e a tutti quelli che l’Isola ha affascinato con il suo mare.
Il mare ce l’abbiamo nel sangue con la sua violenza, con la sua calma, con la sua immensità che non nega la speranza.
Il Mare ha riempito la nostra infanzia spensierata, con nostro cugino, Nazareno Caporali, gigliese come tutti noi.
Oggi con gli zii, i suoi eccezionali genitori e la sorella stiamo vivendo una storia dolorosissima e incredibile.
In occasione di questo Santo Natale vogliamo raccontarvi la forza, la tenacia, la speranza di quest’uomo, figlio della sua terra, dalla quale solo l’immotivata ostilità della sua nuova famiglia l’ha separato.
A chi ha vissuto il mare lontano da casa, dai propri affetti, in condizioni estreme (forse in tempi non troppo lontani), non raccontiamo una storia nuova: della forza che consente di sopravvivere anche in mezzo a difficoltà insormontabili, in ambienti ostili, estranei, in cui comunque rimanere se stessi, con la propria identità, i propri ricordi e i propri principi. Della tenacia di chi si piega di fronte alle avversità senza spezzare la volontà di arrivare in porto; della speranza di riabbracciare di nuovo i propri figli e i propri cari.
Per Nazareno è come per i marinai gigliesi delle vecchie menaite: stessa forza, stessa tenacia, stessa speranza (sofferenza ed orgoglio ci davano i racconti dei nostri nonni).
Nazareno è stato condannato all’ergastolo in primo grado per un delitto infamante di cui si è sempre disperatamente dichiarato innocente.
Per lui, che una ingiustizia incomprensibile ha condannato ad una pena senza fine, è indispensabile resistere, lottare e sperare: di essere presto libero, di arrivare a casa e rivedere i suoi figli, ai quali è stato strappato l’estate di 3 anni fa, quando proprio al Giglio era tornato insieme a loro dopo tanto tempo.
E negli occhi gli è rimasta impressa la sagoma dell'Isola illuminata dall’alba, quando l’ha vista scomparire per l'ultima volta dopo che un manipolo di carabinieri lo hanno incappucciato e ammanettato, trascinato sulla motovedetta che lo portava via verso il carcere.
Da quel giorno Nazareno non ha più visto o parlato con i suoi figli. A lui è negato anche di scrivere una lettera a loro solo per dire: "sono innocente e vi voglio bene!"
Con l’augurio più sincero di un sereno Natale invitiamo chi ha conosciuto "Reno" e apprezzato la sua mitezza ed umanità a scrivere un pensiero, un commento se conosce il suo caso, un incoraggiamento, che gli sia di sostegno in attesa del processo di Appello del gennaio prossimo, ma che serva anche a chi come lui spera che la Giustizia gli dia finalmente ragione della verità.
Potete anche scrivere a: nazarenolibero@yahoo.it
Penseremo noi a far pervenire a Reno in carcere i vostri messaggi.
Grazie.
Stefano e Simona Milianelli
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