Elezioni Provincia di Grosseto 2014 Presentate tre liste dei candidati al Consiglio e una sola candidatura a Presidente
Alle ore 12 di ieri 22 settembre 2014 è scaduto il termine per la presentazione delle liste e delle candidature al nuovo Consiglio Provinciale e per il Presidente.
Le liste depositate sono tre: Partito Democratico, Centro Destra per la Maremma e Sinistra Grossetana.
Il candidato alla carica di Presidente è uno soltanto: Emilio Bonifazi.
Il Partito Democratico ha presentato una lista con 10 candidature, il Centro Destra con 7 candidati consiglieri, Sinistra Grossetana con 5 candidati. Ogni lista per il Consiglio è corredata da un simbolo grafico identificativo.
L'ufficio elettorale si riunirà nella giornata di oggi, martedì 23 settembre, per esaminare le candidature, verificarne l'ammissibilità e predisporre le schede elettorali per il voto.
Per il Consiglio Provinciale e per il Presidente, domenica 12 Ottobre dalle ore 8 alle 20, saranno chiamati ad esprimere il loro voto i sindaci e i consiglieri comunali in carica alla data delle elezioni. Non fanno parte dell'elettorato attivo i consiglieri provinciali e il presidente della Provincia uscente. Ogni voto avrà un peso diverso a seconda del comune di appartenenza: gli elettori dei comuni demograficamente più grandi avranno un valore maggiore, in modo proporzionale alla quantità di cittadini che rappresentano all'interno del corpo elettorale della provincia. Le fasce demografiche individuate sono 5: comuni con popolazione fino a 3mila abitanti; superiore a 3mila fino a 5mila; superiore a 5mila fino a 10mila; superiore a 10mila fino a 30mila; superiore a 30mila fino a 100mila.
Il nuovo Consiglio della Provincia di Grosseto sarà composto da 10 consiglieri e durerà in carica 2 anni. Possono essere eletti alla carica di consiglieri provinciali i sindaci, i consiglieri comunali e i consiglieri provinciali uscenti mentre per la carica di presidente della Provincia di Grosseto può concorrere soltanto un sindaco.
IN MERITO ALLE PROVINCE E DINTORNI Queste sono le novità? Tanto valeva presentare una lista unica. Questo è il “moderno” d’un Paese in mano ai “rottamatori”? Anche a me, che, quale Mazziniano, ritengo d’essere, per antonomasia, laico ai limiti della miscredenza, non rimane che sperare nei miracoli! Basta vedere l’”ultima” di Grosseto in merito alle Province: “Per le elezioni provinciali: presentate 3 liste ed un solo candidato”, questi, pressappoco, i titoli della stampa. Ma cos’è mai questa novità, sembra d’assistere alle “sciarade” del “Sarchiapone”, quel surreale oggetto od animale misterioroso, che nessuno ebbe a vedere e che, tanti anni fa, in televisione, due valenti comici, portavano in treno, stupendo e mettendo in allarme altri viaggiatori. Ma, andiamo per ordine e seguiamo, a larghi passi, la storia recente di questo “sciagurato” Paese. Dopo la guerra, fatte salve quelle a statuto speciale, che, vista la palude economica in cui siamo immersi, sarebbe bene venissero finalmente “abolite”, le Regioni a statuto ordinario, non ostante fossero state previste dalla “Carta della Nazione”, non esistevano, ed il territorio era amministrato da Comuni e Province. In seguito, onde colmare questa lacuna costituzionale, si decise di istituirle non ostante un partito storico com’era quello repubblicano, massimamente attento ai conti pubblici, si fosse oppposto, motivando il dissendo con il fatto che Regioni e Province insieme non avevano alcuna ragion d’essere. E questo, non solo perché avrebbero finito per diventare dei “doppioni”, ma soprattutto perché, dal punto di vista dei costi, si sarebbero determinati aggravamenti inostenibili per le casse dello Stato. Ragion per cui, il P.R.I. suggerì che, se proprio si volevano costituire