
Il mio ricordo di Aldo
Caro Aldo, o, meglio, Aldo "capa tosta", così ti chiamavamo con la dolce Ebe, per quel carattere forte, volitivo, tenace, quello di chi ha combattuto e vinto sulle mareggiate della vita. Caro Aldo, era mia abitudine lasciarvi sul tavolo della cucina di via Tiziano un biglietto con un pensiero, un grazie e un saluto all'incontro successivo. Quando la sera vi chiamavo per confermare che ero arrivata a Pisa sana e salva lo avevate già letto e lo commentavamo insieme.
Così facevamo con Chiara, come quando vi scrivemmo la poesia che hai voluto inserire nel tuo libro; così ho continuato a fare nei miei soggiorni gigliesi da sola.
Ricordo in particolare uno di questi "biglietti"; diceva più o meno così:
"Sono venuta al Giglio sempre d'estate, con il sole e il caldo, stavolta ho visto arrivare l'autunno e mi porto nel cuore un'immagine: la sera nei vicoli, le pietre bagnate dalla pioggia che luccicano sotto ai lampioni, a passi lenti mi accompagnate a casa, siamo noi tre a braccetto, circondati dal silenzio: io in mezzo ai miei angeli custodi."
È proprio vero che non serve essere parenti per affezionarsi e voler bene. Volervi bene è stata una cosa fin troppo naturale, Dante dice: "amor ch'a nullo amato amar perdona": chi ama non può che attirare amore, essere ricambiato, e voi di affetto ne avete per tutti. Siete persone speciali. Oggi non posso essere fisicamente presente e mi dispiace tantissimo, Aldo, spero mi perdonerete.
Ci sono con il cuore e il pensiero.
Gli occhi, che si illuminavano orgogliosi quando raccontavi di Cecchino, della pesca, dei vostri viaggi, di Milano e di tutti gli amici, da oggi brillano ancora più intensamente.
Aldo, sei una stella, la stella più "capa tosta" del firmamento, e stasera ti vedrò dall'oblò di questo aereo, ti sarò di qualche metro più vicina, chiuderò gli occhi e immaginerò di essere in cantina a seguire il tuo sorriso, la voce e la chitarra mentre intoni "sono gigliese e canto".
A Ebe dico solo: a presto, ti abbraccio forte.
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