto origine.
E Gianni c’è tornato alle sue origini con il Giglio è lirica, portando all’isola ed ai gigliesi, esperti di musica e di canto, il piacere di ascoltare dal vivo le opere.
L’anno scorso, con “La vedova allegra”, quest’anno, con “Il Rigoletto”.
Non c’erano pareti grandiose o palcoscenici immensi al piazzale della Fonte, ma un cielo tinto dagli ultimi bagliori del tramonto oltre la Corsica, e dopo, cosparso di stelle.
Una folla di isolani; volti conosciuti, avvolti nella magia e nella poesia dell’ Isola incantata, batteva le mani soddisfatta e con gratitudine a questo grande figlio dell’isola.
Palma Silvestri
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