le Regioni a statuto ordinario, parallelamente si provvedesse a sopprimere le Province. Nessuno dette loro ascolto e le Regioni a statuto ordinario, con il consenso unanime di tutti gli altri partiti, non solo vennero istituite senza la “contropartita” delle Province, ma, attraverso l’attribuzione di potestà via via crescenti (prendendo a “malesempio” quelle a statuto speciale) le si consolidò al punto che, soprattutto attraverso la modifica dell’Articolo Quinto della Costituzione, voluto soprattutto dal PCI, arrivarono aaddirittura a legiferare su materia conflittuale rispetto alle primarie prerogative dello Stato. Sulla base di questo “aire”, furono conseguiti due risultati, parimenti negativi: l’aumento abnorme della spesa pubblica, dovuto, non solo ai costi strutturali dei nuovi “istituti” intermedi, ma anche, per scimmiottare ed, in qualche caso, superare i Deputati ed i Senatori, alla sconsiderata ed irresponsabile attribuzione ai Consiglieri di speciali prerogative e privilegi, tutt’oggi, evidenziati in cronaca nera per l’eclatanza degli abusi. Da questo stato di cose, visto che il debito pubblico è giunto alla soglia di quasi il 140% del Prodotto Interno Lordo (P.I.L.), sembrava che tutti si fossero finalmente resi conto che qualcosa andava fatto per ridurre le spese e semplificare l’attribuzione di competenze degli organismi intermedi tra Stato e Comuni: caricando le Regioni dei compiti delle Province; sopprimendo altre entità territoriali, sostanzialmente inutili in quanto inefficaci ed impossibilitate a rendere i servizi per i quali, in ambito comprensoriale, erano state costituite, procedendo all’accorpamento tra le municipalità limitrofe al di sotto di un numero d’abitanti funzionali alla copertura dei costi. Ebbene, fin’ora, l’unica cosa che si trova in fase di procedura esecutiva è, nominalmente, ma solo nominalmente si badi bene, quella della soppressione delle Province, in quanto un’apparato permane, dei compiti permangono e pure resta in piedi, come appellativo, la stessa entità provinciale. Insomma, alla stregua di quel che intendeva Tancredi, nipote del Principe di Salina, ovvero nipote del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, con specifico riferimento alla “pseudo rivoluzione” intervenuta, nel 1860, in Sicilia, attraverso la spedizione dei Mille, sotto l’egida dei Savoia, quando affermava “se vogliamo che tutto resti com’è, bisogna che tutto cambi!”, nominalmente tutto è cambiato, mentre, di fatto, tutto è rimasto sostanzialmente come prima: ossia le Province, invece d’essere soppresse, sopravviveranno a sé stesse sotto veste “cangiata” e difforme, con i costi di struttura, personale compreso, che, se non aumenteranno, certamente non si ridurranno. Al riguardo è stata, infatti, seguita la stessa procedura adottata per il Senato. Senato che se era d’impedidimento rispetto al buon legiferare ed ai tempi di rapida approvazione delle leggi, andava semmai soppresso e non certo fornito d’un variegato abito nuovo, fatto d’altra stoffa e d’altro “disegno”. Inoltre, se era necessario, com’è necessario, prendere provvedimenti per una sostanziale riduzione delle spese, un governo autorevole, come fa mostra d’essere il Governo Renzi, senza frapporre indugi, avrebbe dovuto drasticamente ridurre gli abnormi stipendi percepiti dal personale (oltre mille dipendenti), al cospetto degli altri “lavoratori” dello Stato, ad similia di quanto scandalosamente percepiscono pure gli impiegati della Camera, della Presidenza della Redpubblica e d’altre più che ampie enclaves di sfacciato privilegio, che connota, in modo indelelibe, quale vera e propria corporazione, tutti quelli che, pur in posizione subordinata, orbitano attorno ed all’interno dei cosiddetti “Palazzi del Potere”.