Gent.mo Signor Sindaco, tutti gli anni vengo più volte al Giglio per amore di quel posto davvero unico e così, anche se non la conosco personalmente, vorrei farle dono di una lettera che ho inviato agli amici più cari. Forse, se crede, potrebbe essere utilizzata nell'ambito della promozione della sua isola.

La conosco da anni e da sempre per me è i Caraibi.
I Caraibi nel Mediterraneo.
Così vicina alla costa eppure così sorprendentemente diversa.
Per arrivarci ho un rituale tutto mio per costruire il viaggio.
Perché un posto così bello non può essere così vicino a dove vivo tutti i giorni.
Per arrivare in un posto così sarebbe giusto fare almeno un paio d'ore di aereo ed ecco allora che per entrare nella dimensione del viaggio e pregustare tutto quello che avrò, esco dalla mia casa di Orbetello, prendo l'autobus, scendo a Porto S. Stefano e lì mi imbarco sul Ferry che in un'ora mi porterà al Giglio.
In primavera e d'estate, tutti gli anni, ci sono andato più volte per aver quell'intima gioia di immergermi, nuotare, fare capriole, scivolare sott'acqua tra pesci e alghe multicolori.
Sentirmi avvolto da un'acqua indescrivibilmente cristallina nelle piccole calette dopo il gruppo di scogli delle Scole ma anche davanti alle case color pastello, a fianco al porto sulle rocce della Gabbianara.
Tutto al Giglio ti dà la sensazione di algida purezza, non solo l'acqua ma anche le colate di granito color dell'ambra che, come polenta dorata, scendono dal monte in forme morbide e sinuose, emergendo qua e là dalla folta macchia mediterranea.
Un intreccio di ginepri, lentischi, ginestre, corbezzoli, mirto, cisto, e pini bassi e aggrovigliati dal vento: un pizzo verde dalle tante tonalità che la Natura ha voluto srotolare torno torno l'isola.
Guardando tutto questo mi sono sempre rallegrato del fatto che la bellezza e l'unicità di quest'isola fosse ai molti sconosciuta.
L'Elba, Ponza, Capri, Ischia, le isole a nord, quelle ovest e quelle sud della Sicilia tutte isole molto più conosciute ed apprezzate; forse anche più modaiole, ma nessuna con le peculiarità di questa.
Una strana isola il Giglio, selvaggia e silenziosa ma anche allegra e radiosa, con i suoi gabbiani che volteggiano ovunque nell'aria tersa e brillante.
Un'isola forse non più toscana perché troppo a sud, dove la maremma diventa romana, eppure non ancora parte della
sonnecchiosa campagna laziale. 
Una terra di confine, un gioiello accuratamente nascosto agli occhi dei più, fuori dalle mete del grande turismo ma ahimè lambita dalle rotte delle città del mare che con tutte le lucine accese sfilano silenziose nella notte, arricciando onde su onde che troppo presto presto si infrangono sulla riva.
Ormai è di tutto il mondo la notizia della spacconata che ha portato la città d'acciaio a infrangersi sui picchi immersi della mia isola.
Mia perché, anche se non ci sono nato, la amo e la sento tale da cinquant'anni. Da quando ci arrivai per la prima volta e poi ancora e ancora per tutte le altre innumerevoli altre volte, che sono sempre state per me la prima volta.
E oggi come ieri, quando entro nelle sue acque il tempo si perde
e sul mio corpo ringiovanito sento l'acqua scivolare come la prima volta.
Ho fermato questi pensieri via via che si affacciavano per  rimuovere dai miei e dai vostri occhi l'immagine che tutte le televisioni
ci hanno dato.
Quelle della balena di metallo spiaggiata davanti al porto.
Ma a maggio scendendo dal Castello la primavera darà nuovi colori ai poggi e le balze del cisto bianco e lilla si rincorreranno ancora giù giù per i prati verdi a perdifiato sino al mare blu. E la rossa spiaggia di Campese ancora ti inviterà a fermarti per un bagno nelle fresche acque.