Legambiente: "Il giardino delle Pinne Nobilis che non c’è più"
Nell’Arcipelago Toscano la moria del più grande bivalve del Mediterraneo iniziata nel 2017, ma finora nessun intervento
Non possiamo che applaudire i gestori dell’Area Marina Protetta di Miramare (Trieste) per quanto stanno facendo in merito alla moria di Pinna nobilis, causata dal protozoo parassita Haplospondium pinnae, che sta colpendo il Mediterraneo dal 2016. Le azioni messe in atto, in particolare, una campagna di monitoraggio attiva ormai da anni e la creazione di una task force, coinvolgendo Università, Ispra, Regione. E’ quanto si dovrebbe fare in questi casi ed è tutto quello che non è stato fatto in Toscana, nemmeno nelle aree protette a mare del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Nell’aprile 2019 i pescatori elbani e l’Ufficio locale marittimo di Porto Azzurro della Capitaneria di porto di Portoferraio avevano segnalato morie di “gnacchere”, come vengono chiamate le Pinne nobilis all’Elba, nelle acque dell’Elba orientale, ma successivamente animali morti sono stati ritrovati in diverse aree dell’Isola, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) Settore Mare, segnalava morie di nacchere già l’8 agosto 2018, quando aveva realizzato un campionamento a Giannutri, trovando 64 individui di nacchere morti su un totale di 182, con una percentuale esemplari morti del 35%. Oltre che a Giannutri (Cala dello Spalmatoio) Le ricerche sono state effettuate anche a Capraia (Cala Rossa), Gorgona (tra Cala Martina e Cala Scirocco), in due siti di Pianosa (a sud di Punta del segnale e a est di Cala San Giovanni) e ad Ansedonia (Gr). Quindi l’azione del protozoo killer era iniziata già nel 2017. Un’altra estesa moria era stata segnalata da pescatori e subacquei allo Scoglio d’Africa o Affrichella, sempre nell’Arcipelago Toscano, a sud di Montecristo.
In un poster presentato da Arpat il 6 giugno 2019 al 1st Sea Day a Livorno, si leggeva: «Non si sono trovate pinne nei transetti di Ansedonia ma sulle isole in totale si sono registrate e misurate 337 conchiglie, ad una profondità compresa tra 3,8 e 21,8 m. Di queste il 26% erano morte (n=86) ed il restante 74% (n=251) erano vitali. La moria registrata è un fenomeno segnalato precedentemente in Spagna e Francia. Alcuni campioni di mollusco vivo, ma piuttosto sofferente, sono stati prelevati ed analizzati ed è emersa la presenza di cellule e tessuti danneggiati dal parassita Haplosporidium sp., probabilmente responsabile della moria anche in altre parti del bacino Mediterraneo».
Il nostro comunicato dell’8 luglio 2019, in cui denunciavamo la grave moria presente a Giannutri, del più grande bivalve del Mediterraneo, la Pinna nobilis, non sembra aver prodotto alcun effetto. Nelle acque protette del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano – mai trasformate in una vera e propria area marina protetta, cosa prevista da una legge del 1982 - non è stato ritenuto utile, come da noi richiesto, attivare una campagna di monitoraggio e men che meno attivare una task force coinvolgendo gli enti preposti, a cominciare dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, insieme a Capitanerie, pescatori, diving center, e associazioni ambientaliste, sotto il coordinamento scientifico di Arpat e Ispra.
«Eppure – sottolinea Emanuele Zendri, responsabile Legambiente Arcipelago Toscano per Giannutri - anche l’Iucn ha riconosciuto e inserito, recentemente, la Pinna nobilis, che ricordiamo è una specie endemica del Mediterraneo, come “Critically Endangered” (Criticamente minacciata) nella Lista Rossa delle specie in pericolo di estinzione. Grazie ai dati forniti da organizzazioni e istituzioni di conservazione di tutto il Mediterraneo, l’IUCN-Med ha lavorato per produrre la Red List Assessment of the Mediterranean Fan Mussel (Pinna nobilis) e realizzato la mappa di distribuzione dell’epidemia elaborata con le informazioni disponibili prima di novembre 2019. Alla mappa mancano però, i dati relativi all’Arcipelago Toscano e questo probabilmente perché non sono arrivate informazioni».
Una cosa preoccupante, vista la situazione particolarmente sensibile che coinvolge aree tutelate a mare, il Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos e che probabilmente è estesa anche all’area recentemente indicata come Sito di interesse comunitario (Sic) per i delfini tursiopi (Tursiops truncatus) che va dal mare a nord dell’Elba fino a Capraia, Gorgona e la Versilia, sarebbe urgente che tutte le istituzioni interessate, a cominciare da ministero dell’ambiente, segretariato Pelagos e regione, si dessero uno mossa prima che il più grande bivalve del Mediterraneo scompaia per sempre dalle acque teoricamente sottoposte a diverse forme di protezione dell’Arcipelago e del mare toscano e se finalmente si metteranno in campo le azioni volte a tutelare la sua ricchissima biodiversità, a cominciare dall’istituzione dell’Area marina protetta, come finora fatto solo a Capraia.
Zendri conclude: «Identificare attraverso una mappatura individui riproduttori sani è di fondamentale importanza e non si può più perdere tempo. La sopravvivenza di questa specie nelle acque di Giannutri dipenderà anche da queste azioni, che rientrano nei compiti delle istituzioni preposte».
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